Sempre più elettricità per internet: il 12% entro il 2017?

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Il crescente uso di internet ha portato a far diventare il costo dell'elettricità una componente di spesa sempre più ingente per i data center. Alcuni di questi stanno optando per un approvvigionamento energetico basato sulle rinnovabili. Un report di Greenpeace analizza la notevole domanda energetica necessaria per i servizi ICT.

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Se le infrastrutture digitali fossero uno Stato, sarebbero il sesto più grande consumatore di energia al mondo. Gli utenti presenti in rete hanno raggiunto i 3 miliardi nel 2014 e, secondo alcune previsioni, le connessioni in banda larga tramite dispositivi mobili raggiungeranno presumibilmente i 7,6 miliardi nel 2020. Ma se da una parte svolgendo in rete molte delle nostre attività giornaliere riduciamo le emissioni di CO2 che immetteremmo sposandoci con i mezzi tradizionali per raggiungere uffici pubblici, privati o la nostra sede di lavoro, dall’altra aumentiamo inevitabilmente i consumi elettrici e le emissioni, quest’ultime legate al tipo di produzione energetica utilizzato.

Negli anni, quindi, sarà sempre più necessario soddisfare la crescente domanda elettrica proveniente dal mondo dell’ICT – Information and Communication Technology – con energia prodotta da fonti rinnovabili. Ad oggi i provider più ‘sensibili’ a questa necessità sono Apple, che utilizza il 100% di energia rinnovabile per alimentare iCloud, Yahoo, Facebook e Google, che alimentano i loro data center rispettivamente con il 73, 49 e 46% di energia rinnovabile.

È questo, in estrema sintesi, quanto emerge dal report di Greenpeace Clicking Clean: A Guide to Building the Green Internet‘ (vedi allegato in basso), in cui l’associazione ambientalista ha analizzato, a partire dal 2010, la domanda energetica proveniente da Internet e la relativa scelta dei provider sulla tecnologia con cui produrre l’energia necessaria.

Ci si aspetta che la percentuale di consumo di elettricità a livello globale dovuta all’utilizzo di servizi ICT sfiori il 9% nel 2017 (pari a 2.500 TWh), ma potrebbe anche arrivare al 12% nello scenario peggiore o scendere sotto il 7% nell’ipotesi migliore (vedi grafico).

Secondo i dati raccolti da Greenpeace, il principale driver della crescita del traffico internet, e quindi dell’aumento della quantità di dati da gestire, è costituito dal video streaming, che costituisce oggi oltre il 60% del traffico internet, una percentuale che si stima possa arrivare al 76% entro il 2018 trascinata dalla crescita di servizi come Youtube o Netflix. Per i data center che offrono questi servizi il costo dell’elettricità costituisce la componente di spesa più alta.

Come detto, la Apple, tra le compagnie prese in esame, resta la più determinata nell’impegnarsi ad alimentare i propri data center con energia rinnovabile. Grazie agli investimenti degli anni passati e a quelli programmati per il prossimo futuro – tra cui un accordo da 850 milioni di dollari per alimentare le sue attività in California – Apple sembra essere in grado di raggiungere l’obiettivo di alimentare il proprio iCloud per un altro anno con energia 100% rinnovabile, ma non è la sola ad aver riconosciuto questa necessità.

Tra gli operatori di data centers del nord America, circa l’84% ha recentemente riscontrato l’esigenza di ricorrere alle energie rinnovabili per soddisfare il proprio fabbisogno elettrico riducendo i costi e anche molti altri operatori del settore nei mercati europei e statunitensi hanno compreso i vantaggi economici e ambientali di queste tecnologie. Il principale traino in questa transizione sono i prezzi sempre più competitivi dell’energia rinnovabile, che permetterebbero agli ICT provider di soddisfare il proprio fabbisogno elettrico con una spesa inferiore. Basti ricordare che il costo dell’energia solare è crollato a livello globale di circa l’80% dal 2008.

Cosa impedisce quindi un deciso cambio di marcia nell’approvvigionamento energetico dei data center?

Secondo il report di Greenpeace, un forte freno è costituito dalla mancanza di libero accesso alle energie rinnovabili in alcuni mercati chiave per il settore dei data center. Qui le utility locali, spesso di proprietà dello Stato, impediscono di fatto la realizzazione di una rete internet alimentata da energia verde, mantenendo il carbone al centro del proprio mix energetico e lasciando alle rinnovabili solo un ruolo marginale. 

È il caso del North Carolina (Duke Energy), della Virginia (Dominion Power) – epicentro della crescita dei data center USA – e della Georgia (Southern Company) negli Stati Uniti, o delle utility asiatiche come Taipower a Taiwan. Nonostante alcune di queste utility abbiano recentemente promulgato programmi tariffari energetici per promuovere l’utilizzo di energie rinnovabili, molti data center non hanno adottato queste soluzioni, perché nel costo complessivo era sempre previsto un sovrapprezzo che annullava di fatto il risparmio dovuto all’adozione di energie rinnovabili.

Alla luce di quanto emerso dal suo report, Greenpeace chiede a tutte le più grandi compagnie del settore ICT di sottoscrivere un obiettivo comune di lungo termine per alimentare ogni loro attività al 100% con energia rinnovabile e di impegnarsi per una politica trasparente sui loro consumi energetici, permettendo a clienti e investitori di valutare i progressi fatti verso il raggiungimento di questo obiettivo.

Clicking Clean: A Guide to Building the Green Internet (pdf)

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