Eolico d’alta quota, un network per andare oltre l’eterna promessa

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Nonostante il grande potenziale, l'eolico d'alta quota da anni è ormai fermo poco più che alla fase sperimentale. Prova ora a sbloccare la situazione HWN500, un raggruppamento di imprese industriali, finanziarie, tecnologiche e di università nato per risolvere i punti critici delle diverse tecnologie dell'eolico ad alta quota.

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Ci sono tecnologie nel campo delle energie rinnovabili che ricordano un po’ certe “promesse dello sport”: atleti validi che però, con il passare del tempo, restano sempre “promettenti”, senza diventare quei campioni che sembrava all’inizio. Una di queste è sicuramente l’eolico ad alta quota (EAQ), cioè quei sistemi che “pescano” il vento a centinaia o migliaia di metri di altezza, dove è più forte e costante, usando sistemi come aquiloni, dirigibili o alianti con turbine a bordo, evitando pesanti, vistose e costose infrastrutture a terra.

L’idea in teoria è ottima: a che serve costruire torri di centinaia di metri di altezza, quando puoi mandare su un semplice aquilone a fare lo stesso lavoro della pala della turbina, a una frazione del costo e dell’impatto visivo? In pratica, però, nonostante l’EAQ si aggiri fra noi da oltre trenta anni, non c’è ancora una centrale di questo tipo che immetta in rete elettricità.

In Italia conosciamo bene l’esperienza di KiteGen. Nonostante sia ancora in fase di (eterno) prototipo, qualche anno fa si propose addirittura applicarlo per  alimentare la fabbrica sarda di alluminio dell’Alcoa, a prezzi concorrenziali. Non fu preso sul serio e da allora di KiteGen e di eventuali altri loro progressi si sono perse un po’ le tracce. Meno noto è che anche nel nord Europa l’idea dell’EAQ ha affascinato diversi inventori privati e Università, ma anche lì, dopo tanti anni di promesse e prototipi, non è che le cose siano andate molto avanti.

Prova ora a sbloccare la situazione HWN500,(“HöhenWindNetzwerk “, cioè “Il network del vento in altitudine”) un raggruppamento di imprese industriali, finanziarie, tecnologiche e di università, soprattutto tedesche, che, mettendo insieme una vasta gamma di conoscenze ed esperienze, vorrebbe promuovere progetti di ricerca e sviluppo per risolvere i vari punti critici delle tecnologie EAQ.

Al network partecipano al momento quattro diversi progetti EAQ. Una, Skysails, che produce aquiloni da collegare alle navi per farle trainare dal vento, risparmiando carburante, ha ora realizzato un prototipo di EAQ offshore, con un aquilone manovrato in automatico da un servomotore posto vicino ad esso, che fa dei grandi 8 in cielo, svolgendo un cavo attaccato ad un rocchetto collegato a un alternatore e posto su un palo piantato nel fondo marino. Il cavo, nel tratto di ritorno dell’aquilone, viene poi riavvolto da un motore elettrico.

Le altre tre, EnerKite, E-Kite e TwingTec, hanno invece sistemi basati sul sistema aquilone (o ali rigide) + rocchetto, ma con la manovra che avviene da terra tramite due cavi. Il vantaggio del primo sistema è una maggiore semplicità del sistema, pagata però con più rischi in caso di rottura dell’unico cavo che trattiene l’aquilone.

«Ma l’obbiettivo del nostro network non è di risolvere solo i problemi tecnici – ci spiega il direttore di NWH 500, Stefan Wilhelm – fra i partner ci sono anche esperti delle legislazioni internazionali, società che si occupano di finanziamenti, esperti di meteorologia, e istituti universitari. Insomma, ogni ostacolo che rallenti il perfezionamento di queste tecnologie e il loro arrivo sul mercato può trovare in HWN 500 un gruppo di esperti in grado di offrire una soluzione.»

Questa rete tedesca dovrebbe far superare l’era degli inventori solitari e un po’ originali, che finora sono riusciti a realizzare solo prototipi di pochi chilowatt, e cominciare a fare sul serio?

«Sì, perché se cominciamo a parlare dello sviluppo di prodotti per il pubblico e di centrali elettriche, le cose diventano decisamente più complicate del far volare un aquilone. Perfezionare la tecnologia è solo il primo passo, ma subito dopo si presentano problemi economici, legislativi, legali e persino sociali e di comunicazione, che il singolo operatore, difficilmente ha le capacità di affrontare.»

Ma non sarà, invece, che l’idea di andare a raccogliere il vento a centinaia o migliaia di metri di altezza sia bella sulla carta, ma nasconda dei problemi insolubili? Per esempio, avere degli oggetti in volo, non obbliga ad avere sempre del personale per controllarli 24 ore al giorno e 365 giorni all’anno, con i relativi costi, mentre le torri eoliche possono funzionare autonomamente?

«No, non è certo quello il problema principale: tutte le società che si occupano di EAQ prevedono modelli altamente automatizzati, in grado di badare ai sistemi per giorni senza intervento umano. E non direi neanche che non siano stati fatti grandi progressi. Per esempio Makani, società di EAQ acquistata da Google, recentemente ha presentato un modello da 600 kW, vicino insomma alla scala delle grandi turbine eoliche.»

Sì, però Makani non fa parte del vostro network e usa una tecnologia molto diversa dalle società che ne fanno parte. Makani porta in alto con un aliante direttamente le turbine eoliche; tutte le società in NWH 500, invece, usano il sistema dell’aquilone o ala rigida, collegata al rocchetto: c’è una ragione in questa uniformità?

«No, è solo che si sono per ora unite ad HWN500 solo compagnie che utilizzano questo tipo di tecnologia, che ha il vantaggio di mandare in alto, a rischio quindi di cadere, solo parti leggere e poco costose. Nulla vieta che in futuro arrivino in HWN 500 altri team con sistemi diversi. Comunque, anche fra quelli oggi presenti, le soluzioni differiscono in molti particolari: crediamo che questo approccio differenziato, sia una delle migliori garanzie del successo della nostra iniziativa.»

Spicca però l’assenza nel network dell’italiana KiteGen, che è l’unica, per ora ad aver costruito una piccola centrale EAQ a terra, mentre gli altri sperimentano ancora con piccoli dispositivi mobili.

«KiteGen è ben nota nell’ambiente dell’EAQ e anche per loro le porte sono aperte, se vorranno entrare a far parte del nostro network.»

Ma non sarà che continuando ad aspettare e aspettare, l’eolico convenzionale, diventando sempre più economico e standardizzato, eroderà i vantaggi che aveva l’EAQ?

«Innanzitutto l’EAQ punta a produrre diversi prodotti per diversi mercati, non solo centrali di potenza. Ad esempio, anche sistemi per produrre elettricità in situazioni temporanee o di emergenza, il che rende un confronto con le turbine eoliche tradizionali poco fattibile. Ma anche parlando solo della produzione su larga scala per la rete, il Fraunhofer Institute IWES, che fa parte del nostro network, ha realizzato recentemente uno studio di fattibilità che conclude come i sistemi EAQ con aquilone, abbiano un grande margine di vantaggio economico su quelli con torri e turbine, anche se il lavoro da fare per ottimizzarli è ancora molto. E proprio per questo è stato creato HWN500.»

E allora quale dei progetti rappresentati nel vostro network, e quando, riuscirà per primo a immettere il primo chilowattora in rete?

«Su questo non posso rispondere per motivi di riservatezza e correttezza verso i nostri associati.»

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