Centrale di Vado Ligure: 86 indagati tra dirigenti, amministratori pubblici e ministeriali

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Sei i capi di imputazione dopo 3 anni di indagini, tra cui disastro ambientale colposo e abuso d’ufficio. Coinvolti dirigenti della centrale a carbone Tirreno Power, amministratori pubblici e dirigenti ministeriali. L'accusa: sapevano dell'eccessivo inquinamento prodotto dalla centrale, ma hanno evitato di fare interventi per ridurlo, avvalendosi di interventi ad hoc delle istituzioni.

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Sono 86 gli indagati nell’inchiesta sulla centrale termoelettrica a carbone di Vado Ligure, in provincia di Savona, di proprietà della Tirreno Power, che gestiva operativamente l’impianto con valori emissivi nettamente superiori a quelli resi disponibili dalle migliori tecniche possibili nonostante avessero la possibilità tecnica ed economica. Questa l’accusa.

Sei sono i capi di imputazione dopo tre anni di indagini (diversi i nostri articoli sull’argomento; segnaliamo in particolare un articolo del 2011), tra cui disastro ambientale colposo e abuso d’ufficio, e che vedono coinvolti anche amministratori degli enti pubblici (Regione Liguria, provincia di Savona, sindaci che si sono alternato al Comune). Qui le 44 pagine (17 giugno) con le accuse a conclusione delle indagini preliminari.

Negli atti della Procura si legge che l’impianto ha fruttato agli azionisti (in particolare Gdf Suez, Sorgenia, Iren e Hera) circa 1 miliardo di euro di profitti e garantito la distribuzione effettiva di utili ai soci stimata ad almeno 700 milioni di euro. L’azienda – è l’accusa – non ha però reinvestito a sufficienza per ridurre l’inquinamento, anche grazie agli interventi ‘agevolativi‘ di politici e amministratori di Comuni, Provincia e Regione, a cui vengono contestati così l’abuso di ufficio e il disastro colposo aggravato.

A 40 tra amministratori e dirigenti della Tirreno Power in carica dal 1999 è stato contestato, per questo motivo, il reato di disastro ambientale e sanitario doloso aggravato dal verificarsi dell’evento. In particolare avrebbero omesso “volontariamente e consapevolmente di applicare le misure precauzionali necessarie a ridurre l’inquinamento assumendo decisioni finalizzate sempre e soltanto alle soluzioni più redditizie”. Solo nel maggio del 2014 l’azienda aveva proposto interventi migliorativi (per un costo pari a 100 milioni di euro). Un ravvedimento tardivo, visto che i Pm hanno valutato che la tempestiva riduzione dell’inquinamento dei due gruppi a carbone della centrale (VL3 e VL4 da 330 MW ciascuno) avrebbe potuto evitare 427 morti tra il 2000 e il 2007, 433 ricoveri patologie respiratorie o cardiovascolari di bambini, tra il 2005 e il 2010, e di 2161 adulti in cinque anni. Nel frattempo si stava anche progettando l’ampliamento della centrale con altri 460 MW alimentati a carbone che aveva già ottenuto la VIA del Ministero dell’Ambiente.

Nelle carte della Procura si legge che i due gruppi a carbone, sequestrati a marzo 2014, secondo gli stessi dati forniti dall’azienda (e forse anch’essi sottostimati), “provocavano emissioni massicce dei macroinquinanti con un quadro emissivo peggiorativo rispetto a quello conseguito dalla gestione Enel fin dalla fine degli anni 90, quando erano in esercizio quattro gruppi a carbone». Questo capo di imputazione è stato esteso anche a 28 tra amministratori e funzionari pubblici (inclusa la giunta Burlando e rappresentanti del Ministero dell’Ambiente) che avrebbero di fatto agevolato la società.

