Emissioni in calo già dal 2020 se si eliminano i sussidi alle energie fossili

Dal nuovo report dell'Agenzia internazionale per l'energia arriva un messaggio molto forte in vista della Cop 21 di Parigi: le emissioni mondiali potrebbero iniziare a calare già nel giro di 5 anni e senza costi aggiuntivi, ma per farlo bisogna eliminare gli aiuti alle fonti fossili e aumentare gli impegni nazionali anche su efficienza e rinnovabili.

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Le emissioni mondiali potrebbero iniziare a calare già nel giro di 5 anni e senza costi aggiuntivi. Ma solo se i governi taglieranno i sussidi alle fonti fossili, evitando di costruire nuove centrali a carbone e puntando su rinnovabili ed efficienza energetica. Le buone notizie per la lotta la clima non mancano ma gli impegni che i governi stanno mettendo sul tavolo non sono sufficienti ad evitare gli effetti più devastanti del riscaldamento globale. È un messaggio molto forte quello lanciato in vista della Cop 21 di Parigi dall’Agenzia internazionale per l’energia (IEA) nel suo nuovo World Energy Outlook Special Report on Energy and Climate Change (allegato in basso).

Il dossier si apre con po’ di dati incoraggianti. Si conferma il fatto che nel 2014 per la prima volta, mentre il Pil è cresciuto del 3%, le emissioni legate all’energia (cioè quelle per trasporti, elettricità e usi termici) non sono aumentate (vedi grafico). L’intensità energetica mondiale si è ridotta del 2,3%.

Da notare la performance del più grande emettitore mondiale, la Cina: il primo grafico sotto mostra l’andamento delle emissioni in assoluto, il secondo l’evoluzione delle emissioni pro-capite e della carbon intensity, cioè del rapporto tra emissioni di CO2 legate all’energia e il Pil.

Le rinnovabili – sottolinea la IEA – hanno pesato quasi per il 50% della nuova potenza installata nel 2014 (grafico sotto), con Cina e Stati Uniti in testa per volumi, 270 miliardi di dollari investiti e costi delle tecnologie in continua diminuzione.

Con queste premesse – è il messaggio incoraggiante del report – il picco delle emissioni legate all’energia potrebbe essere raggiunto con un anticipo di 10 anni rispetto a quanto previsto negli scenari elaborati finora e necessari a contenere il riscaldamento globale entro i 2 °C dai livelli preindustriali. Affinché ciò accada però i governi devono impegnarsi su 5 linee di azione:

  • Ridurre progressivamente l’uso delle centrali meno efficienti e fermare le nuove realizzazione
  • Eliminare entro il 2030 i sussidi al consumo di energia da fossili
  • Ridurre le emissioni di metano nell’estrazione di gas e petrolio
  • Aumentare l’efficienza energetica nell’industria, nell’edilizia e nei trasporti
  • Aumentare gli investimenti in rinnovabili dai 270 miliardi del 2014 a 400 miliardi l’anno nel 2030.

A proposito dei sussidi alle fossili, nel documenti troviamo dati interessanti, riassunti nella mappa qui sotto. Ad oggi, si spiega, l’11% delle emissioni mondiali legate all’energia avviene in mercati dove c’è un prezzo della CO2 e il 13% delle emissioni è legato all’energia fossile a consumo sussidiato. Mentre il prezzo medio della CO2 è di 7 $ a tonnellata, la media degli incentivi impliciti è di ben 115 $/ton.

Se i governi seguissero le indicazioni della IEA ci sarebbe un distacco netto tra crescita economica ed emissioni di gas serra. E queste, come detto, inizierebbero a calare entro la fine del decennio e al 2030 si potrebbe registrare una riduzione della carbon intensity del 40%.

Al momento, alla luce degli impegni comunicati dalle varie nazioni – Intended Nationally Determined Contributions (INDC) – che il report analizza nel dettaglio non riusceremo a fermare l’aumento delle emissioni nemmeno al 2030 e non avremmo la correzione di quella “traiettoria” necessaria per centrare l’obiettivo dei 2 °C.

Per questo motivo l’Agenzia, in vista di Parigi, invita a tagli della CO2 più ambiziosi che siano monitorati e rivisti ogni 5 anni e ad abbinare all’obiettivo sul clima un obiettivo specifico di lungo termine sul taglio delle emissioni.

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