Energie verdi che migliorano la vita dei più poveri

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Le famiglie che spendono per l’energia una parte consistente del loro reddito sono tra quelle che soffrono di "povertà energetica". Come risolvere il problema che solo in Italia riguarda circa 400mila famiglie? Interventi di efficientamento delle abitazioni e uso delle rinnovabili, adottati con strategie oculate, potrebbero dare notevoli benefici.

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Le tecnologie verdi sono “roba da ricchi”, i poveri, mancando dei capitali necessari, non vi possono accedere e per loro, alla fine, sono solo un peso, dato che devono contribuire ai sostegni pubblici per rinnovabili o efficienza energetica.

Questo è uno dei mantra che si sentono spesso ripetere da chi si oppone al cambio del paradigma energetico, a cui, in genere, si risponde facendo notare che la diffusione iniziale “tra i ricchi” delle tecnologie verdi ne abbassa i costi, ampliando via via la platea di chi le può usare e che il primo scopo dell’impiego di rinnovabili ed efficienza energetica è quello di salvaguardare ambiente e clima, diffondendo quindi benefici su tutti non solo su chi può permettere doppi vetri o pannelli solari.

Ultimamente, però, una serie di ricerche e di iniziative, comincia a far vacillare anche l’aspetto economico del mantra: le tecnologie verdi potrebbero fare molto proprio per quelli che soffrono di «povertà energetica», che cioè devono spendere per l’energia una parte così consistente del loro reddito, da non potere, talvolta, riuscire a utilizzarne quanta ne avrebbero oggettivamente bisogno.  Si può insomma soffrire anche la fame di energia, oltre che quella di cibo.

«Diciamo subito – spiega l’economista Davide Tabarelli di Nomisma Energia – che la vera povertà energetica non risiede certo nei paesi sviluppati, ma in quelli dove milioni e milioni di famiglie non hanno né elettricità, né sistemi di cottura o riscaldamento che non siano fuochi di legna. Ecco, a loro tecnologie come il fotovoltaico potrebbero veramente cambiare la vita. In Europa, invece, si intende per povertà energetica quella di chi deve spendere per gas ed elettricità oltre il 15% del proprio reddito e quindi deve stare attentissimo ai consumi, talvolta salta il pagamento di bollette e spesso non arriva a scaldarsi adeguatamente d’inverno o a rinfrescarsi adeguatamente durane le ondate di calore, un’esigenza vista un tempo come un lusso, ma che ora sta diventando sempre più necessaria, soprattutto per gli anziani. In Italia, paese dove elettricità e gas sono particolarmente cari- la prima pesa per circa 500 euro l’anno per famiglia il secondo per quasi il doppio – si stima si trovino in questa condizione circa 400.000 famiglie, soprattutto nelle zone montane e nel meridione».

Secondo un rapporto della Commissione Europea a livello continentale 54 milioni di europei, l’11% del totale, sono in povertà energetica, concentrati soprattutto nel sud e nell’est del continente.

Per affrontarla, strumenti come gli sgravi fiscali italiani per il miglioramento energetico delle abitazioni, non sono molto utili, in quanto per accedervi occorre comunque disporre del capitale iniziale per intervento e l’aiuto statale arriva, in tempi molto lunghi, solo se si hanno tasse da pagare. Questi sono tutti fattori che escludono molte famiglie povere.

Più ad hoc l’iniziativa britannica del Green Deal, partita nel 2013, che dovrebbe portare a ristrutturare migliaia di abitazioni di famiglia povere, con i fondi messi da privati, come le compagnie energetiche, e dallo Stato, uniti in una specie di super ESCo. L’investimento viene poi ripagato in 10-20 anni, incassando parte dei risparmi conseguiti sulle bollette. Recentemente la Gran Bretagna, dove i “poveri energetici” sono ben 4 milioni, ha aggiunto anche l’obbligo per i proprietari di appartamenti in affitto, di migliorare la classe energetica delle abitazioni almeno fino alla E, utilizzando i fondi del Green Deal.