Per quanto riguarda gli amministratori pubblici, l’accusa è di disastro colposo aggravato dal verificarsi dell’evento. A questi viene contestato di non aver adottato il “principio di precauzione” e di non aver imposto “l’uso delle Migliori Tecnologie Disponibili” anche se, secondo l’accusa, erano a “doverosa conoscenza del dato scientifico validato secondo il quale la combustione del carbone provoca con certezza un incremento di morbilità e di mortalità e sebbene disponessero anche di studi sanitari focalizzati sulla situazione locale, che individuavano la Centrale come un’importante fonte di danno alla pubblica incolumità e di disastro ambientale”.

Per abuso d’ufficio sono coinvolti pubblici amministratori e funzionari, inclusa l’intera giunta Burlando, gli assessori e funzionari della Provincia, del Ministero dell’Ambiente (Mariano Grillo) e di otto componenti della commissione ministeriale Integrated pollution prevention and control (Ippc) e di tre di quella VIA. Secondo i pubblici ministeri, avrebbero procurato un vantaggio economico a Tirreno Power consentendo di protrarre l’esercizio dei due gruppi a carbone senza i necessari adeguamenti impiantistici e gestionali per ridurre l’impatto ambientale. Avrebbero cioè concesso le “autorizzazioni necessarie a consentire la lucrosa ripresa dell’attività produttiva dei gruppi a carbone esistente alle condizioni dettate dall’azienda”.

L’accusa di omicidio colposo plurimo è stata inoltre contestata ad alcuni dirigenti e ad alcuni amministratori e funzionari locali per aver permesso, tra il 2000 e il 2007, una gestione della centrale che ha provocato, come detto, un “numero di vittime accertato in modo conservativo non inferiore a 427”.

Inoltre, questo comportamento da parte degli enti pubblici e dei dirigenti dell’azienda sembrerebbe, stando all’accusa, essere stato reiterato in tempi recenti, cioè anche quando amministratori e funzionari erano stati informati “dei risultati raggiunti attraverso la consulenza disposta dal pubblico ministero circa la concreta entità del disastro ambientale e sanitario già verificatosi per cause attribuibili alla centrale”. E invece di prendere provvedimenti per ridurre le emissioni dei gruppi della centrale, hanno portato avanti l’iter per il rilascio della nuova Autorizzazione Ambientale Integrata (AIA) per la centrale di Vado. Le delibere di settembre 2014 avevano dato parere positivo per il rinnovo.

Sotto la pressione della Procura di Savona e dei comitati locali e ambientalisti, nel settembre del 2013 Tirreno Power, tramite il proprio ufficio stampa, comunicava che “quanto emerso da alcuni media locali non è coerente con i dati ambientali disponibili, che sono numerosi e pubblici, ed evidenziano una buona qualità dell’aria complessiva del territorio savonese che pongono la provincia di Savona tra le migliori in Italia. Tirreno Power svolge la propria attività produttiva nel rispetto delle normative secondo quanto previsto in termini di tutela dell’ambiente”.

Poi, al tempo del sequestro dei due gruppi a carbone (marzo 2014), l’azienda si è difesa sostenendo che gli studi dei consulenti di parte avevano delle criticità. “Non sono mai stati sottoposti a un contraddittorio, non si comprende quale sia stato il metodo di valutazione di esposizione agli inquinanti. Tale mancanza di chiarezza è accompagnata dall’assenza della doverosa analisi di robustezza, di sensitività e quindi di affidabilità globale del metodo adottato. Anche per questo motivo non si può affermare in concreto alcun nesso di causalità tra morti, malattie ed emissioni”. Secondo l’azienda nelle perizie dei consulenti della procura mancherebbe anche lo studio della ricaduta a terra delle particelle inquinanti.

Ricordiamo che oggi in Italia il 12,9% dell’energia elettrica si fa con il carbone (sono 16 milioni le tonnellate importate), che è causa di oltre il 30% delle emissioni totali di CO2 nel nostro paese. Se il governo volesse intraprendere una seria politica per il clima e per le rinnovabili questa quota andrebbe totalmente sostituita entro pochissimi anni con energia pulita fatta in casa, grazie a concrete politiche a favore dell’efficienza energetica e delle rinnovabili. Il resto sarebbero solo chiacchiere.

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