Italia: in rete l’energia prodotta da una macchina che funziona ad “onde sommerse”

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Installato un impianto per la produzione di energia dalle onde di fronte a una diga frangiflutti a Marina di Pisa. Si tratta del primo impianto ad onde del Mediterraneo che immetta energia nella rete ed il primo al mondo che lo farà stando sotto le onde. Abbiamo sentito l'ideatore del progetto "H24".

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L’Italia sembra essere, a vari livelli, largamente allergica all’eolico: da anni si assiste ad una gara fra “comitati del No” e amministrazioni locali, per bloccare progetti per turbine eoliche sui rilievi del nostro paese, accusati di deturpare il paesaggio. D’altra parte anche gli impianti eolici offshore non hanno subito miglior sorte, con continui ricorsi delle Regioni, che hanno finora impedito di piantare anche una sola turbina al largo. C’è però un altro modo di sfruttare il vento che forse sarebbe più consono al nostro paese: quello di intercettarlo sotto forma di onde marine, con impianti poco o per niente visibili, che non dovrebbero suscitare proteste.

Il 2015 sembra molto propizio per questa filiera in Italia: poche settimane fa sono stati presentati due progetti simili di Politecnico di Torino ed Enea, per chiatte che sfruttano l’oscillazione indotta dal moto ondoso per produrre elettricità, e adesso, a sorpresa, è ritornato in campo un progetto ancora più innovativo, che propone di sfruttare le onde, ma dal fondo del mare.

La sorpresa deriva da fatto che questa tecnologia la annunciammo già nel 2013, quando intervistammo il suo inventore, il matematico pisano, Michele Grassi. Allora prometteva impianti in Italia e Gran Bretagna entro pochi mesi, grazie anche alla partnership con un “socio” pesante, Enel Green Power, che aveva acquistato una macchina da installare all’isola d’Elba.

Poi i mesi e gli anni sono passati, e di quegli impianti, che somigliavano un po’ a un ragno sottomarino, con un galleggiante sotto il pelo dell’acqua che oscillava con le onde, e otto zampe  che trasmettevano il moto a un dispositivo sul fondale, si sono perse le tracce: all’Elba non è stato installato nulla, e tantomeno in Gran Bretagna.

Cominciavamo a temere si trattasse dell’ennesima cometa “rinnovabile” quando il 12 novembre Michele Grassi è riemerso dall’oblio e nel modo più convincente: ha installato un impianto per la produzione di energia dalle onde di fronte a una diga frangiflutti a Marina di Pisa. Si tratta del primo impianto ad onde del Mediterraneo che immetta energia nella rete. Il primo al mondo che lo farà stando sotto le onde, non sopra, quindi al riparo da quelle tempeste che finora hanno fatto fallire gli altri sistemi.

La cosa sorprendente, però, è che in questi due anni, l’idea di Grassi è del tutto mutata: non si tratta più di un“ragno” ma di una sorta di “tavolone” rettangolare, lungo 20 metri e alto 2 metri, sormontato da uno più piccolo posto ortogonalmente, che può scorrere avanti e indietro sulla base.

Abbiamo sentito l’ideatore del progetto proprio subito dopo il varo della sua nuova creatura, la H24. «Anche se sembrano due progetti completamente diversi, in realtà l’H24 funziona con lo stesso principio del modello precedente, l’R115: si può dire che è come se fosse una sola delle zampe del ragno». L’idea di base è che, anche se in superficie pare che le onde si muovano in una sola direzione, in realtà le particelle d’acqua sotto l’onda fanno un movimento circolare, ed è su questo movimento che Grassi conta per spingere avanti e indietro la parte superiore del suo dispositivo.

Il movimento viene trasmesso agli alternatori contenuti nella parte fissata al fondo, mediante un “sistema elettromeccanico” (Grassi non vuole spiegare meglio di cosa si tratti, essendo, per lui, quella l’innovazione principale delle sue macchine), che consente di tenere del tutto al riparo le parti elettriche ed elettroniche.

