Come riqualificare un edificio senza capitale iniziale

C'è un giacimento enorme cui si può attingere migliorando le prestazioni energetiche degli edifici, ma per sfruttarlo bisogna investire. Un forte incremento delle risorse pubbliche è improbabile, occorre quindi rivolgersi al capitale privato, pensando a modalità nuove di finanziamento. Qualche interessante esempio dall'estero.

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L’accelerazione dei programmi di riqualificazione energetica dell’edilizia impone un salto di qualità nell’accesso alle risorse finanziarie. Finora gli Stati hanno avviato diverse modalità di incentivazione, dai contributi in conto capitale, ai mutui agevolati, alle detrazioni fiscali. Non è però immaginabile, in una fase di difficoltà economica come l’attuale, un forte incremento delle risorse pubbliche. Occorre quindi rivolgersi al capitale privato, pensando a modalità nuove di finanziamento.

Già esistono diversi programmi che puntano a finanziare gli interventi con risorse private, recuperate grazie ai risparmi energetici ottenuti. Questa è la strategia utilizzata dalle Energy Service Company (ESCo), società che effettuano interventi di riduzione dei consumi, assumendosi il rischio delle iniziative. Guardando in grande, si tratta di trasferire una quota delle centinaia di miliardi di euro assorbite dalle spese energetiche del settore civile per avviare una profonda opera di riqualificazione, attivando un circuito virtuoso che usi i risparmi energetici ottenibili come leva per un’anticipazione dei capitali necessari.

Un modello ormai consolidato negli Usa è il PACE (Property-Assessed Clean Energy, vedi QualEnergia.it), messo a punto nel 2008 e adottato ormai in larga parte degli Stati Uniti. Il 28 gennaio 2014 è stato il sindaco Eric Garcetti  a festeggiare la riqualificazione dell’Hotel Hilton di Los Angeles: un investimento di 7 milioni di dollari ottenuto con questo programma che grazie alla riduzione dei consumi di energia e di acqua, garantirà risparmi annui di 0,8 milioni di dollari.

Come funziona il programma PACE? Il Comune contrae un prestito obbligazionario (emette dei bond) costituendo in tal modo un fondo per finanziare efficienza e rinnovabili. I proprietari degli immobili accedono a questo fondo e ripagano il prestito al Comune nell’arco di 10-20 anni tramite un’addizionale sulla imposta immobiliare (la Imu locale). L’impegno a ripagare è legato all’edificio e non al proprietario, per  cui in caso di vendita, passa al nuovo inquilino.

Si tratta di una soluzione che consente di godere dei vantaggi dei minori consumi fin dal primo anno, considerato che l’addizionale da pagare risulta più bassa della riduzione delle bollette energetiche ottenuta grazie agli interventi di riqualificazione. D’altra parte, sul fronte dei finanziatori, i privati e i fondi che hanno investito acquisendo i bond hanno la garanzia di ottenere interessi certi e appetibili. Dunque, un circuito virtuoso nel quale tutti sono soddisfatti, grazie ad un intelligente meccanismo di ingegneria finanziaria e ad un efficace rapporto tra  soggetti pubblici e privati.

In Europa, un’impostazione simile è stata tentata in Gran Bretagna con il programma Green Deal (vedi qui), partito con grandi ambizioni, ma gestito male ha avuto esiti poco incoraggianti.

Un’esperienza di successo è invece quella dell’olandese Energiesprong. Per Jasper van den Munckhof, il suo responsabile, la situazione è chiara: “Noi diciamo ai costruttori che i loro reali competitori sono le aziende energetiche. Sono i soldi che loro ricavano dalle bollette che dobbiamo utilizzare. In Olanda parliamo di 13 miliardi di euro all’anno. Se si utilizzassero per attivare un mutuo trentennale avremmo 225 miliardi € da investire. Quindi 30-40.000 € per azzerare i consumi di un appartamento”.

Energiesprong ha svolto negli ultimi anni un ruolo di coordinamento tra banche, assicurazioni, aziende costruttrici e associazioni delle case popolari riuscendo ad attivare un meccanismo di finanziamento virtuoso senza bisogno di incentivi pubblici e senza anticipazione di capitale da parte dei proprietari. Il modello ha funzionato così bene che si punta ora ad esportarlo in Francia e Gran Bretagna.

Questo articolo è un estratto dal nuovo libro di Gianni Silvestrini, “2 °C. Innovazioni radicali per vincere la sfida del clima e trasformare l’economia”, Edizioni Ambiente, febbraio 2015.

www.duegradi.it è il sito dedicato al libro. L’estratto è stato pubblicato con il consenso della casa editrice.

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