La mobilità in bicicletta, tante ombre e qualche luce

In Europa l'utilizzo della bicicletta coinvolge oltre 50 milioni di cittadini. In Italia si è ancora molto indietro e solo il 3,3% dei cittadini la utilizza quotidianamente. la Legge di Stabilità e il Collegato Ambientale per la prima volta investono in questo settore. Quali politiche per promuovere un utilizzo più diffuso della bici?

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Adesso il riconoscimento della bicicletta come mezzo di trasporto è ufficiale. Il 7 ottobre 2015 a Lussemburgo si è svolta una riunione dei Ministri europei dei Trasporti per il “Summit sulla mobilità ciclistica”. Era la prima volta che accadeva, grazie alla convergenza della Commissione Europea, degli Stati membri e delle associazioni a partire da ECF, la European Cyclists Federation, a cui aderisce la Fiab italiana. Erano presenti i Ministri e rappresentanti di ben 22 Paesi membri, a conferma dell’interesse per la bicicletta.

In Europa la bicicletta ormai coinvolge 50 milioni di cittadini che vanno al lavoro ogni giorno sulle due ruote, ha un valore economico di oltre 200 miliardi di euro l’anno e dà occupazione a 650.000 persone. Sono oltre 400 le città che hanno un servizio di Bike Sharing. Anche il cicloturismo, con 70.000 km di piste ciclabili Eurovelo, ha una crescita costante di viaggiatori e costituisce un pilastro per il turismo sostenibile.

Al Summit sulla bicicletta si è partiti dal riconoscimento di questi numeri, dai vantaggi in termini di innovazione e benefici per l’ambiente, il clima e la salute. È stata adottata una comune “Dichiarazione sulla mobilità ciclistica come modalità di trasporto climate friendly” con l’intento di rendere paritaria la bicicletta rispetto alle altre modalità di trasporto in tutti gli Stati membri. Nel documento si indica la necessità di integrare il sistema di trasporto ciclistico nei sistemi di trasporto nazionali ed europei, di individuare un referente comunitario che si occupi di coordinare e verificare l’attuazione degli obiettivi, di prevedere finanziamenti specifici per lo sviluppo della bicicletta.

Al Summit era presente per l’Italia il Ministro Delrio, che ha sottoscritto il documento, ritenendolo una «direzione giusta» per la Commissione Europea affinché individui una strategia comune per la bicicletta. Ha aggiunto che «l’esperienza italiana è insoddisfacente» e ha illustrato i “lavori in corso” per migliorare la situazione complessiva della ciclabilità: rendere più sicure le strade, dedicare infrastrutture specifiche e aree sosta alle bici, realizzare servizi dedicati e di interscambio con altri mezzi di trasporto, costituire una rete nazionale per la mobilità cicloturistica. Una dichiarazione impegnativa per il Ministro dei Trasporti da sempre attento alle due ruote, che già nella sua esperienza di Sindaco a Reggio Emilia ha attuato politiche concrete per la mobilità ciclistica.

Adesso non resta che aspettare i fatti, a partire dal DDL Stabilità 2016 (*) che dovrebbe contenere – secondo gli annunci – un fondo per la realizzazione di ciclovie e del GRAB, il progetto di Grande Raccordo Anulare in Bicicletta per Roma.

Bici nello Stivale

In Italia per la bicicletta abbiamo una situazione con tante ombre e qualche luce. Basta osservare i dati ISTAT del Censimento 2011 per gli spostamenti quotidiani per motivi di studio e lavoro, da cui emerge che il 3,3% delle persone utilizza la bicicletta ogni giorno, il 15,6% va a piedi, il 3,5% usa il motoveicolo, il 13,4% il trasporto pubblico, il 2,9% autobus scolastici e aziendali. E ben il 60,8% si muove in auto. Ma quel 3,3% di media nazionale che usa la bicicletta ogni giorno è distribuito in modo assai variegato, a macchia di leopardo.