Negli Stati Uniti, invece, pare che si punti molto sul fotovoltaico come mezzo per alleviare la povertà energetica delle famiglie: il presidente americano Barack Obama ha recentemente lanciato un piano da 500 milioni di dollari, per mettere 300 MW di sistemi solari sul tetto di decine di migliaia di case popolari e tagliare così la bolletta elettrica a chi vi abita. 

Contemporaneamente, in California, si stanno usando i fondi raccolti con il locale meccanismo di commercio delle quote di carbonio, per installare fotovoltaico sui tetti di migliaia di case di famiglie povere.

«Queste idee mi paiono più che altro mosse di propaganda politica», dice Tabarelli «Negli Usa l’elettricità costa talmente poco, anche per la grande prevalenza di carbone e nucleare, che abbassare il peso della bolletta usando i pannelli fotovoltaici, il cui kWh costa il doppio di quello della rete, è il modo economicamente meno conveniente per farlo».

Il basso costo dell’energia in quel paese renderebbe poco convenienti anche gli interventi di aumento dell’efficienza energetica: uno studio condotto dal gruppo dell’economista Catherine Wolfram dell’Università della California a Berkeley, sul Federal Weatherization Assistance Program, il più grande programma federale per l’aumento dell’efficienza energetica (fornisce 5000 $ a famiglie povere per interventi come il miglioramento dell’isolamento termico delle proprie case o il cambio delle caldaie), ha concluso, dopo aver visitato 7000 abitazioni scelte a caso in un gruppo di 35.000 coinvolte nel programma, che i risparmi energetici ottenuti nel corso della vita stimata dell’intervento, copriranno appena la metà della spesa affrontata.  Una delle ragioni di questo scarso risparmio è che a una prima diminuzione delle bollette segue spesso un aumento dei consumi. Ma il motivo principale è sempre il solito: fra elettricità da carbone e gas naturale da fracking, l’energia negli Usa è oggi talmente a basso costo da rendere difficile un ritorno economico degli interventi per risparmiarla.

«Ma nel caso di paesi ad alto costo dell’energia, come quelli europei – precisa Tabarelli – le cose cambiano: in Italia il fotovoltaico produrrebbe già energia più economica di quella della rete, rendendo più giustificato il suo uso per abbattere la povertà energetica rispetto agli Usa. Anche schemi di tipo ESCo per migliorare l’efficienza energetica delle abitazioni delle famiglie povere, senza che i beneficiari debbano anticipare capitali che non hanno, potrebbero essere una buona idea nel nostro paese. Anzi, mettere mano all’edilizia popolare dei decenni scorsi, per migliorarne l’efficienza energetica, è anche una delle strade migliori per rivitalizzare l’edilizia italiana, in profonda crisi da anni».

E sembra che questo genere di interventi, sia anche quello più apprezzato che chi vive o possiede case ristrutturate. Una ricerca condotta dalla sociologa Diana Hernández su 20 famiglie povere che in un quartiere ispanico di New York avevano ricevuto interventi di efficientamento energetico delle case, in parte sovvenzionati dallo Stato, ha riscontrato una grande soddisfazione sia fra gli inquilini che fra i proprietari delle case. I primi erano contenti non solo per la riduzione del costo energetico, ma anche per il miglioramento del comfort di vita e il calo delle spese sanitarie dovute a malattie legate al freddo. I secondi erano soddisfatti per l’aumento di valore degli immobili e per la diminuzione dei contrasti con gli inquilini riguardo al riscaldamento delle case. In generale gli interventi sembravano aver ridotto il livello di stress dell’intera comunità.

Questo genere di interventi è in effetti raccomandato anche nel rapporto UE sulla povertà energetica che, sia pur riconoscendo che nel breve termine l’unica strada per alleviare la povertà energetica è quella di tariffe differenziate o aiuti finanziari diretti, raccomanda anche gli Stati nazionali di implementare piani per incentivare l’efficienza energetica nelle abitazioni, essendo questo il modo più razionale per abbassare i costi e aumentare lo standard di vita di chi vi abita.

Insomma, le tecnologie energetiche verdi, alla fine, potrebbero diventare uno strumento per migliorare più la vita dei poveri che quella dei ricchi.

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