Gli elettrodotti privati con l’estero che stiamo pagando in bolletta

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Il MiSE risponde a un'interrogazione parlamentare sulle interconnessioni elettriche "finanziate" da aziende private. Restano ancora troppi dubbi. Ad oggi, di certo, oltre 2,5 miliardi di euro in 6 anni, come "anticipo" per l'investimento nelle infrastrutture, vengono spalmati nelle bollette degli italiani.

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Ci serve veramente l’importazione di altra energia elettrica dall’estero attraverso cavi che non si sa bene chi alla fine dovrà pagare? E quale sarà il loro impatto sul territorio e, soprattutto, chi usufruirà di quella energia per gran parte generata da fonti non rinnovabili e inquinanti?

A queste domande abbiamo provato a rispondere in questi mesi su QualEnergia.it e anche da alcuni nostri articoli ha preso spunto una interrogazione parlamentare sull’argomento. Ma andiamo per ordine.

L’articolo 32 della legge 99/2009 ha previsto la possibilità di realizzare un potenziamento dei collegamenti con i Paesi confinanti attraverso interconnessioni elettriche finanziate da privati, le cosiddette Interconnector, per un incremento di potenza di 2000 MW della capacità di trasporto disponibile. Questa soluzione è riservata in esclusiva per 20 anni a clienti finali energivori con potenza impegnata non inferiore a 10 MW che dovrebbero accollarsi l’investimento di questi elettrodotti. Dunque, nessun esborso sarebbe previsto a carico dei consumatori.

Diciamo “sarebbe”, perché i contribuenti hanno finora già pagato e stanno pagando sulle bollette tra 2,5 e 3 miliardi di euro in sei anni (circa 400-500 milioni di euro all’anno), denaro spalmato sulle bollette nella voce costi di dispacciamento. Lo scrivemmo noi di QualEnergia.it, e lo ha confermato in seguito l’Aeegsi, ma non esplicitamente la sottosegretario del MiSE Simona Vicari, rispondendo ieri all’interrogazione di Davide Crippa del M5S di maggio scorso (la risposta del sottosegretario in fondo all’articolo).

La legge 99 prevedeva per queste imprese un indennizzo immediato per i primi 6 anni (dal 1o gennaio 2010 al 31 dicembre 2015) in attesa della realizzazione dell’infrastruttura. In pratica le stesse aziende potevano importare energia dall’estero a un prezzo mediamente inferiore del 15-20% rispetto a quello del mercato italiano. Insomma stiamo anticipando il loro costo dell’investimento.

Questo ce lo riferì nell’agosto del 2014  anche una fonte interna di Terna: “il costo degli interconnector, circa 500 milioni di € annui, sono sconti sull’elettricità che già anticipiamo ai privati che stanno finanziando nuove connessioni elettriche con l’estero”, ci disse. Dunque, soldi di tutti che vanno a imprese private per far loro usufruire di cavi per questa “importazione virtuale” di elettricità e che dovranno – forse – restituirci. Resta anche l’incertezza se tutto ciò non possa configurarsi anche come un vantaggio a favore di imprese o produzioni che va incidere sulla concorrenza a livello comunitario.

La risposta del Ministero dello Sviluppo Economico sottolinea ovviamente che lo sviluppo delle interconnessioni serve per la sicurezza energetica e per la realizzazione di un mercato unico dell’energia, oltre a consentire “la convergenza dei prezzi grazie ad un utilizzo efficiente del parco di generazione europeo con effetti sulla performance ambientale complessiva”. Tuttavia va ricordato ancora una volta che il nostro paese è in overcapacity, grazie anche al crescente contributo delle rinnovabili: la stessa Terna ha formalmente ammesso che in Italia ci sono quasi 25 GW di potenza elettrica in eccesso, cioè circa il 50% del nostro reale fabbisogno. Basterebbe poi rivedere i dati dei consumi elettrici nazionali di questi ultimi anni per notare come questi si siano abbassati soprattutto a causa della crisi del settore industriale. Il picco è del 2007-2008, per poi scendere a 309 TWh nel 2014, cioè come 12 anni prima (quest’anno l’incremento non supererà il 2% rispetto all’anno precedente). E la legge per favorire queste infrastrutture è stata fatta poco prima di quel crollo dei consumi, ma concepita molto prima.

Le questioni poste dall’interrogazione sono però anche altre: cosa succederà se alcune di queste imprese in futuro non dovessero rivelarsi solvibili o fallire? E ancora, passati i 20 anni di concessione dell’elettrodotto ai privati, chi stabilirà l’eventuale esborso che lo Stato si ritroverebbe a dover sostenere per rendere la rete, ora di fatto privata, e poi nuovamente pubblica?

Quindi va capito quali sarebbero le garanzie fornite dai soggetti finanziatori delle infrastrutture. Il Sottosegretario Vicari ha spiegato che il finanziamento delle infrastrutture è ripartito tra un numero significativo di assegnatari, quindi con una conseguente estensione della ripartizione del rischio. Inoltre – afferma la rappresentante del MiSE – è prevista da regolamento la possibilità, per ciascuno assegnatario, di cedere totalmente o parzialmente la potenza assegnata, con trasferimento di diritti e obblighi al cessionario.

Tuttavia nella pratica la cosa non sembrerebbe così semplice. Pensiamo solamente all’Interconnector Italia-Svizzera, dove ben 13 dei 26 soggetti finanziatori dell’opera, tra cui Riva Acciaio spa e Ilva spa, vivono situazioni aziendali particolarmente difficili.

Al termine della concessione riservata degli elettrodotti (20 anni), questi dovranno essere ceduti a Terna, dopo una valutazione sulla convenienza per il sistema pubblico a integrare lo specifico interconnector, a un valore che non sarà superiore al loro costo di costruzione o di primo acquisto. Ma a quell’epoca questi cavi saranno ancora necessari? Ad oggi non è dato saperlo, ma il dubbio è forte, visto come è mutato il panorama del sistema elettrico nazionale in soli 5-6 anni. Opere di questo tipo farebbero ritardare la rapida decarbonizzazione del sistema elettrico nazionale.

Nella risposta all’interrogazione è stato infine fornito l’elenco dei progetti di interconnessione in essere (tutta la documentazione è depositata presso gli Uffici del Ministero ed è visionabile ai sensi della legge 241/1990):

  • ITALIA-MONTENEGRO: il progetto è stato autorizzato dal MiSE, di concerto con il Ministero Ambiente e previa intesa della Regione Abruzzo nel 2011. Si è in attesa della presentazione da parte dei soggetti autorizzati dell’istanza di esenzione ex Reg. CE n. 714/2009 (vedi anche QualEnergia.it).
  • ITALIA-FRANCIA: è stata presentata istanza di esenzione ai sensi della normativa europea: ad oggi tale istanza, con l’annessa documentazione, è all’attenzione dell’Aeegsi, come previsto dal Regolamento n. 714/2009.
  • ITALIA-SVIZZERA: è stato avviato l’iter autorizzativo, su istanza di Terna e ad oggi è in corso l’endoprocedimento di Valutazione di Impatto Ambientale presso la Commissione VIA del Ministero dell’ambiente.
  • ITALIA-SLOVENIA: è stato avviato dal MiSE l’iter autorizzativo, su istanza di Terna.
  • ITALIA-AUSTRIA: è stata presentata da Terna istanza di autorizzazione della succitata opera presso il Ministero dello sviluppo economico.

Risposta del MiSE all’interrogazione (vedi Allegato 2)

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