Come lo scioglimento dei ghiacci sconvolgerà la vita sul pianeta

  • 22 Settembre 2015

CATEGORIE:

Artide, Antartide e ghiacciai alpini come Himalaya, Alpi, Patagonia, Alaska e altri: il 40% del pianeta è coperto da ghiacci e manti nevosi, un sistema di raffreddamento che si sta rompendo a causa del riscaldamento globale, con conseguenze molto pesanti per le risorse idriche di vaste aree. Il nuovo report del WWF "Ghiaccio bollente".

ADV
image_pdfimage_print

In Artide nel 2012 i ghiacci marini estivi hanno raggiunto un posizione minima, quasi il 50% e la calotta artica si sta riducendo in maniera drastica. Il tasso di decrescita dell’estensione della superficie ghiacciata marina nell’Artico, secondo il quinto rapporto dell’IPCC, è tra il 3.5 e il 4.1% per ogni decennio.

La massima estensione raggiunta nel marzo 2015 è stata di 14.280 milioni di km quadrati, la più bassa delle estensioni invernali mai registrate dalle rilevazioni satellitari. Al Polo nord se il riscaldamento globale dovesse continuare con il trend attuale gli esperti prevedono che prima della metà del secolo il mare Artico sarà praticamente privo di ghiacci nei mesi estivi. Sono alcuni dei dati raccolti in ‘Ghiaccio bollente’ , nuovo report del WWF (allegato in basso) che offre una visione planetaria sulla riduzione dei ghiacci del pianeta ed i suoi effetti su specie e uomo basata sulle più recenti evidenze scientifiche, segnala la preoccupante riduzione dei ghiacci delle zone polari: qui l’aumento della temperatura media è il doppio di quella registrata nel resto del globo.

Anche il continente di ghiaccio, l’Antartide, vi si legge si è riscaldato di circa 3°C negli ultimi 50 anni: in questo arco di tempo l’87% dei suoi ghiacciai si sono ritirati e ben 9 piattaforme di ghiaccio hanno subito un significativo collasso.

Il ‘terzo polo’ freddo della Terra, ovvero, i ghiacciai cosiddetti ‘alpini’ (Alpi e Himalaya, Patagonia, Alaska, ma anche Caucaso e Urali,  Kilimangiaro e  Ruwenzori in Africa, ecc.)  vede una riduzione fino al 75%, in particolare quelli sotto ai 3000 metri. Sulle nostre Alpi si è passati dai 519 km2 del 1962 agli attuali 368 km2, il 40% in meno.

A rischio risorse idriche ed agricoltura, città sommerse

Il problema non è così remoto come sembra: dal ghiaccio del pianeta dipendono risorse idriche, mitigazione del clima, equilibrio degli Oceani, emissioni di gas serra. Lo scenario peggiore per l’IPCC al 2100 prevede un innalzamento del livello dei mari da 52 a 98 centimetri. Le ripercussioni sulle società umane sarebbero enormi. Attualmente il 60% della popolazione si trova concentrato sulle zone costiere del mondo entro i 100 km dalla costa. 

I ghiacciai alpini, ad esempio, sono il serbatoio di acqua dolce durante le stagioni estive e secche, dunque fondamentali per agricoltura e industria. 2 miliardi di persone soffriranno per la scarsità di acqua dovuta alla perdita dei ghiacci alpini asiatici (un quarto della popolazione attuale) : 7 grandi  fiumi sono infatti alimentati dai ghiacciai himalayani tra cui Brahmaputra, Gange, Indo, Mekong. Il 95% dell’agricoltura è alimentata dai ghiacciai del Karakorum mentre in India il 65% dell’agricoltura è collegata ai ghiacciai dell’Himalaya.

Anche il clima dei paesi europei che si affacciano sull’Atlantico, compresi quelli del nord, potrebbe risentire dell’effetto fusione: il nastro trasportatore naturale degli oceani, di cui fa parte la corrente del Golfo (che nasce nel Golfo del Messico), ha consentito ad esempio a Gran Bretagna, Irlanda, Francia, e paesi scandinavi di godere di un clima mite nonostante la latitudine: la composizione salina degli oceani per effetto della fusione dei ghiacci polari rischia di rompere questa pompa di calore. Inoltre si potrebbe rompere l’equilibrio per i 4 milioni di abitanti indigeni (tra cui le piccole popolazioni di Inuit, Yupik e Sami) che hanno sempre vissuto in maniera integrata e sostenibile nella difficilissima regione artica.

Moltissime città potrebbero essere sommerse  per l’innalzamento dei mari e gli eventi estremi, in particolare quelle costiere. Tra le grandi città  a rischio ci sono Miami, New York, Shangai, Bangkok, Mumbai, Londra, Amsterdam, Alessandria d’Egitto.  Il 70% delle coste del mondo subirà forte modificazioni.

