Dall’Università di Milano-Bicocca la tecnologia per le ‘finestre fotovoltaiche’

  • 1 Settembre 2015

Anche una finestra parzialmente trasparente può diventare un generatore di elettricità in grado alimentare i computer di un ufficio, il condizionatore d’aria o l’illuminazione interna di una abitazione, grazie a nanoparticelle fluorescenti che catturano e concentrano la luce del sole. Il risultato di una ricerca dell'Università di Milano-Bicocca.

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Sembrano comuni vetri per finestre, ma non lo sono. Sono lastre di plastica con speciali nanoparticelle fluorescenti che catturano e concentrano la luce del sole trasformando la finestra in un pannello solare e sono il risultato del lavoro di un team di ricerca del Dipartimento di Scienza dei Materiali dell’Università di Milano-Bicocca, in collaborazione con il Los Alamos National Laboratory (U.S.A.) e con l’azienda UbiQD, che ha messo a punto un nuovo tipo di concentratori solari luminescenti (LSC, Luminescent Solar Concentrators).

Nello specifico si tratta di lastre di plastica o vetro nelle quali sono incorporate speciali nanoparticelle che assorbono la luce solare e la riemettono all’interno della lastra. Piccole celle solari poste lungo il perimetro della finestra raccolgono la luce intrappolata, convertendola in elettricità.

In questo modo anche una finestra parzialmente trasparente diventa un generatore di elettricità in grado alimentare i computer di un ufficio, il condizionatore d’aria in una giornata afosa o l’illuminazione interna di un’abitazione.

Questi concentratori solari a nanoparticelle sono descritti nello studio “Highly efficient large-area colourless luminescent solar concentrators using heavy-metal-free colloidal quantum dots”, pubblicato il 24 agosto sulla rivista Nature Nanotechnology.

I nuovi vetri fotovoltaici sviluppati dal team Bicocca-Los Alamos – che arrivano a poco più di un anno dalla pubblicazione di un primo studio dello stesso team che ne dimostrava il principio di funzionamento – hanno diversi vantaggi che li rendono una tecnologia pronta a essere usata dalle aziende.

Innanzitutto non sono tossici perché in questi dispositivi non c’è cadmio né altri metalli e il limite vero alla diffusione di nanomateriali e nanoparticelle in applicazioni di largo consumo – scrive l’Università di Milano-Bicocca in un comunicato stampa – finora è stata la loro composizione potenzialmente nociva.

Sono molto efficienti perché assorbono la luce da tutto lo spettro solare (non solo dal rosso, come avviene con i dispositivi precedenti) e al tempo stesso non riassorbono la loro stessa luminescenza. Sono inoltre incolore, superando così uno dei limiti più grandi per l’applicazione in edilizia civile, ovvero l’impatto estetico.

“Affinché questa tecnologia potesse uscire dai laboratori di ricerca ed esprimere il suo potenziale nell’edilizia sostenibile – spiega il prof. Francesco Meinardi, uno dei coordinatori del team di Milano-Bicocca – è stato necessario abbandonare schemi composizionali delle nanoparticelle dati per scontati fino a ieri”.

“Invece di continuare a lavorare con i classici cristalli semiconduttori a base di metalli pesanti come il cadmio o il piombo – argomenta il professore – noi abbiamo realizzato nanoparticelle costituite da leghe di più elementi, riuscendo ad ottenere concentratori non tossici, con straordinarie capacità di assorbimento della luce del sole, e che al contempo preservano la caratteristica chiave di non riassorbire la luce emessa da loro stessi. In questo modo abbiamo coniugato le elevate efficienze e le grandi dimensioni richieste per la costruzione di elementi architettonici reali. Il fattore estetico è poi di fondamentale importanza perché una soluzione tecnologica per essere accettata non può andare a discapito della qualità della vita”.

Il lavoro pubblicato su Nature Nanotechnology è stato realizzato grazie a piccoli finanziamenti di Fondazione Cariplo e dell’Unione Europea. La caratteristica, mai raggiunta finora, di aumentare notevolmente l’efficienza fotovoltaica e di ottenere lastre essenzialmente incolore, molto simili alle tipiche lenti degli occhiali da sole grigio-brune, “fa sì che queste nuove finestre fotovoltaiche si integrino in modo ‘invisibile’ nel contesto urbano”, sottolinea Francesco Carulli che ha lavorato al progetto durante la sua tesi di Laurea in Scienza dei Materiali.

“Questa tecnologia – conclude Sergio Brovelli, uno dei coordinatori del team Milano-Bicocca – di cui noi avevamo fornito la prova di principio solo un anno fa, diviene ora una realtà facilmente scalabile per la produzione industriale e potrà essere immediatamente utilizzata nella green architecture e nella building sustainability”.

“Con questi nuovi nano-materiali altamente performanti – prosegue il professore – sarà possibile nel breve periodo realizzare finestre fotovoltaiche o altri elementi architettonici flessibili e semi-trasparenti per convertire non solo i tetti ma tutte le parti di un edificio in generatori di energia solare, come sempre più fondamentale nei contesti ad elevata urbanizzazione. Le nostre stime indicano che sostituendo le vetrate tradizionali di un grattacielo come lo Shard di Londra con i concentratori che abbiamo brevettato, si genererebbe l’energia necessaria alla totale auto-sostenibilità di circa 300 appartamenti. Aggiungete a queste cifre il risparmio energetico derivante dal ridotto ricorso al condizionamento ambientale, grazie all’assorbimento della luce solare da parte dei concentratori solari che limita il sovrariscaldamento degli edifici e avete una tecnologia potenzialmente rivoluzionaria per le città a energia zero del futuro”.

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