Verso l’Enciclica di Papa Francesco su ambiente e clima

  • 25 Maggio 2015

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Si è tenuto il 20 maggio nell’aula magna della Pontificia Università della Santa Croce il convegno “The New Climate Economy: How Economic Growth and Sustanability Can Go Hand in Hand” che precede l’imminente Enciclica di Papa Francesco. Le posizioni dei diversi relatori.

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Si è tenuto il 20 maggio nell’aula magna della Pontificia Università della Santa Croce il convegno “The New Climate Economy: How Economic Growth and Sustanability Can Go Hand in Hand” che precede l’imminente Enciclica di Papa Francesco incentrata sul cambiamento climatico. Il convegno prende spunto anche dal recente report “Better Growth, Better Climate” della Global Commission on the Economy and Climate, dove si sostiene la tesi che le azioni da intraprendere per contrastare e rallentare il cambiamento climatico possono essere anche di stimolo alla crescita economica, specialmente in un’ottica di sostenibilità. Il Vaticano accoglie la tesi della Global Commission, e ne proietta i contenuti verso il futuro e le nuove generazioni.

L’apertura dell’incontro è stata lasciata al Cardinale Peter Turkson, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace (vedi anche intervista su QualEnergia) che ha evidenziato gli effetti dannosi per l’ambiente dei combustibili fossili. Turkson ha fatto notare come le conseguenze del cambiamento climatico sull’economia debbano essere visti anche come sfida e opportunità per costruire un modello di sviluppo differente.

Il Cardinale Donald Wuerl, Arcivescovo di Washington, invece, ha insistito sulla necessità di produrre “Good Goods”, ossia letteralmente dei “Buoni Beni”, cioè prodotti che nell’ambito della loro filiera produttiva rispettino una lavorazione sostenibile e che siano in grado di dare benefici a tutte le figure coinvolte nel processo. La tematica dei “Good Goods” è inserita in un concetto più ampio di cambiamento delle tendenze del mercato del lavoro in cui il business non deve più essere l’unico obiettivo ad ogni costo. Nella produzione delle merci serve infatti un percorso che renda conto dei valori umani e ambientali serviti a creare il profitto.

Ha preso poi la parola Felipe Calderòn, ex Presidente del Messico e attualmente a capo della Global Commission on the Economy and Climate. Calderòn ha parlato di diritti e di beni comuni. Secondo il politico messicano il cambiamento climatico esiste e ha effetti reali, spesso disastrosi, che oggi vengono pagati molto di più dai paesi poveri del mondo rispetto a quelli che lo hanno causato con la loro attività nell’ultimo secolo. Proprio sui paesi emergenti, secondo Calderòn, si dovrebbe intraprendere una politica per una transizione energetica che si orienti verso le fonti rinnovabili e abbandoni quelle fossili. Evidenzia  inoltre, la necessità di rivedere le nostre abitudini e i modelli di vita, come quelli che riguardano le abitazioni e i trasporti, particolarmente energivori, soprattutto alla luce del costante aumento della popolazione mondiale. E’ qui che dalla classe dirigente e dalla politica di tutti i paesi deve arrivare un segnale forte.

Paul Polman, Ceo di Unilever, evidenzia il problema della crisi morale in atto, più che di quella finanziaria. Polman ritiene, infatti, che i cambiamenti climatici sono un problema economico ma soprattutto: sono le classi più svantaggiate quelle che pagano maggiormente in termini i disastri e i dissesti ambientali. Per questo lo sviluppo di un’economia sostenibile non è rimandabile, ha spiegato, e la nuova economia dovrà avere necessariamente un’impronta verde, così come il sistema energetico, e con un coinvolgimento attivo soprattutto delle nuove generazioni.

L’amministratrice del gruppo bancario e finanziario HSBC, Naina Lal Kidwai, fa eco alle parole di Polman, affermando quanto sia importante che lo sviluppo tecnologico sia concretamente sostenibile e quanto sia fondamentale che economie emergenti come Cina, Brasile e India investano con attenzione sempre maggiore sulla qualità della vita delle loro comunità e sulla protezione dell’ambiente.

Anche Jeremy Oppenheim, direttore di McKinsey & Co., pone l’accento su come le buone pratiche e lo sviluppo sostenibile debbano tracciare la nuova linea della sostenibilità. Inoltre sostiene che l’innovazione tecnologica e lo sviluppo scientifico debbano tendere verso il benessere dell’ambiente in maniera attiva.

Il Ministro del Commercio con l’estero e coordinatore dello sviluppo olandese, Liliane Ploumen, ha affrontato la questione della cooperazione internazionale su queste tematiche e ha ricordato l’importanza della Conferenza di Parigi, che deve essere però solo una tappa di un percorso molto più duraturo.

Ha chiuso l’incontro Andrew Steer, presidente e CEO del World Resources Institute (WRI), che ha ricordato a tutti come la Chiesa Cattolica abbia ormai un ruolo di primo piano nella sfida al global warming: perché proteggere l’ambiente significa proteggere le persone.

La sostenibilità e lo sviluppo economico sono argomenti che dovrebbero svilupparsi e procedere insieme, con una sinergia e un’unione di intenti del mondo politico, economico, delle comunità mondiali, e anche di quelle religiose. Questo, in sintesi, il messaggio che possiamo della conferenza.

Nota a cura di Nicholas Ciuferri, ufficio stampa Kyoto Club

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