L’innalzamento dei mari , dovuto alla fusione dei ghiacci, e l’aumento degli eventi meteorologici estremi,  minaccia i 360 milioni di abitanti delle grandi metropoli costiere. Anche numerose isole del Pacifico  sono minacciate dall’aumento del livello dei mari e alcune sono destinate a scomparire per sempre. 2 isole nell’arcipelago del Kiribati sono già sommerse e altre zone insulari, come  Tuvalu o Samoa, stanno già soffrendo per i livelli di salinità presenti nell’acqua potabile. Le Maldive, nell’Oceano Indiano, potrebbero essere inondate entro 30 anni: 3 isole dell’arcipelago (su un totale di 280 isole inabitate) sono state evacuate. La nuova capitale, Hulhumale, è stata costruita su una barriera artificiale: quando sarà completata nel 2020 sarà il rifugio per circa metà della popolazione attuale, 340.000 abitanti.

Effetti a catena ed ecosistemi sconvolti

L’effetto serra globale viene ulteriormente aumentato anche dallo scioglimento del Permafrost (terreno perennemente ghiacciato delle regioni artiche): il suo disfacimento libera in atmosfera metano e anidride carbonica. Oltre 1.000 miliardi di tonnellate di carbonio sono depositate nel suolo sotto la tundra artica e il riscaldamento globale potrebbe accelerare il loro rilascio sotto forma di Co2 e metano.

E’ anche la stessa catena alimentare ad essere minacciata: il cambiamento della composizione dei ghiacci ha effetti sul krill, alla base delle catene trofiche di gran parte degli ecosistemi marini. Il ghiaccio è di vitale importanza anche  per la sopravvivenza di tantissime specie: dalle enormi balene agli orsi polari. Le aree fredde del pianeta vivono oltre 67 mammiferi terrestri, 35 marini, 21.000 specie di animali, piante e funghi sono la diversità biologica dei ghiacci della Terra, inferiore ai territori tropicali ma interessante per le condizioni climatiche alle quali sono adattate.

La banchisa artica in riduzione spinge i grandi carnivori come gli orsi polari ad avvicinarsi ai centri o abitati in cerca di cibo. Senza ghiaccio nel 2050 i due terzi degli orsi polari potrebbero scomparire. In Antartide stessa sorte potrebbe capitare al  75% della popolazione di pinguino di Adelia. In Alaska i trichechi, per l’assottigliamento del ghiaccio marino artico, si ammassano sempre più sulle coste russe con assembramenti di 3.500 animali. La pernice bianca, nelle vette alpine, risente dell’aumento di temperature e dei ghiacciai frammentati. Anche la viscaccia, la preda più diffusa per il gatto delle Ande (Leopardus jacobita, 2.500, 3.000 esemplari in tutto) risente dell’innalzamento delle temperature. Malattie e parassitosi inoltre sono sempre più diffuse.

I fenicotteri  cileni (Phoenicoparrus andinus e P. jamesi) soffrono per il calo del livello di acqua dolce dei laghi andini. Sul Kilimangiaro, dove l’effetto serra si sente già in maniera cospicua sui ghiacciai oltre i 5000 metri, potrebbe venire colpita anche la straordinaria foresta pluviale. Una bellissima farfalla sempre più rara, la Papilio sjoestedti, chiamata anche Kilimangiaro swallowtail, potrebbe diventare il simbolo della  perdita di biodiversità di questa regione.

Abbandonare le fossili è un’urgenza

“Lo scioglimento dei ghiacci della Terra riguarda animali cui siamo molto affezionati, ma riguarda molto vicino anche gli esseri umani: la lettura del quadro d’insieme è impressionante – dichiara il WWF – Il 2015 è un anno cruciale per le decisioni che la comunità internazionale dovrà prendere, a partire dal Summit delle Nazioni Unite per gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile per i prossimi 15 anni (New York 25-27 settembre) e la COP21 di Parigi sul Cambiamento Climatico. Uscire dai combustibili fossili, a partire dal carbone, deve essere l’obiettivo ineludibile dell’intera umanità, è la condizione per cercare di mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C e scongiurare gli scenari più catastrofici. Conosciamo i rischi, grazie alle ricerche scientifiche e, purtroppo, anche dalle osservazioni sul campo nel lavoro che come WWF svogliamo tutti i giorni. Nelle aree montuose in tutto il mondo e nelle regioni artiche e antartiche, le popolazioni locali guardano spaventate il loro mondo che si trasforma e considerano il cambiamento climatico una minaccia presente e un possibile incubo futuro. E questi stravolgimenti non rischiano di riguardare soltanto loro. Oggi possiamo agire, oggi dobbiamo agire: abbiamo le alternative ai combustibili fossili pronte, sono fonti rinnovabili e pulite; insieme all’uso razionale ed efficiente di energia e materiali, possiamo farcela e offrire a tutti nuove opportunità”. 

Il report “Ghiaccio bollente” (pdf)

ADV
×