La (prossima) rivoluzione energetica è nell’edilizia

Dopo la rivoluzione del settore elettrico, toccherà a quello delle costruzioni. Come incrementare la qualità e la quantità degli interventi di efficienza nell’edilizia, stimolare l’innovazione di prodotto e di processo e aumentare l’occupazione: l’industrializzazione della riqualificazione energetica e nuovi modelli di ingegneria finanziaria.

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Dopo la profonda mutazione della fisionomia del mondo elettrico, quello delle costruzioni sarà il prossimo settore a dovere trasformarsi di fronte alla sfida delle prestazioni energetiche richieste alla nuova edilizia e della riqualificazione energetica spinta del patrimonio esistente.

Visto che dal 2021 tutti i nuovi edifici europei dovranno avere consumi energetici “vicini a zero”, si dovranno realizzare costruzioni 10 volte meno energivore rispetto alla media degli edifici in cui abitiamo. 

Ma la vera partita riguarderà la riqualificazione del patrimonio esistente coerente con lo scenario europeo che prevede una riduzione dell’80% entro il 2050 delle emissioni di anidride carbonica. Un risultato che, oltre agli obbiettivi climatici consentirà di aumentare la sicurezza energetica del continente (Deep renovation of buildings, Ecofys, 2014). Nel grafico gli effetti di una politica di riqualificazione energetica del parco edilizio europeo sui consumi di gas e sulla dipendenza dall’estero (Fonte: Ecofys).

Per ottenere questi risultati, occorrerà progressivamente arrivare a risultati 10 volte superiori agli attuali. Oggi, infatti, ogni anno viene riqualificata una superficie pari all’1% del totale, con miglioramenti energetici dell’ordine del 15-25%, generalmente su singoli appartamenti. La nuova fase, invece, impone un’accelerazione sia del numero di interventi, che dovranno più che raddoppiare, che della loro incisività: dalle singole misure (finestre, caldaia, isolamento, ecc.) si dovrà passare alla “deep renovation”, cioè alla riqualificazione spinta di interi edifici, con risparmi dell’ordine del 60-80%.

Nel giro di un paio di decenni bisognerà dunque progressivamente aumentare di 2-3 volte le superfici da risanare e triplicare i risparmi specifici di energia

Ma è possibile raggiungere questi impegnativi risultati considerando che quello delle costruzioni non è un settore particolarmente aperto al cambiamento e che non è prevedibile una forte espansione del sostegno pubblico? Nuove modalità costruttive, l’uso di tecnologie e materiali ad elevate prestazioni e l’introduzione di specifiche modalità di finanziamento potrebbero creare un contesto in grado di aprire insospettate opportunità.

Considerando la profonda crisi in cui versa il settore edilizio, questa evoluzione finirà anzi col rappresentare la sola e vera occasione di rilancio. Come per le utility, il mondo delle costruzioni dovrà ripensarsi. Le imprese che lo faranno per prime, saranno in grado di imporsi sul mercato.

La certificazione energetico ambientale per garantire la qualità

Prima di passare alle possibili novità è opportuno sottolineare l’importanza del controllo dei risultati, dalla certificazione energetica al monitoraggio più o meno sofisticato dei consumi.

L’informazione rappresenta, infatti, uno strumento fondamentale per orientare le scelte dei cittadini, come ricorda il successo dell’etichettatura degli elettrodomestici.

La certificazione energetica degli edifici, per i ritardi del Governo nel definire regole valide per tutto il territorio nazionale, la carenza dei controlli, la diffusione di pratiche truffaldine ha fortemente ridotto l’efficacia di questa misura. Purtroppo questa opacità ha finito con il mettere in dubbio la qualità di una parte dei due milioni di certificazioni effettuate in Italia negli ultimi anni.

Proprio questa situazione rende interessanti le certificazioni volontarie validate a livello internazionale, come il protocollo LEED promosso dal Green Building Council, che analizzano parametri energetici, ambientali e sociali. Questo schema, adottato in 140 paesi, consente di validare la progettazione, la costruzione, la riqualificazione e la gestione degli edifici grazie ad uno standard aperto, trasparente, supportato da una vasta comunità scientifica e con un crescente riconoscimento da parte del mercato. Sono infatti 300 milioni i metri quadrati di superficie certificata LEED nel mondo.

Passare alla riqualificazione spinta degli edifici: fattore 10

La riqualificazione energetica è decollata nel nostro paese grazie alle detrazioni fiscali che hanno consentito di migliorare le prestazioni di 2,2 milioni di appartamenti negli ultimi otto anni. Un risultato positivo, ma del tutto insufficiente rispetto agli  obbiettivi di decarbonizzazione della UE.

Occorre dunque fare un salto di qualità. Per prima cosa, va aumentato il numero degli interventi. Si dovranno inoltre ridurre le ristrutturazioni di singoli appartamenti in edifici multipiano, intervento privilegiato con le detrazioni fiscali, e aumentare le riqualificazioni di interi edifici o di quartieri. La terza caratteristica di questa rivoluzione riguarderà il passaggio alla riqualificazione spinta degli edifici.

