Interconnector, il Sen. Mucchetti risponde a QualEnergia.it

  • 24 Novembre 2015

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Riceviamo e pubblichiamo una lettera del Presidente della Commissione Industria, Commercio e Turismo, il senatore Massimo Mucchetti, in risposta al nostro articolo del 18 novembre, dal titolo "Interconnector, l'emendamento di Mucchetti. Altri 2 miliardi a spese nostre?". Una breve replica di QualEnergia.it.

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Riceviamo e pubblichiamo una lettera del Presidente della Commissione Industria, Commercio e Turismo, Sen. Massimo Mucchetti, in risposta al nostro articolo del 18 novembre dal titolo “Interconnector, l’emendamento di Mucchetti. Altri 2 miliardi a spese nostre?”.

 

Gentile direttore,

una nota di QualEnergia.it, riprendendo le dichiarazioni dei senatori Castaldi e Girotto, sempre molto attenti alle questioni energetiche, critica duramente un mio emendamento alla legge di stabilità che proroga per sei anni i contributi sugli interconnector  posti a carico, come i precedenti, della bolletta elettrica. Si tratta di un’opinione non certo irragionevole. Anche a me non piace caricare oneri sulla bolletta. E tuttavia mi siano permesse alcune considerazioni tra loro connesse.

La prima riguarda le proporzioni.

Caricare sconti sugli acquisti di elettricità o premi sulle vendite della medesima a vantaggio di alcune categorie e a carico della bolletta fa parte delle misure di politica industriale che un governo può adottare. Le imprese industriali energivore, spesso impegnate in settori esposti alla concorrenza internazionale, “costano” circa un miliardo l’anno, interconnector inclusi. La produzione di elettricità da fonti rinnovabili, in priorità di dispacciamento, ossia in regime di protezione dalla concorrenza, assorbe 13 miliardi l’anno. Gli interconnector sono “aiutati” per 12 anni (sei più sei), le altre misure pro energivori sono senza particolari scadenze. Le FER hanno i benefici citati per 20 anni. Lascio a QualEnergia.it il calcolo di quanto pesino i sussidi per posto di lavoro nei due comparti produttivi, quello degli energivori e quello delle FER.

La seconda osservazione riguarda il merito.

E’ vero, la norma sull’interconnector è un’astuzia, peraltro accettata dalla Ue. Come ben dice QualEnergia.it, la legge del 2009 anticipa ai produttori che si impegnavano a finanziare Terna nella costruzione dell’interconnector il vantaggio che avrebbero avuto una volta messa in campo l’infrastruttura di collegamento con i paesi esteri in grado di offrire energia a costi inferiori a quelli nazionali. La tentazione di incassare il beneficio senza investire davvero nei nuovi  elettrodotti  transfrontalieri ad altissima tensione è stata grande. Tanto più quanto il processo autorizzativo si sia rivelato lento e farragginoso e abbia reso lettera morta il limite temporale di sei anni per la realizzazione completa delle opere, un limite, va peraltro detto, un po’ troppo ottimistico anche considerando gli esempi europei.

Ora la norma prescrive che, ove non mettano in campo le risorse necessarie entro 90 giorni dall’esenzione, le imprese energivore debbano restituire gli anticipi fino ad allora ricevuti. E questo è un passaggio che dovrebbe garantire. Si deve dunque scegliere tra il lasciar morire l’operazione interconnector (mandando in cavalleria gli “aiuti” fin qui dati) e il concedere una proroga che, nell’arco di altri sei anni, consenta a Terna di costruire queste nuove linee transfrontaliere fermando, mano a mano che si completano, la corresponsione dell’anticipo dei benefici futuri. Capisco le ragioni di chi dice: stop loss. Ma inviterei a considerare gli effetti sul sistema industriale in paragone con quanto accade all’estero. E allora si capirebbe il perché della mia assunzione di responsabilità con l’appoggio del governo.

La terza osservazione riguarda l’offerta di energia nazionale.

Dire che l’importazione non serve perché l’Italia ha un eccesso di capacità produttiva non mi pare convincente. L’eccesso c’è. Nessuno lo nega.  Ma questo eccesso non impedisce che il prezzo dell’elettricità per la clientela resti assai elevato a causa del la crescente pressione della componente A3, che contiene i contributi alle FER e ad altro e sfiora ormai i 15 miliardi. Una pressione che annulla gli effetti della riduzione del PUN. Anche questo dato dovrebbe essere pacifico. L’importazione funziona da calmiere. A regime, dunque, queste linee transfrontaliere daranno un beneficio reale al sistema, ancorché proporzionato alla loro dimensione che può servire una frazione relativamente piccola della domanda nazionale.

Sen. M. Mucchetti, Presidente Commissione Industria, Commercio e Turismo – Senato della Repubblica

 

Egregio Presidente Massimo Mucchetti,

si tratta, come lei afferma, di scelte di politica industriale, anche se qui a favore di infrastrutture per un comparto molto specifico e limitato, e che saranno “a regime” tra 20 anni. Una politica industriale ed energetica che in questi ultimi anni, oltre ad essere ondivaga, in una cosa si è però caratterizzata: sfavorire le fonti rinnovabili, che hanno nel nostro paese un tessuto molto ampio costituito da piccolissime, piccole e medie imprese, anch’esse degne di essere tutelate, oggi dando loro semplicemente più certezze per gli investimenti passati e futuri, anche in una logica di decarbonizzazione del sistema elettrico, invece di intralciarle quotidianamente con limiti, ostacoli e balzelli anche retroattivi. Questa, per esempio, potrebbe essere una scelta di politica industriale lungimirante.

Quelle FER, che in pochi anni hanno ricevuto, è vero, ingenti contributi e che ora si vogliono “punire” per aver provocato, si afferma poco correttamente, solo “uscite” per il sistema economico nazionale e aver fatto aumentare così la componente A3 della bolletta elettrica. È raro però sentire esponenti delle istituzioni che enumerano i contenuti dell’altra colonna, quella delle “entrate”, che sono strettamente legate a questa attività di produzione di energia pulita. Questo saldo non dovrebbe farlo QualEnergia.it, ma i decisori come lei, per attivare coerenti politiche di medio-lungo periodo.

Lei stesso ha dichiarato recentemente che “la produzione di energia elettrica che viene da fonti rinnovabili, circa 15 miliardi di euro, è uno spreco enorme”. Lo spreco lo vedrei altrove. Ma possiamo anche essere d’accordo sul fatto che questi incentivi siano stati in parte mal governati. Vogliamo allora penalizzare chi ha colto questa opportunità? Perché non si calcolano mai i benefici per l’ambiente, per il Pil, per il fisco, per l’occupazione netta creata, per il minor import di fonti fossili, per la riduzione del prezzo dell’energia elettrica, che non ritengo questo suo emendamento potrà ulteriormente favorire, come lei afferma.

Leonardo Berlen (QualEnergia.it)

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