‘No trivelle’, manifestazione di Greenpeace davanti alla piattaforma a Civitanova Marche

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Un gruppo di attivisti di Greenpeace Italia ha protestato davanti alla piattaforma petrolifera offshore di Edison a 3 km dalla costa di Civitanova Marche. Il Ministero dell'Ambiente a giugno ha già firmato 11 progetti di prospezione di idrocarburi in mare con la tecnica dell’airgun.

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Un gruppo di attivisti di Greenpeace Italia ha protestato ieri, 23 luglio, davanti alla piattaforma petrolifera offshore Sarago Mare A, posizionata a soli tre chilometri dalla costa di Civitanova Marche. Gli attivisti hanno steso a pelo d’acqua, proprio sotto la struttura gestita dalla Edison, un grande striscione galleggiante con la scritta “STOP TRIVELLE”. Poi si sono finti turisti di un possibile futuro prossimo, in cui le vacanze balneari potrebbero svolgersi proprio presso delle piattaforme petrolifere.

La protesta di Greenpeace fa parte della campagna TrivAdvisor con cui l’associazione ambientalista mette in guardia l’opinione pubblica dai piani del Governo Renzi, che rischiano di regalare i nostri mari alle compagnie petrolifere, come denunciato ripetutamente da diverse associazioni ambientaliste (si veda anche ‘Da Legambiente la ‘bandiera nera’ a Matteo Renzi per la deriva petrolifera del Governo).

In poche settimane – scrive l’associazione – più di 43mila persone hanno già firmato la petizione di Greenpeace per chiedere una radicale revisione della strategia energetica basata sull’estrazione di petrolio e gas dai fondali marini (per firmare la petizione clicca qui).

Greenpeace ricorda che soltanto fra il 3 e il 12 giugno il Ministero dell’Ambiente ha autorizzato 11 progetti di prospezione di idrocarburi in mare con la tecnica dell’airgun. L’area concessa ai petrolieri copre tutto l’Adriatico e parte significativa dello Ionio. Nelle settimane precedenti un’altra serie di autorizzazioni aveva aperto la strada a un nuovo pozzo di ricerca, dieci pozzi di estrazione e all’installazione di una piattaforma a soli sei chilometri dalle coste abruzzesi.

L’assalto ai mari italiani prosegue poi nel Canale di Sicilia, dove stanno per sorgere due nuove piattaforme e dove sono state autorizzate altre prospezioni con gli airgun.

Secondo le stime del ministero per lo Sviluppo Economico – argomenta l’associazione – le riserve certe di petrolio sotto i nostri fondali equivalgono a meno di due mesi di consumi nazionali. Riempire i nostri mari di trivelle, dunque, non ridurrebbe la dipendenza energetica dell’Italia dall’estero e inoltre questo petrolio o gas sarebbe messo sul mercato internazionale e non consumato direttamente entro confine.

Il Governo Renzi cambi strategia e le Regioni e i governi locali si oppongano con ogni mezzo a loro disposizione alla petrolizzazione dei mari italiani: ne va dei nostri ecosistemi, del turismo, della pesca, della salute delle comunità costiere e di noi tutti”, ha dichiarato Andrea Boraschicampagna Energia e Clima di Greenpeace Italia.

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