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Riforma Certificati Bianchi: un colpo alle rinnovabili e un freno all’efficienza?

La proposta di riforma dei Titoli di Efficienza Energetica in consultazione potrebbe portare all'esclusione dall'incentivo dei progetti a fonti rinnovabili, incluso il fotovoltaico. Si disegnano anche modifiche al coefficiente di durabilità "tau", che renderebbero meno convenienti molti interventi di efficienza energetica. Abbiamo dato uno sguardo al documento con il contributo di alcuni esperti.

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Una “nuova sorpresa” per le rinnovabili e per il fotovoltaico in particolare potrebbe arrivare dalle modifiche in discussione sui Certificati Bianchi o Titoli di Efficienza Energetica, riforma che, tra le altre cose, per come la si sta proponendo, diminuirebbe anche non di poco il potere incentivante del meccanismo per tutti gli interventi di efficienza energetica.

I cambiamenti all’orizzonte vengono delineati nel documento di consultazione “Proposte per il potenziamento e la qualifica del meccanismo dei Certificati Bianchi”, diffuso dal ministero dello Sviluppo Economico lo scorso 30 luglio e che sta per essere esaminato dal Senato (allegato in basso).

Tra le principali novità troviamo la proposta di revisione al ribasso del coefficiente di durabilità “tau, correlato alla vita tecnica dell’intervento, altre proposte riguardano uno spostamento della responsabilità del progetto, in modo da coinvolgere il proprietario dell’impianto, anche se diverso da chi presenta e attua l’intervento e, infine, la sorpresa di cui parlavamo: una modifica potrebbe eliminare o ridurre notevolmente l’incentivazione per gli impianti a rinnovabili tramite Titoli di Efficienza Energetica (TEE) .

Un colpo alle rinnovabili?

Al punto 6.2 del documento si legge che mentre “fino ad oggi è stata valorizzata l’intera produzione di energia prodotta da fonti rinnovabili tenendo conto del conseguente risparmio di energia fossile. In considerazione che i suddetti risparmi non concorrono al raggiungimento degli obiettivi di efficienza energetica e dell’esistenza di altri strumenti di incentivazione delle energie rinnovabili, si ritiene opportuno specializzare il meccanismo dei certificati bianchi alla sola promozione degli interventi di incremento dell’efficienza energetica. Si procederà pertanto (…) alla revisione delle misure dedicate alle fonti rinnovabili, in un’ottica di promozione della componente di efficienza energetica invece che di mera produzione di energia rinnovabile e/o risparmio di energia fossile. Quindi, gli impianti di produzione di energia rinnovabile saranno ammissibili se ed in quanto connesse alla componente di efficienza energetica” (neretti nostri)

Cosa comporterà questo? Per GB Zorzoli, presidente onorario di FREE, “è palese l’intenzione di non riconoscere più i CB per le FER”. Anche Mario Gamberale, amministratore delegato della ESCo AzzeroCO2, è pessimista su come potrebbe tradursi la norma: “viene cancellato l’incentivo al fotovoltaico di piccola taglia in scambio sul posto fino a 20 kW, quello alle caldaie a biomassa per uso industriale, agricolo, civile; quello al solare termico”.

Più cauti altri esperti che abbiamo sentito: “Per come è scritto il testo lascia aperte diverse interpretazioni: non credo che si arriverà ad un eliminazione totale dei CB per le rinnovabili, ma potrebbe esservi una forte riduzione”, ci spiega l’avvocato Emilio Sani dello studio Macchi di Cellere Gangemi.

Per Dario di Santo, direttore di FIRE, la federazione italiana per l’uso razionale dell’energia, “di per sé il punto non comporta l’eliminazione delle fonti rinnovabili dai TEE, ma una riduzione dei risparmi riconosciuti laddove non si tenga conto in modo consistente del reale miglioramento dell’efficienza energetica”. Per Di Santo “più che il FV, la misura vuole razionalizzare i risparmi riconosciuti alle rinnovabili termiche, civili e, soprattutto, industriali, oggi dati su tutte le biomasse utilizzate senza tenere conto di un effettivo incremento di efficienza energetica”.

Le contraddizioni normative

Insomma, non è chiaro quali saranno le conseguenze pratiche della proposta: difficile capire quando – come recita il dco – l’installazione di impianti a rinnovabili sia “connessa alla componente di efficienza energetica”; d’altra parte le schede tecniche per i Titoli di Efficienza Energetica, sia per gli interventi che coinvolgono il fotovoltaico che per quelli su biomasse e solare termico nella loro versione attuale parlano di “risparmio di energia primaria”.

“È incoerente con la normativa comunitaria l’assunto da cui parte il MiSE che le rinnovabili in autoconsumo non siano da considerare interventi di efficienza energetica, come invece ribadito sia dalla direttiva sulle prestazioni energetiche degli edifici, sia nelle premesse di quella sull’efficienza energetica”, osserva l’avvocato Sani.

Quali impatti per il mercato?

Che conseguenze si avrebbero per il mercato delle rinnovabili se la proposta venisse attuata nella sua interpretazione più punitiva per le fonti pulite? “Per il fotovoltaico i TEE sono abbastanza importanti, perché le detrazioni fiscali riguardano solo le persone fisiche e tra queste solo quelle che hanno interesse a detrarre”, spiega Sani. I TEE per il FV, ricordiamo, alternativi alle detrazioni fiscali e ottenibili solo da impianti sotto ai 20 kW, garantiscono circa 80-110 euro/kW all’anno per cinque anni, quindi circa 400-550 euro/kW (si veda QualEnergia.it).

Per il solare termico, secondo Gamberale, l’eventuale eliminazione dei CB sarebbe “poco grave”, perché la tecnologia è comunque fortemente incentivata dal conto termico”, a risentirne sarebbero invece le installazioni di caldaie a biomassa per uso industriale, agricolo e civile dato che, osserva l’esperto, “il conto termico è totalmente insufficiente per incentivare il settore”. Gli fa eco Di Santo che vede le conseguenze più gravi per l’uso di biomasse nel settore industriale: “ad esempio nei molti progetti in grandi impianti come i cementifici”.

Meno incentivi anche agli altri interventi di efficienza energetica

Rinnovabili a parte, il dco interviene anche sulla valorizzazione degli interventi di efficienza energetica in termini di TEE, agendo sulla durata delle vita tecnica e della vita utile stimate, che modificano il cosiddetto coefficiente tau. “L’abbattimento del tau da 3,36 a 1,5-2 determina un dimezzamento del numero di TEE attribuiti ai Tep risparmiati causando”una riduzione dell’incidenza dell’incentivo sugli investimenti, a parità di prezzo di scambio dei TEE, e una riduzione dell’offerta di TEE sul mercato”, osserva Gamberale.

Anche Di Santo riconosce che ci sarà “una riduzione del potere incentivante”. Questa, osserva “non piace al mercato, ma ci siamo avvicinati alla soglia di spesa per questo meccanismo come delineata nella SEN”. Quanto alle conseguenze, per il direttore di FIRE dipenderanno dalla soluzione che si adotterà tra quelle proposte. “L’impatto della riduzione del coefficiente di durabilità si sentirà di più per il settore civile, mentre non è scontato che sia determinante in quello industriale, dove c’era crescita ancora prima della sua introduzione (nel 2012, ndr)”.

Eventuali osservazioni e proposte riguardo alla riforma in discussione possono essere trasmesse all’indirizzo mail [email protected] entro il 30 settembre 2015.

Il dco sui certificati bianchi (pdf)

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