Un pianeta 100% a fonti rinnovabili conviene anche economicamente

Per un futuro 100% rinnovabile al 2050, l’investimento aggiuntivo sarebbe di circa 1000 miliardi di $ l’anno, ma il saldo economico per l'abbandono progressivo di fossili e nucleare sarebbe di per sé già positivo. Una rivoluzione epocale da fare in una generazione. L'ultimo scenario "Energy [R]evolution" di Greenpeace.

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Nel 2050 i consumi di energia potrebbero essere soddisfatti interamente con le rinnovabili. Come? Lo spiega la nuova edizione di “Energy [R]evolution 2015 – 100% Renewable Energy“, il rapporto di Greenpeace (364 pp., vedi link a fondo pagina), che, tra gli altri aspetti, quantifica l’investimento necessario per raggiungere questo obiettivo. Risorse economiche che sarebbero più che ripagate dai futuri risparmi derivanti dall’abbandono dei combustibili fossili. Una rivoluzione possibile in una generazione, cioè in appena 35 anni a partire da oggi.

Per un futuro 100% rinnovabile al 2050, l’investimento aggiuntivo medio nelle rinnovabili sarebbe di circa 1000 miliardi di dollari l’anno. Il risparmio medio legato al mancato uso di combustibili fossili rispetto allo stesso periodo sarebbe invece di 1.070 miliardi di dollari l’anno, quindi più degli investimenti necessari per la completa transizione verso le rinnovabili. Nel grafico (clicca per ingrandire) l’evoluzione degli investimenti mondiali nello scenario 100% rinnovabili al 2050.

Secondo lo scenario 2015 – le precedenti edizioni del rapporto hanno descritto scenari molto vicini a quanto si è poi verificato nella realtà – entro 15 anni la quota di rinnovabili elettriche a livello mondiale potrebbe triplicare, passando dall’attuale 21 al 64%. Questo consentirebbe di diminuire le emissioni da 30 giga tonnellate annue a 20 giga tonnellate entro il 2030, anche tenendo conto del rapido sviluppo di economie emergenti, come Brasile, Cina e India.

Determinante a questa transizione sarà anche la prevista riduzione della domanda di energia termica grazie ad una notevole spinta negli interventi di efficienza, di utilizzo di pompe di calore elettriche e impianti a biomasse e soprattutto agli interventi di riqualificazione energetica dell’edilizia residenziale. Nel grafico (clicca per ingrandire) si veda l’evoluzione dell’offerta di energia termica dal 2102 al 2050 secondo gli scenari della IEA e di Energy [R]evolution. In quest’ultimo, gli investimenti di tutto il periodo ammonterebbero a 16.700 miliardi di $, di cui il 38% e il 36% sono relativi, rispettivamente, al solare e alle pompe di calore.

Il recente passato ci fornisce segnali incoraggianti, ma più spesso contradditori. Tra il 2005 e il 2014, ad esempio, quasi 500.000 MW di nuova potenza eolica e solare fotovoltaica è stata installata nel mondo; a questi vanno aggiunti 286.000 MW di nuovi di impianti idro, a biomasse, solare a concentrazione e geotermici, per un totale di 783mila MW, abbastanza da soddisfare il fabbisogno elettrico di India e Africa messe insieme. Tuttavia la transizione energetica è ancora troppo lenta e non in grado di contrastare i cambiamenti climatici ormai in atto. A tal proposito, ci ricorda il rapporto, va stigmatizzato il fatto che nella scorsa decade quasi altrettanta potenza di centrali a carbone (750.000 MW) sia stata installata su scale mondiale, di cui ben l’80% in Cina.

Combinando le proiezioni di crescita della popolazione e del PIL, con l’intensità energetica, la roadmap futura della domanda di energia mondiale nello scenario di riferimento IEA ci dice che questa aumenterà del 65%, dagli attuali 326.900 Pj/anno a 539.000 nel 2050. Ma nello scenario Energy [R]evolution, al contrario, la domanda decrescerà del 12% rispetto ad oggi arrivando a 289.000 Pj/a nel 2050. Nello scenario avanzato del rapporto di Greenpeace il picco della domanda energetica verrà raggiunto nel 2020 (355.000 Pj) per rimanere a questo livello per circa due decadi. Poi con l’accelerazione dell’elettrificazione dei trasporti e l’aumento della quota del trasporto pubblico – si legge nel report – la domanda di energia inizierà a calare prima del 2040, raggiungendo 279.000 Pj/anno entro il 2050, cioè il 15% in meno della domanda attuale.

“I settori del solare e dell’eolico sono ormai sufficientemente maturi per poter competere a livello di costi con l’industria del carbone. Ed è molto probabile che entro il prossimo decennio supereranno quest’ultima anche in termini di occupazione e di energia fornita – spiega Sven Teske di Greenpeace, primo autore del rapporto – È responsabilità del settore dei combustibili fossili prepararsi ad affrontare questi cambiamenti. I governi, d’altra parte, devono gestire la dismissione del comparto dei combustibili fossili, già in atto e destinata a diventare sempre più rapida. Ogni ulteriore euro investito da governi e aziende in nuovi progetti legati alle fonti fossili è un investimento ad alto rischio, che potrebbe comportare perdite economiche”.

Lo scenario Energy Revolution 2015 spiega che le rinnovabili creerebbero più posti di lavoro rispetto agli occupati nel settore dei combustibili fossili. La sola industria del solare produrrebbe più occupazione di quanto fa oggi quella del carbone, occupando 9,7 milioni di persone al 2030, più di dieci volte rispetto a quanto accade attualmente. Nello stesso periodo i posti di lavoro nell’eolico potrebbero crescere fino 7,8 milioni. Nel grafico il peso degli occupati nei vari comparti energetici nei diversi scenari.

“Non possiamo permettere che le lobby dei combustibili fossili ostacolino il passaggio verso le energie rinnovabili, ovvero la soluzione più efficace ed etica per un futuro energetico pulito e sicuro – afferma Kumi Naidoo, Direttore Esecutivo di Greenpeace International – Vorrei invitare tutti quelli che dicono ‘’non si può fare’ a leggere questo rapporto, e riconoscere che una rivoluzione energetica per un futuro 100% rinnovabile si può fare, si deve fare, e sarò un bene per tutti”.

Energy [R]evolution 2015 – 100% Renewable Energy (rapporto integrale – pdf)

Sintesi del rapporto (pdf)

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