Nel grafico qui sotto sono indicati i risparmi energetici ottenibili con il proseguimento delle detrazioni fiscali al 2050 e quelli connessi a due scenari basati sulla progressivo spostamento verso la riqualificazione spinta degli edifici.

L’obbligo di riqualificare annualmente una superficie pari al 3% degli edifici governativi, previsto dalla Direttiva Efficienza, potrebbe rappresentare un’ottima occasione per sperimentare interventi esemplari. In realtà, per il 98% degli interventi sono previste misure parziali.

Affinché si possa avviare il salto di qualità descritto si dovranno sperimentare soluzioni organizzative e costruttive avanzate da parte di una filiera industriale integrata e andranno predisposti strumenti finanziari innovativi.

Verso l’industrializzazione della riqualificazione energetica

L’applicazione dei principi della digitalizzazione, modularità e standardizzazione può consentire un salto di qualità nella riqualificazione che implica significativi cambiamenti organizzativi del settore edile. Una trasformazione che si dovrà accompagnare all’uso di soluzioni informatiche per monitorare e gestire i flussi energetici garantendo le prestazioni spinte previste.

Un interessante esempio viene dall’Olanda dove negli ultimi anni si è sviluppato un ambizioso programma attraverso un processo industrializzato della riqualificazione (Due Gradi, Silvestrini). L’impiego di elementi prefabbricati facilmente installabili consente di eseguire i lavori in edifici di 2-3 piani in soli dieci giorni. Un migliaio le ristrutturazioni sono in corso, nell’ambito di un ampio programma governativo di riqualificazione spinta di 111.000 appartamenti in case popolari.

L’affinamento di queste modalità di intervento ha consentito in tre anni di ridurre del 40% i costi e di passare da un dimezzamento dei consumi al concetto di “net zero energy” ottenuto con un taglio del 70% della domanda di climatizzazione e coprendo la quota restante con le rinnovabili.

Questa nuova impostazione sta rapidamente diffondendosi. In Francia è stato lanciato un bando volto a creare consorzi impegnati nella industrializzazione della riqualificazione energetica degli edifici (Méthodes industrielles pour la rénovation et la construction de bâtiments, Ademe, Appel à Manifestations d’Intérêt, 2014-16). E nell’ambito dei bandi Horizon 2020, sono diversi i progetti presentati che sposano questa filosofia.

Finanza innovativa e nuove forme di incentivazione

Nell’attuale fase di difficoltà economiche non è pensabile che le risorse pubbliche da mettere a disposizione vengano fortemente incrementate. Occorre quindi rivolgersi, con modalità innovative, al capitale privato e vanno rimodulati in modo creativo gli incentivi. Ma, soprattutto vanno studiati modelli di ingegneria finanziaria che consentano di avviare le riqualificazioni senza dovere anticipare propri capitali.

Esistono, a livello internazionale, diversi interessanti programmi basati sul recupero dell’investimento grazie ai risparmi energetici conseguiti.

Uno di questi è il PACE, un modello messo a punto negli Usa che prevede l’emissione di bond da parte dei Comuni per finanziare efficienza e rinnovabili. I proprietari degli immobili accedono ad un fondo e ripagano il prestito, grazie alla riduzione dei consumi, nell’arco di 10-20 anni tramite un’addizionale sulla imposta immobiliare (la Imu locale). L’impegno è legato all’edificio, per cui in caso di vendita, esso passa al nuovo proprietario (Qualenergia.it).

Possibili novità si aprono anche in Italia con l’istituzione di un Fondo nazionale per l’efficienza energetica previsto dal decreto legislativo 102/14 che, se ben gestito, potrà attivare notevoli risorse private (Qualenergia.it)

Esistono poi anche altri canali. Ci sono innanzitutto 4 miliardi di euro della programmazione europea 2014-20 destinati in larga parte all’efficienza energetica, una cifra che verrà raddoppiata con il contributo nazionale.

Un altro strumento che si potrebbe esplorare riguarda i certificati bianchi. L’art. 8 del Decreto 28 dicembre 2012, pensato soprattutto per gli interventi industriali, prevede un particolare trattamento per i “grandi progetti”. Con opportune modifiche sul livello del risparmio minimo previsto e sul valore dei certificati bianchi attribuiti, si potrebbe estendere questa opzione agli interventi di riqualificazione spinta che prevedano una riduzione dei consumi almeno del 60% e una soglia minima di appartamenti coinvolti, in modo da stimolare programmi per interi palazzi o a livello di quartiere.

A dimostrazione che l’efficienza energetica sta diventando un’area di intervento sempre più interessante, va infine sottolineato il fatto che un numero crescente di fondi di investimento europei sta orientando notevoli risorse per progetti di risparmio di grande scala.

Come si vede, si aprono interessanti opportunità per incrementare la qualità e la quantità degli interventi di efficienza nell’edilizia, stimolare l’innovazione di prodotto e di processo, aumentare l’occupazione.

(Questo testo del nostro direttore scientifico è stato originariamente pubblicato nel saggio “Ambiente Italia 2015. Gli indicatori per capire l’Italia. Analisi e idee per uscire dalla crisi”, Edizioni Ambiente, febbraio 2015. È riprodotto qui con il consenso dell’editore.)

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