«La R115 era pensata per essere installata in fondali di 25-50 metri. Anche se i test in mare che avevamo fatto davanti a Castiglioncello erano stati soddisfacenti, ci siamo resi conto che questo tipo di macchine avrebbero comportato forti costi di installazione e manutenzione, e quindi sarebbe stato adatto solo per potenze molto elevate, che richiedevano grossi investimenti. Sono questi fattori ad aver fermato l’installazione delle R115. Abbiamo allora pensato a  un modello da sistemare  molto vicino alle coste, così si risparmia anche sul cavo, in acque profonde solo pochi metri, riducendo drasticamente costi di dispositivo, installazione e manutenzione. Per esempio l’H24, che abbiamo appena installato a soli 6 metri di profondità, può avere una potenza di picco di 100 kW, anche se questa prima installazione è limitata a 25 kW per ragioni autorizzative,  e la offriamo, chiavi in mano, a 200.000 euro».

La H24 di Marina di Pisa è stata già collegata alla rete Enel e, in un paio di giorni, onde permettendo, sarà pronta a produrre. Si stima un capacity factor, in questo mare poco “ondoso”, del 20% (ma fino al 50% negli oceani): questo vuol dire una produzione annua di circa 44 MWh, che, ai 300 €/MWh ottenuti come tariffa omnicomprensiva («Siamo gli unici ad essere presenti nel registro GSE in questa categoria», ricorda Grassi), significano un incasso di soli 13.000 euro annui.

Ma una H24, in una situazione di mare migliore, per esempio in Sardegna occidentale, e alla piena potenza di 100 kW, potrebbe, in teoria, anche sfiorare i 100.000 euro annui.

Ma c’è un grosso “ma”… Grassi, da bravo matematico laureatosi alla Normale di Pisa, l’H24 l’ha ideata nella sua testa e si è convinto della sua fattibilità applicando le equazioni di fluidodinamica. L’ha poi progettata al computer e, infine, realizzata direttamente nella taglia commerciale, grazie a investitori che hanno creduto in lui: nessun prototipo in scala ridotta è stato mai testato in vasca navale o in mare. Per sapere se risponderà alle onde come previsto sulla carta, occorrerà aspettare i risultati di questo primo esemplare.

Vengono poi dubbi sulla sua durata: per esempio, che succede in caso di tempesta? «Nulla – assicura Grassi – anche le onde più grandi ipotizzabili, non riusciranno mai, in un fondale cosi basso, a scoprire e colpire la nostra macchina».

E il fouling causato da incrostazioni di alghe e animali? «Abbiamo un nostro sistema, di cui non posso dare i dettagli, che riesce a tenerli lontani, come hanno dimostrato i lunghi test fatti con la R115».

E la sabbia smossa dalle onde, non ostacolerà lo scorrere della parte superiore? «La parte inferiore si innalza di due metri dal fondo, ma la sabbia in sospensione potrebbe in effetti essere un problema. Quanto importante sia lo potremo quantificare solo dopo qualche tempesta. Comunque è ovviamente prevista una  manutenzione periodica del dispositivo», dice l’inventore.

Ma non è preoccupato dalla concorrenza degli altri, e più semplici, modelli di Enea e PoliTo? «Assolutamente no. Li conosco, ho seguito il loro lavoro e gli auguro ogni successo: c’è spazio per tutti in mare. Faccio notare solo che i modelli galleggianti, finora, sono sempre stati messi fuori uso dalle tempeste».

Grassi è così convinto del successo della H24 che già progetta di raccogliere fondi tramite il crowdfunding (www.elements.community) per promuoverne l’utilizzo. «Intanto raccoglieremo offerte a fondo perduto da chi ci vuole sostenere. Ma vorremmo anche partire presto con un progetto commerciale, che prevede altre H24 poste di fronte al porto di Marina di Pisa, per alimentare una flotta di auto elettriche da affittare ai turisti. In questo caso chi ci finanzierà, diverrà azionista dell’iniziativa. E magari anche delle prossime, come l’installazione di H24 in Scozia e alle Maldive, dove abbiamo presentato delle offerte».

Ma come si fa a proporre e chiedere di investire in impianti mai testati? «Diciamo che investire ora è un atto di fiducia: con poco si ottiene di entrare in un affare che può diventare enorme. Se si aspetteranno le conferme il rischio diminuirà, certo, ma il costo per entrare nell’affare salirà di conseguenza».

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