Cibo, agricoltura ed energia, come ridurre gli sprechi

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Risparmiare energia nell’ambito agricolo e agro-industriale è possibile, evitando sprechi nella lavorazione delle colture, ma anche nel consumo di cibo. Molti interventi per l’efficienza energetica e l’uso di rinnovabili potrebbero ridurre i consumi del settore di quasi un terzo. Se ne è parlato in un incontro all’EXPO di Milano. Un video di QualEnergia.it

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A livello mondiale ogni anno il settore agricolo richiede oltre il 30% dei consumi totali di energia ed è causa del 22% delle emissioni. Se consideriamo che entro il 2050 la popolazione mondiale potrebbe superare i 9 miliardi, risulta evidente che per aumentare la disponibilità di cibo e ridurre, al tempo stesso, i danni ambientali causati dagli input chimici ed energetici dell’agricoltura, è necessario individuare nuovi metodi di produzione alimentare e aumentare l’efficienza dei sistemi primari.

E’ questo in estrema sintesi quanto emerso dal dibattito sull’innovazione del sistema agricolo e del rapporto tra energia e agricoltura, che si è tenuto nella Cascina Triulza all’interno dell’EXPO di Milano l’11 giugno scorso, durante un convegno organizzato da Aicarr, Bureau Veritas e la Fondazione Triulza. L’Associazione Italiana condizionamento dell’aria, riscaldamento e refrigerazione ha raccolto in un volumetto gli interventi sul tema di alcuni esperti del settore (vedi allegato in basso).

QualEnergia.it ha realizzato per l’occasione anche un video con interviste a Livio De Santoli (Presidente AICARR), Michele Fino (Professore Università di Scienze Gastronomiche), Carlo Alberto Campiotti (ENEA), Marco Mari (Bureau Veritas), Sergio Silvotti (Presidente Fondazione Triulza).

Le aziende agricole hanno diversi tipi di consumi energetici: elettrico (pompaggio, impianti di mungitura, illuminazione, refrigerazione, impianti di lavorazione e trasformazione dei prodotti agricoli, ecc.) termico (riscaldamento di serre, climatizzazione invernale, ecc.) e carburanti (macchine per la lavorazione della terra, raccolta dei prodotti, irrigazione, diffusione di trattamenti fitosanitari). Per la maggior parte questa domanda energetica viene soddisfatta da fonti fossili.

In Italia per il sistema agroalimentare, inteso nella sua accezione più ampia di agricoltura e agro-industria, l’ENEA ha stimato un consumo di energia finale pari a circa 17 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio). Di questi, 4,71 Mtep sono relativo al settore agricolo (2,74 Mtep diretti e 1,97 Mtep indiretti), e 12,08 Mtep all’industria (3,64 Mtep diretti e 8,44 Mtep indiretti).

Un dato da considerare, importante anche sotto l’aspetto socio-economico è rappresentato dagli sprechi alimentari. Secondo i dati Faostat 1/3 dei beni alimentari viene sprecato lungo le filiere della produzione, dell’industria alimentare e del consumo finale. Per l’Italia Coldiretti segnala uno spreco alimentare di 76 kg/anno pro-capite. La figura riportata di seguito mostra i dati di una valutazione ENEA anche sullo spreco nelle colture in serra e in campo. La maggior parte dello spreco riguarda le colture mai raccolte. In altri termini, quindi, potremmo parlare qui anche di sprechi energetici legati al cibo.

Nonostante in termini energetici il settore agricolo abbia consumi relativamente bassi (in Italia il settore copre il 2% dei consumi finali), in alcune filiere particolarmente energivore, come la serricoltura e l’acquacoltura, i costi di produzione collegati all’energia possono essere pari a circa il 10-15% del fatturato, raggiungendo in alcuni casi il 30%.

Con interventi di efficientamento energetico pensati specificamente per le PMI agricole – come interventi negli impianti a vapore (caldaie e sistemi di distribuzione del calore), nei sistemi ad aria compressa (implicati nell’essiccazione, nel convogliamento dei prodotti su nastri trasportatori, nel lavaggio e mondatura di frutta e verdura, confezionamento, ecc.), nei processi di raffreddamento e refrigerazione, nel riscaldamento e illuminazione degli impianti e degli edifici –  si potrebbe conseguire un risparmio che va dal 15 a 25% sul totale dell’energia attualmente consumata.

L’accesso alle tecnologie per l’efficienza energetica e alle fonti rinnovabili in ambito agricolo è ostacolato però da una serie di barriere di diverso tipo:

  • burocratico/giuridico: iter autorizzativi eccessivamente complessi, normativa di interpretazione non univoca, vincoli paesaggistici, ecc.;
  • sociale/conoscitivo: scarsa informazione sulle tecnologie basate sulle fonti rinnovabili e sui benefici conseguibili dalla loro integrazione nel sistema agroalimentare;
  • economico/finanziario: scarsa disponibilità di capitale proprio e difficoltà di accesso al credito.

Inoltre nell’ambito dei sistemi di incentivazione (conto termico e meccanismo dei certificati bianchi), le imprese agricole ancora non riescono ad individuare strumenti funzionali alle proprie caratteristiche e al proprio ruolo.

Bisognerebbe dunque colmare questo gap normativo. Il sistema dei certificati bianchi, hanno spiegato alcuni esperti presenti all’incontro di Milano, andrebbe rivisto nel suo complesso anche in funzione di alcune specificità del settore agricolo, molte delle quali tipiche delle piccole e medie imprese. Ad esempio le taglie minime necessarie al conseguimento del diritto ai certificati rappresentano spesso un ostacolo per l’accesso a questo sistema.

Energy and Food Communities” (pdf – 7,6 Mb)

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