Come hanno efficacemente ricostruito Antonio Dalla Venezia e Silvia Zamboni nel capitolo dedicato alla bicicletta nel nuovo libro ‘Muoversi in città‘, sono le medie e piccole città del nord a essere avanti nella mobilità ciclistica, mentre le grandi città e il sud languono. E pensare che ben il 46% degli spostamenti quotidiani non superano i 5 chilometri e la bicicletta è davvero un mezzo ottimale e competitivo per queste distanze. Tra le eccellenze italiane per la bicicletta troviamo Ferrara e Bolzano, che per prime hanno attrezzato il proprio territorio con servizi e infrastrutture dedicate ai ciclisti.

A partire dagli anni Novanta sono state il punto di riferimento di progettisti, amministratori e associazioni che vedevano in queste esperienze il punto più alto raggiunto in Italia in questo ambito. Le prime mappe urbane con i dettagli sui percorsi, la promozione dell’uso della bicicletta attraverso specifiche iniziative, i semafori dedicati, un logo, le prime reti ciclabili che innervano il territorio comunale, sono stati gli elementi che hanno determinato il successo di tali politiche per promuovere l’uso della bicicletta.

Ferrara poi ha il merito di aver istituito il primo Ufficio Biciclette italiano, che per anni è stato un punto di riferimento anche per numerosi partner europei. Infine, Ferrara e Bolzano presentano entrambe una percentuale elevata di spostamenti quotidiani in bicicletta, intorno al 30%, con Bolzano che è anche la città italiana con il più basso utilizzo dell’auto in città: il 27%.

Reggio Emilia ha tutti gli ingredienti per essere definita un’area urbana amica dei ciclisti: presenza dell’Ufficio Biciclette, un piano della ciclabilità a partire dal 2008, una rete ciclabile di oltre 200 chilometri, un centro storico con limite di velocità di 30 km/h, sensi unici eccetto bici generalizzati, un servizio di Bicibus di valore europeo che coinvolge ormai qualche migliaio di bimbi che raggiungono le scuole primarie in bicicletta lungo percorsi prefissati. Il servizio è partito grazie alla disponibilità di numerosi volontari della Fiab locale che fungevano da accompagnatori, mentre oggi si regge grazie alla presenza di genitori e nonni. Un risultato che parte da lontano e che ha visto alcuni amministratori investire risorse ed energie a favore di una città per tutti.

Un’esperienza simile è quella del Comune di Venezia. A partire dal 2002 si è dotato dapprima di un Ufficio Biciclette, poi dal 2007 di un Biciplan, quindi dal 2008 di un Manuale Tecnico di progettazione e, successivamente, ha finanziato la realizzazione delle opere con i proventi della sosta a pagamento nella città di Mestre. Un’operazione di bilancio innovativa: negli ultimi otto anni il Comune di Venezia ha stanziato per la ciclabilità una somma pari a oltre 10 milioni di euro, cifra superore a quella che il Governo italiano ha stanziato nello stesso periodo per l’intero Paese. Tale investimento ha permesso di realizzare una settantina di chilometri di ciclabili e interventi di moderazione del traffico in un intero quartiere, Piraghetto. L’ultimo nato in casa veneziana è il Bicipark collegato alla stazione ferroviaria di Mestre, che con i suoi 830 posti-bici, coperti e custoditi, è uno dei più capienti d’Italia.

Europa distante

Siamo però lontani da analoghe strutture realizzate nel Nord Europa che, anche in città di piccole dimensioni, sono in grado di ospitare diverse migliaia di bici. È del tutto evidente che favorire l’intermodalità treno più bici è una delle carte efficaci da giocare per il decongestionamento delle nostre città dal traffico, ma la situazione dei cicloparcheggi è insoddisfacente.

Per ora dobbiamo accontentarci del nuovissimo deposito alla stazione FS di S. Maria Novella a Firenze (dotato di 800 posti), di quello di Padova quasi “gemello” di quello di Mestre con accesso automatico e quindi non sorvegliato, di quelli più piccoli di Brescia (450 posti), Parma e Piacenza (400 posti ciascuno), e dei più piccoli ancora di Trento (200 posti) con accesso completamente automatizzato, Modena (162) e Lodi (120). Mancano all’appello le città metropolitane di Milano, Roma, Napoli, Torino, Palermo, Genova e Bologna, che ne avrebbero senz’altro bisogno, visto il numero elevato di pendolari.

