Germania, perché il record delle rinnovabili di fine luglio non è un’eccezione

Quel 78% della domanda coperto da eolico, fotovoltaico, biomasse e idroelettrico il 25 luglio non è un caso isolato, ma la manifestazione di una trasformazione in atto. Bruno Burger del Fraunhofer Ise ci racconta come sta andando l'Energiewende.

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Poche settimane fa QualEnergia.it ha segnalato che la Danimarca, fra il 9 e il 10 luglio, aveva visto il 100% della sua domanda coperta da energia eolica e solare. Risultato eclatante, ma in fondo limitato a un Paese di 5 milioni e mezzo di persone, non particolarmente industrializzato e immerso in uno dei mari più ventosi dl mondo. Bella forza, verrebbe da dire.

Forse molto più impressionante è quanto annunciato agli inizi di agosto dal tedesco Fraunhofer ISE (prestigioso istituto di ricerca sull’energia solare): sabato 25 luglio la domanda tedesca è stata coperta al 78% dalle fonti rinnovabili, sole, vento, biomasse e idroelettrico. La cosa si è poi ripetuta quasi identica per buona parte del giorno dopo, grazie a una giornata insieme soleggiata e ventosa.

La notizia che una nazione di 80 milioni di abitanti, la cui potentissima industria la rende la quarta potenza economica mondiale e che fino a venti anni fa era quasi priva di fonti rinnovabili, oggi riesca a coprire in certe giornate quasi tutta la sua domanda con energia “green”, ha dell’incredibile e, se il mondo non fosse ancora immerso nel mito, alimentato ad arte, che «senza combustibili fossili non ce la possiamo fare», sarebbe dovuta apparire con grande enfasi sulla stampa planetaria.

Ma sentiamo già le obiezioni: si tratta solo di poche ore di giorni festivi, per il resto la produzione elettrica tedesca continua a dipendere pesantemente da lignite e carbone, le fonti peggiori, per quanto riguarda inquinamento ed emissioni di CO2. 

In realtà le cose stanno rapidamente cambiando e se si fanno un po’ di ricerche in questo sito dello stesso Fraunhofer, che riporta ogni dettaglio della produzione elettrica del paese (e persino quella prevista il giorno dopo) in tempo reale, si scopre che i periodi come il 25-26 luglio, quando le rinnovabili hanno fornito oltre la metà dell’elettricità tedesca, non sono una strana eccezione dovuta a bassa domanda e incredibili condizioni meteo, ma che nel 2015 ce ne sono stati parecchi, praticamente uno o più ogni mese, tranne febbraio.

E spesso non si trattava di fine settimana con fabbriche e uffici chiusi, ma di giorni come i feriali 2-3 giugno, quando per molte ore sono bastati sole e vento a fornire più della metà dell’elettricità richiesta in Germania. E le percentuali complessive cominciano a essere importanti: nei primi sette mesi del 2015 le rinnovabili hanno prodotto il 35% dell’elettricità tedesca, con sole+vento ormai alla pari con la produzione da lignite, mentre, considerando anche il 16% nucleare, si può dire che ormai oltre la metà dell’elettricità di quel paese è a zero emissioni di CO2.

Insomma, in pochi anni i tedeschi hanno raggiunto l’Italia, quanto a percentuali di rinnovabili (compreso, paradossalmente, il solare: da loro il fotovoltaico ha prodotto nel 2015 l’8% dell’elettricità, più o meno come in Italia…), nonostante noi partissimo con l’enorme vantaggio del grande idroelettrico e geotermico installato dai nostri avi.

Anzi, a guardare bene hanno fatto pure meglio: infatti, a differenza nostra, loro esportano pure elettricità. Nel 2015 hanno lasciato la Germania 27,6 TWh, sui 317 prodotti in totale: non considerando quelli, le rinnovabili hanno coperto quasi il 40% dei consumi domestici.

Questi della Energiewende sono risultati impressionanti, quindi, per approfondirli abbiamo fatto qualche domanda all’ingegnere Bruno Burger, ricercatore dello stesso Fraunhofer Ise.

Professor Burger, a parte il record del 25 luglio ci sono stati altri primati interessanti nel 2015?

«Sì, abbiamo avuto il massimo della potenza solare, con 27 GW il 21 aprile e il massimo della potenza eolica, con 33 GW il 9 gennaio. Ma forse il primato più interessante sono i 2 GW da eolico offshore: sono l’avanguardia di una nuova generazione di eolico, che porterà ancora molto più avanti la produzione da rinnovabili in Germania».

Siete rimasti sorpresi da queste performance?

«No, ce le aspettavamo, ma ci hanno comunque fatto molto piacere. L’anno 2015 è stato molto favorevole dal punto di vista meteo, ma i suoi risultati rientrano comunque nelle tappe previste all’avvicinamento dell’obbiettivo Energiewende 2050: almeno l’80% di energia tedesca da rinnovabili. Siamo anche stati molto contenti che l’eclisse del 20 marzo non abbia creato particolari problemi al sistema elettrico, nonostante il grande sbalzo nella produzione solare».

In Italia però l’installazione di ulteriori rinnovabili segna sempre di più il passo, in Germania come va?

