Rischio regolatorio per le fonti rinnovabili, Moody’s boccia l’Italia

Dopo la Spagna, l'Italia è il Paese europeo dove gli investimenti in energia rinnovabile sono più a rischio a causa delle politiche instabili e per interventi retroattivi sempre in agguato. Colpa di interventi retroattivi come lo Spalma-incentivi. L'analisi un nuovo report della influente agenzia di rating.

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Se la maglia nera va alla Spagna, che con i suoi pesantissimi interventi retroattivi è riuscita a stroncare un mercato delle rinnovabili un tempo tra i più fiorenti in Europa, il secondo Paese UE in quanto a rischio normativo per gli investimenti in rinnovabili è l’Italia. A dirlo un nuovo report della influente agenzia di rating Moody’s dal titolo “Project Finance: Regulatory risk for EU renewables investors greatest in Spain, Italy”.

Lo studio esamina il contesto politico e il quadro normativo nei vari Stati membri dell’Europa e valuta il rischio che ci siano discontinuità nelle politiche di supporto alle fonti rinnovabili. A far meritare alla Spagna il titolo di Paese più insicuro dal punto di vista regolatorio è soprattutto la sua recente storia di norme con effetti retroattivi che hanno falcidiato il settore. Anche l’Italia è considerata un mercato a rischio per lo stesso motivo: Moody’s cita i tagli retroattivi agli incentivi al fotovoltaico, leggasi il controverso Spalma-incentivi, tuttora oggetto di ricorsi legali.

Francia, Germania e Regno Unito, invece, sono giudicati Paesi con un quadro regolatorio relativamente stabile, dove difficilmente ci saranno interventi retroattivi. Come spiega Christopher Bredholt, vice presidente di Moody’s e lead author del report, dietro ai colpi alle spalle alle rinnovabili come quelli inferti in Italia e Spagna ci sono determinate pressioni politiche.

Ad esempio, “in Spagna il Governo in diverse occasioni ha messo in atto cambiamenti di policy che hanno danneggiato gli impianti esistenti, per colmare il deficit sui fondi per i costi del sistema elettrico. In questo modo si è colmato il gap senza aumentare in maniera significativa le tariffe per gli utenti finali, un’opzione politicamente sgradita in un periodo di forte disoccupazione”.

Moody’s spiega quali sono le caratteristiche che rendono un Paese “rischioso” in quanto a possibili cambiamenti nelle policy di sostegno alle rinnovabili, aspetti che possiamo ritrovare anche nella realtà italiana. A rischio sono infatti gli Stati in cui gli incentivi alle rinnovabili hanno un peso significativo (o percepito come tale) sulle tariffe elettriche e dove il supporto politico e dell’opinione pubblica per le tematiche ambientali è basso, con Governi che sono restii a scaricare sugli utenti finali i costi per la promozione delle rinnovabili.

Diversi i cambiamenti normativi che possono danneggiare il mercato delle rinnovabili: limitazioni alla produzione incentivabile; nuove tasse (come Italia e in Spagna); rimozioni di sgravi fiscali e, infine, tagli retroattivi agli incentivi, come quelli che ci sono stati in Italia, Spagna, Repubblica Ceca e Grecia.

Quello di Moody’s non è certo il primo report che denuncia l’incertezza normativa come ostacolo agli investimenti in fonti rinnovabili nel nostro Paese. Ad esempio nelle ultime edizioni del Renewable Energy Country Attractiveness Indices di Ernst & Young l’Italia sta scivolando sempre più in basso nella classifica mondiale dei Paesi più attraenti per gli investimenti in fonti pulite proprio per colpa del rischio regolatorio.

Solo due anni fa il nostro Paese era al 5° posto, mentre a settembre 2014 eravamo al 15°. Poi nell’edizione primaverile scendiamo al 16° e la perdita di una posizione era stata motivata proprio dalla “instabilità creata dai significativi cambiamenti al sistema incentivante” e in particolare “al taglio retroattivo shock delle tariffe incentivanti per il solare, entrato in vigore il 6 novembre 2014”, cioè lo Spalma-incentivi. Non certo un bel curriculum da presentare agli investitori.

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