Tre le grandi città, Bologna è quella che ha puntato di più sulla mobilità ciclistica. Secondo le ultime indagini del Comune, il 10% della popolazione si sposta abitualmente in bicicletta: questo è il risultato di numerose azioni e dell’impegno dell’Assessore Andrea Colombo. Una rete di piste ciclabili e una segnaletica riconoscibile, un allagamento degli spazi ciclopedonali nel centro della città con i TDays, un’azione di contrasto al furto di biciclette (con marchiatura della bici, una campagna per sensibilizzare sul problema, il coinvolgimento delle officine), una consulta comunale per la bicicletta che coinvolge tutte le associazioni.

Più di recente è stato inaugurato, a settembre 2015, il primo pezzo (2,4 km) della Tangenziale della Bicicletta, un anello lungo i viali di 8 km dedicato alla bici per muoversi in sicurezza e integrare le diverse reti tra il centro storico e i quartieri della città. Ultima nata è la velostazione Dynamo, a due passi dalla Stazione Centrale, un progetto proposto da #salvaiciclisti e selezionato dall’Amministrazione comunale, negli spazi di un ex autorimessa: un hub di 1.000 m2 per parcheggio, noleggio, riparazione, tour, trasporto merci, eventi culturali e zona relax dedicati alla bicicletta.

Tra i Comuni virtuosi troviamo finalmente la prima città non nordica, ovvero Pesaro, che vanta un modal share di spostamenti in bici di livello europeo (28%), una buona rete ciclabile denominata “Bicipolitana” concepita proprio come una metropolitana per biciclette con tanto di numerazione, fermate e tabelle chilometriche che aiutano il ciclista a capire dove si trova e quanto manca alla meta. Ovviamente si è dotata dell’Ufficio Biciclette e svolge una puntuale attività di pianificazione e monitoraggio.

Spostandoci ancora più a sud, la realtà più interessante, in un panorama desolatamente vuoto, è senza dubbio Lecce. Pur in assenza di una rete ciclabile estesa e capillare, l’introduzione del limite di 30 km/h in tutto il centro storico ha favorito la permeabilità del territorio da parte delle biciclette. Anche se la ripartizione modale oggi non raggiunge percentuali elevate, questa misura può costituire un punto di partenza favorevole a futuri e auspicabili nuovi interventi.

Restando in zona, va segnalato l’impegno della Regione Puglia per la mobilità ciclistica, con il finanziamento di progetti delle amministrazioni locali, cofinanziamenti per reti europee del Mediterraneo nell’ambito di fondi strutturali (come Cyronmed e la Ciclovia dei Borboni), convegni e seminari per aumentare le competenze tecniche, guide e segnaletica per il cicloturismo sulle strade della regione. Anche a Napoli qualcosa si è mosso, con la realizzazione della prima pista ciclabile della città di 12 km da Bagnoli verso il centro, passando per il lungomare ciclopedonale (via Caracciolo e via Partenope).

La bici condivisa

Venendo alle esperienze di Bike Sharing va sottolineato che le città che hanno ottenuto più risultati sono Milano e Torino, mentre nelle città piccole questa modalità non decolla: funziona un poco all’avvio ma, quando finisce l’aiuto pubblico, non regge economicamente te e il servizio si degrada. Secondo Antonio Dalla Venezia, di Fiab, «così come a nessuno verrebbe mai in mente di realizzare una metropolitana in una città di 100 mila abitanti, analogamente non si dovrebbero finanziare sistemi di bike sharing in città al di sotto di una certa dimensione socio-economica. Come insegnano, anche in questo ambito, le esperienze europee di successo». Comunque il bike sharing è presente anche in diverse città come Salerno, Bologna, Modena, Parma, ed è in corso di avvio a Napoli e Palermo, ma i numeri non sono ancora significativi.