«Bene per l’eolico, cresciuto nella prima metà del 2015 di quasi un altro GW, mentre il solare è ai suoi livelli più bassi di crescita da molti anni, solo 577 MW in più, molto indietro rispetto all’obbiettivo di +2,5 GW previsto entro fine anno. Del tutto fermo, poi, l’incremento in bioenergia. Ora il governo sta sperimentando il meccanismo delle aste al ribasso, per rivitalizzare il mercato dei grandi impianti solari e mantenere prezzi dell’elettricità prodotta bassi. La prima, tenuta ad aprile, ha concesso 157 MW a un prezzo di 91,7 euro/MWh. Se il meccanismo funzionerà, potrebbe essere esteso anche alle altre rinnovabili. Bisogna far ripartire le installazioni, perché per arrivare agli obbiettivi previsti per il 2020 abbiamo ancora bisogno di altri 13 GW di eolico onshore, 13 di solare e di 5 di eolico offshore».

Si parla però di problemi di connessione per l’eolico, sia per i campi offshore, che per far passare le nuove linee nord-sud

«C’è un problema con una nuova linea in Baviera, ma non è nulla di insormontabile, sarà risolto con trattative e ragionevolezza. Per quanto riguarda i campi offshore, con l’eccezione di quello di Bard, che, dal 2013 ha avuto diversi guai tecnici con la sua linea a corrente continua e in parte non è ancora connesso, sono già tutti collegati a terra».

Ma con questi crescenti volumi di rinnovabili non programmabili, non cominciate ad avere problemi per la stabilità di rete? Non avete bisogno di sistemi di accumulo?

«Per ora e per i prossimi anni non ce ne sarà bisogno: basterà aumentare l’interscambio estero e utilizzare le capacità di accumulo idroelettrico in Austria, Scandinavia e Svizzera. Vorremmo anche promuovere il pompaggio idroelettrico in Germania, ma troppi cittadini vi si oppongono. Il prossimo passo sarà incrementare l’uso di elettricità per la produzione di calore, è il sistema più efficiente e tecnicamente semplice per accumularla. Di batterie e idrogeno su larga scala ce ne sarà bisogno solo fra molti anni e allora i loro prezzi saranno scesi un bel po’.  Un altro passo importante per aumentare la capacità di resistenza della rete alle fluttuazioni da rinnovabili sarà invece la progressiva chiusura del nucleare, che il 27 giugno ha fatto un altro passo con il distacco della centrale di Grafenrheinfeld».

Come? Pensavo che la chiusura del nucleare la consideraste negativamente, in quanto porterà a un aumento delle emissioni di CO2, dato che il suo posto nel baseload, almeno per i prossimi anni,  verrà preso da centrali a lignite.

«No, nell’attuale scenario il nucleare si presenta come una fonte troppo rigida per essere utile. La sua presenza così poco modulabile ostacola l’ulteriore aggiunta di eolico e solare. È vero che il suo posto verrà preso per adesso da centrali a carbone e lignite. Ma si tratta di impianti molto moderni e molto flessibili che, è vero, emettono CO2, ma possono anche accomodare quote crescenti di rinnovabili intermittenti, con molti meno problemi delle centrali atomiche. Oggi non abbiamo bisogno di “più baseload” ma di ”meno baseload”».

Ma non è assurdo usare, come fate in Germania, le centrali a carbone per modulare l’elettricità intermittente di sole e vento, mentre tenete quasi ferme quelle a gas, invece di fare il contrario e tagliare decisamente le emissioni di CO2?

«Le moderne centrali a carbone si prestano molto bene a questo scopo, quanto quelle a gas. Ed essendo la loro energia più economica, nelle aste giornaliere per il prezzo in Borsa, vengono preferite loro a quelle a gas. È, in assenza di meccanismi fiscali che scoraggino adeguatamente l’uso del carbonio fossile, la scelta economica più razionale».

Sembra però che diate ragione ai tanti critici dell’Enegiewende che vi accusano di parlare tanto di rinnovabili ma, in pratica, di continuare a basarvi fortemente su carbone e lignite, mentre esportate gli eccessi inutilizzabili dei non programmabili sole e vento.

«È una assurdità, è vero il contrario: i produttori, invece di ridurre la potenza delle loro centrali a lignite, ne esportano l’energia durante i momenti di picco di sole e vento, perché gli conviene. Nel 2015 hanno già incassato 915 milioni di euro con l’export, guadagnandoci non poco perché il prezzo medio del kWh esportato è del 2,5% più alto di quello importato. In questi anni di transizione la produzione da lignite e carbone svolge in Germania un compito fondamentale, contribuendo, con il suo basso costo, alla compensazione in parte di quello molto più alto delle rinnovabili. Ma attenzione, l’uso di questi combustibili avviene sempre più in centrali moderne, più efficienti, che con meno materia prima producono più kWh e più flessibili, che possono cioè far entrare nel sistema sempre più energia solare ed eolica. Nel 1990 la Germania produceva il 56% della sua elettricità con carbone e lignite, oggi siamo al 42%, ma usiamo la metà di carbone e lignite di allora, mentre le emissioni di CO2 tedesche, ormai ai livelli più bassi da metà degli anni ’60, sono scese ulteriormente nel 2014 e, continuando così, caleranno ancora nel 2015».

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