La filiera del fotovoltaico italiano alle prese con una trasformazione difficile

L'era post-incentivi si sta rivelando più difficile del previsto per il FV nel Belpaese: nel primo semestre 2015 solo 127 MW di nuova potenza. La diffusione dei SEU non incentivati si scontra con diverse criticità e la filiera si sta ancora adattando alla nuova realtà. Ne parliamo con il professor Vittorio Chiesa dell'Energy & Strategy Group.

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In molti avevano previsto che il 2015 in Italia sarebbe stato l’anno dei SEU, intesi comunemente come impianti di taglia media non incentivati realizzati per fornire energia a clienti terzi, commerciali e industriali (in realtà, teoricamente, un SEU è anche l’impianto domestico di proprietà dell’utente). Questo business model però sembra frenato da varie difficoltà e la fetta più grande delle installazioni del primo semestre 2015 resta attribuibile al residenziale sostenuto dalla detrazione fiscale del 50%. Da gennaio a giugno si sono installati impianti per solo 127 MW di nuova potenza: un rallentamento dovuto anche al fatto che alla filiera serve tempo per la trasformazione necessaria ad affrontare la nuova realtà, ci spiega il professor Vittorio Chiesa dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano.

Professor Chiesa, nelle previsioni che avete diffuso nel Renewable Energy Report pubblicato questa primavera stimavate per il 2015 in Italia 400-500 MW, come sta andando il mercato rispetto alle previsioni?

Direi che per come stanno andando le cose ci avviciniamo più alla parte bassa della nostra forchetta di previsioni, allo scenario più pessimistico. Da gennaio a giugno si sono installati circa 130 MW, in gran parte in impianti di piccola taglia. Sembra inoltre che non ci sia stato il decollo atteso dei SEU.

Avete un dato su quanta potenza è riconducibile a impianti residenziali realizzati grazie alle detrazioni fiscali e quanta invece a impianti realizzati in SEU senza detrazioni?

No, ma ci si può fare un’idea guardando alle taglie delle installazioni. Gli impianti di taglia media, riconducibili a questa seconda tipologia di installazioni sono relativamente pochi. Su 127 MW installati nel primo semestre, 46 MW sono impianti tra 3 e 6 kW, 28 MW sono tra 6 e 200 kW e il resto riguarda taglie superiori, tipicamente di qualche centinaio di kW. Dunque più di un terzo della nuova potenza è venuta da impianti di piccolissima taglia, che verosimilmente hanno goduto delle detrazioni. Anche parlando con gli operatori si ha la percezione che il business model del SEU non abbia preso piede più di tanto.

Quali sono gli ostacoli che ne hanno impedito la diffusione?

In queste configurazioni solitamente c’è un produttore che si lega a un cliente per un lungo periodo: visto il contesto economico non è facile trovare le condizioni per farlo. Anche in conseguenza di ciò, l’accesso al credito è complesso. Infine l’applicazione dei SEU è limitata dal fatto che si possono fare solo in casi di monoutenza: restano dunque escluse una serie di situazioni in cui si potrebbero fare in maniera conveniente, come centri commerciali, ospedali, aeroporti, eccetera.

Come valuta l’assetto normativo attuale e le sue possibili evoluzioni, come la riforma delle tariffe domestiche in arrivo o l’eventualità che la detrazione fiscale da gennaio possa scendere dal 50 al 36%?

L’assetto normativo attuale consente di avere impianti economicamente sostenibili. Un’eventuale riduzione della detrazione fiscale per i piccoli impianti potrebbe essere compensata da una riduzione dei costi sia di inverter e moduli che della installazione, riduzione per la quale c’è ancora un certo margine.

Parliamo di sistemi di accumulo: se ne cominciano a installare in Italia? Potranno fungere da volano per il FV?

Al momento lo storage non è ancora visto come un’opportunità per far crescere le installazioni. I sistemi di accumulo potranno spingere il settore solo nel medio periodo, a seguito di un calo dei prezzi.

Diverse previsioni prevedono cali dei prezzi molto importanti: ad esempio a inizio anno Deutsche Bank ha pubblicato un report in cui stima che in Italia già al 2020 soddisfare i consumi domestici con la combinazione FV+batteria sarà molto più conveniente rispetto ad acquistarla dalla rete. Le sembra una traiettoria realistica per come sta andando il mercato?

Il mondo degli accumuli sta dimostrando una vitalità importate e c’è un trend di riduzione dei costi molto interessante. Sì, credo che le previsioni di calo dei prezzi al 2020 fatte da diversi istituti e analisti siano ampiamente raggiungibili.

Il mercato del fotovoltaico con la fine degli incentivi è stato rivoluzionato: mentre prima era semplicemente una tecnologia per produrre energia, ora si fa in un’ottica di efficienza energetica, per l’autoconsumo, magari come servizio fornito assieme ad altri interventi. Gli operatori devono affrontare una sorta di riconversione. Saranno in grado di attuarla?

Questo è uno dei motivi di rallentamento del mercato italiano da aggiungere ai precedenti: la difficoltà della filiera ad adattarsi al nuovo contesto in cui non si fanno più grandi impianti, ma si hanno installazioni polverizzate in moltissimi piccoli impianti. Chi vuole sopravvivere deve essere in grado di lavorare in maniera capillare, avere una grande forza commerciale per raggiungere molti piccoli clienti. Chi non era molto presente nel residenziale ha dovuto fare investimenti che richiedono tempo per dare i loro frutti.

Da questo punto di vista i soggetti più avvantaggiati potrebbero essere le utility…

Le utility hanno un grande vantaggio nella relazione con il cliente finale, ma per sfruttarlo devono anche loro cambiare pelle: sono abituate a vendere una commodity anziché un ‘prodotto-servizio’, devono attrezzarsi con una capacità di vendita arricchita rispetto alla sola energia e che consenta loro di fornire l’installazione, la manutenzione, eccetera.

Come stanno differenziando la loro attività i player del FV visto il rallentamento delle nuove installazioni?

I fotovoltaici storici hanno cercato come area di sbocco la gestione degli impianti esistenti, mercato che ha un grande potenziale, ma è molto affollato e competitivo, con prezzi e marginalità in calo. Altra attività cui si sono rivolti gli operatori del FV è quella dell’efficienza energetica, cercando di allargare il portafoglio di prodotti e servizi offerti. Si offre il fotovoltaico integrato in un mix di tecnologie diverse, intervenendo globalmente sui consumi del cliente per farlo risparmiare. Per farlo bisogna costruire partnership con fornitori di altre tecnologie, acquisire nuove competenze: anche qui serve una conversione come quella di cui parlavamo prima, per la quale ci vuole ancora un po’ di tempo.

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