Ha cominciato ad affermarsi in Europa e anche in Italia la distribuzione delle merci leggere (e sono tante) con le due ruote a pedali. Buste, pacchi, fiori, libri, prodotti alimentari consegnati in bicicletta, soprattutto nelle aree pedonali e nelle zone a traffico limitato, dove il sistema è decisamente competitivo ed efficace. Il loro successo è dimostrato da due elementi: la costituzione dell’Associazione europea con oltre 250 operatori (www.federation.cyclelogistics.eu) e l’interesse dimostrato dai grandi operatori come DHL e TNT che hanno inserito in alcune città anche questi servizi di consegne in bicicletta.

In Italia vi sono diverse esperienze e sarebbero già 14 le città che hanno questo servizio. Un esempio è Triclò, con il suo inconfondibile veicolo a pedalata assistita che ha un’autonomia di 40-50 km e può trasportare fino a 180 kg. È attivo a Milano, Padova, Verona, Mestre, Treviso ed effettua consegne anche in partnership con altri corrieri come DHL.

Quindi c’è fermento anche in Italia. Il cicloturismo è in espansione, province come Trento e Bolzano promuovono il turismo legato alla bici, con servizi integrati, alberghi, assistenza, intermodalità con il treno. Ma questo ormai accade a tutte le latitudini, dalla Liguria al Salento, dalla Toscana alla Sicilia. Percorsi ciclabili non solo per pochi allenati ma anche per famiglie, con un sistema di accoglienza che diventa l’occasione per nuova occupazione giovanile e per uno sviluppo turistico nelle aree interne del Paese. Si moltiplicano le esperienze di Greenways: la Spoleto-Norcia è una delle più note, una ex ferrovia dismessa da molto tempo, trasformata in un percorso ciclabile, per camminare a piedi o facendo trekking integrato con altri percorsi. Lentamente si afferma il concetto di Mobilità Dolce, insieme di percorsi ciclabili, cammini e ferrovie turistiche, promosso da CoMoDo, la confederazione delle associazioni per la mobilità dolce.

La bicicletta a pedalata assistita sta avendo un autentico boom nelle vendite e anche numerose aziende italiane ormai progettano e realizzano modelli innovativi. In modo analogo le bici pieghevoli da portare sempre con sé – per evitare furti e parcheggio – sono sempre più diffuse e non è raro ormai vederle sui treni. La ricerca nel settore è molto interessante e sta puntando sulla bici solare, per produrre l’elettricità che alimenta la pedalata assistita.

Le associazioni Fiab, Legambiente, #salvaiciclisti, Rete Mobilità Nuova sono molto attive, con proposte, campagne, nuovi soci, riviste. Anche in Parlamento sembra esserci attenzione alla bicicletta e si è avviata la discussione su due provvedimenti: nuove regole e incentivi per la mobilità ciclistica e la creazione di una rete per la mobilità dolce, per ciclisti, pedoni e ferrovie turistiche.

Siamo ancora lontani dall’esperienza belga e quella più recente della Francia, dove la ministra per l’ambiente Segolene Royal ha annunciato che chi usa la bicicletta per andare al lavoro riceverà un contributo di 25 centesimi per ogni km percorso! Ma anche noi stiamo pedalando verso il futuro.

* (La Legge di Stabilità 2016 e il Collegato Ambientale prevedono complessivi 130 milioni di euro per ciclovie turistiche, velo-stazioni, zone30, bike2work, bike2school, infortunio in itinere e altre iniziative a “due ruote”. In particolare – come spiega la FIAB – Federazione italiana amici della bicicletta – la Legge di Stabilità include 91 mln di € per ciclovie turistiche, velo-stazioni e zone30, mentre il cosiddetto Collegato Ambientale prevede, tra gli altri, finanziamenti per progetti di bike-to-work e bike-to-school per 35 mln di €, ma anche modifiche per l’infortunio in itinere, una battaglia storica che la FIAB ha sostenuto per il riconoscimento della copertura assicurativa INAIL di chi si reca al lavoro utilizzando la bicicletta, ndr).

L’articolo di Anna Donati (Gruppo Mobilità sostenibile Kyoto Club) è stato pubblicato sul numero n.5/2015 della rivista bimestrale QualEnergia con il titolo ‘Pedalando verso il futuro’

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