Nella piovosa Edimburgo il fotovoltaico si fa comunitario

La capitale della Scozia ha lanciato quello che dovrebbe essere il più grande progetto di solare collettivo in Gran Bretagna. Ricoprirà gli edifici pubblici di impianti fotovoltaici dei quali saranno proprietari, attraverso l'azionariato diffuso, gli abitanti della città. Una strada promettente per dispiegare una delle tante potenzialità del solare.

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Se si pensa a una città con le carte in regola per diventare leader del fotovoltaico, difficilmente verrebbe in mente Edimburgo, la piovoso capitale della Scozia; oltre il 55° parallelo e con una radiazione solare tra 850 e 950 kWh, da due terzi a quasi la metà di quella che si ha nelle zone più assolate del nostro Paese. Eppure la città scozzese ha deciso di lanciare quello che dovrebbe essere il più grande progetto di ‘solare collettivo’ della Gran Bretagna.

La municipalità, assieme alla Edinburgh Community Solar Cooperative (ECSC) e con il supporto di Energy4All tappezzerà di moduli fotovoltaici le scuole e gli altri edifici pubblici di Edimburgo. Gli impianti saranno destinati principalmente a soddisfare il fabbisogno energetico degli edifici su cui saranno installati, mentre l’elettricità in eccesso verrà venduta alla rete.

A finanziare gli impianti e a godere dei benefici economici saranno gli stessi edimburghesi che decideranno di partecipare al programma di azionariato diffuso (qui i dettagli del programma).

“Edimburgo al momento è piuttosto in basso nelle classifiche delle città con più fotovoltaico installato e questo dipende anche dal fatto che molti abitanti vivono in appartamenti in affitto e non hanno dunque la disponibilità del proprio tetto – si legge sul sito del progetto – ECSC darà la possibilità ai cittadini di Edimburgo di possedere collettivamente moduli solari e fare anche qualcosa di buono per il clima.”

Nella prima fase del programma si punta a “solarizzare” 25 edifici, evitando cosi 855 tonnellate di CO2 all’anno. Ma il progetto non si limita a ridurre le emissioni: i profitti generati, grazie anche agli incentivi governativi, maggiorati per i progetti comunitari e ai costi ridotti per l’economia di scala, – oltre a remunerare l’investimento dei cittadini partecipanti saranno usati per combattere la povertà energetica, cioè per ridurre le bollette di chi non riesce a pagarle.

L’interesse che riceverà chi acquista le azioni di questi impianti – in vendita da quest’estate – sarà al massimo del 5% e i profitti in eccesso saranno destinati a un fondo comunitario, il Community Benefit Found.

Infine, molti di questi impianti, specialmente quelli realizzati sulle scuole, saranno usati anche a scopi didattici, monitorati in tempo reale, serviranno agli studenti per imparare cos’è l’energia rinnovabile e come funziona la tecnologia fotovoltaica.

Quella della proprietà e gestione condivisa, anche attraverso gli enti locali come è in questo caso, sembra una delle strade più interessanti per dispiegare le potenzialità del fotovoltaico. Un recente studio del National Renewable Energy Laboratory, noto centro studi governativo statunitense, mostra che, rimuovendo i vari ostacoli normativi, gli impianti a proprietà collettiva potrebbero far aumentare anche di quasi il 50% il mercato del fotovoltaico distribuito.

Ad esempio negli Stati Uniti (ma la situazione non dovrebbe essere molto diversa in Italia e nel Regno Unito), il 49% delle abitazioni e il 48% delle imprese non sono nella condizione di dotarsi di un impianto FV proprio per diversi motivi: mancanza di un tetto idoneo e non ombreggiato, di accesso alla copertura perché ad esempio si vive in condomino, ecc. Il solare collettivo potrebbe essere allora una soluzione.

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