Clima, 43 grandi aziende chiedono più impegno. Tra queste c’è Enel

Impegni volontari e inviti all'azione per la COP21 di Parigi nella lettera spedita ai leader mondiali dagli amministratori delegati di 43 grandi aziende, con un fatturato totale di 1.200 miliardi di $. Unica italiana è Enel, che conferma la svolta verde, ma continua a far parte anche di lobby ancora decisamente poco attente a clima e rinnovabili.

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Il settore privato ha la responsabilità di impegnarsi nello sforzo globale per ridurre le emissioni di gas serra e aiutare la transizione a un’economia resiliente e low-carbon”. “Questa coalizione sollecita i leader mondiali ad arrivare a un accordo sul clima ambizioso alla COP 21, in linea con gli obiettivi post 2015 dei Sustainable Development Goals delle Nazioni Unite”.

Ci sono impegni volontari delle aziende rappresentate e inviti all’azione, nella lettera spedita da 43 amministratori delegati di grandi aziende ai leader mondiali in vista della Conferenza di Parigi, a dicembre di quest’anno. Tra i firmatari (vedi allegato in basso) giganti come Volvo, Accenture, Dow Chemical, Ericsson, HSBC, IKEA, Toshiba, GDF Suez e, unico nome italiano, Enel per mano dell’ad Francesco Starace.

La coalizione di 43 aziende, operative in 20 settori diversi, in 150 Paesi e con un fatturato cumulativo di 1.200 miliardi di dollari, mira a “catalizzare e aggregare l’azione e le iniziative di tutti i settori industriali, per portare soluzioni concrete al problema clima con innovazioni nelle loro pratiche, operazioni e policy”. Ai governi si offre di “incontrarsi e disegnare assieme azioni tangibili e ambiziose.”

Da parte loro le aziende si impegnano a intraprendere “azioni volontarie per ridurre l’impronta ambientale e climatica, adottando obiettivi per ridurre le proprie emissioni e/o consumi energetici”, a farsi “ambasciatrici per l’azione sul clima” e a “gestire i rischi legati al cambiamento climatico e incorporarli nel decision making.”

Le politiche sul clima, si auspica nella lettera aperta, “devono includere prezzi impliciti o espliciti della CO2, determinati con meccanismi di mercato”. La spinta per un approccio market-based si nota anche laddove i 43 sottolineano come le politiche per il clima debbano adottare “incentivi cost-effective per ridurre le emissioni, che nel contempo rispettino un campo da gioco livellato e prevengano il carbon leakage (cioè la delocalizzazione di aziende che fuggono dalle politiche di riduzione delle emissioni, ndr).”

“Accelerare la transizione ad un’economia low-carbon in un modo che sia economicamente sostenibile creerà crescita e lavoro sia nei Paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo. Ritardare l’azione non è un opzione praticabile – sarebbe costoso e creerebbe danni alle prospettive di crescita dei prossimi anni”, si avverte.

Insomma, il mondo delle grandi aziende è sempre più attento alla questione climatica, della quale ha fiutato rischi e opportunità, anche se in molte compagnie restano ancora da coinvolgere. E’ vero poi che gli impegni presi, ancora piuttosto vaghi, andranno poi verificati nella realtà.

Da notare come l’unica italiana sia Enel, che con questa adesione rimarca la svolta verso un business model “pro-transizione energetica”, cambio di strategia impresso dal cambio di dirigenza e che è piaciuto anche da Greenpeace.

Tuttavia Enel si era accodata finora all’atteggiamento difensivo della lobby elettrica europea, aderendo oltre che ad Eurectric al gruppo Magritte, che raccoglie 12 grandi dell’energia europea particolarmente conservatori sulle politiche climatiche e pro-rinnovabili. Per essere coerente con la firma di questo nuovo appello all’azione per il clima, l’azienda italiana dovrebbe convincere i colleghi del gruppo, che prende il nome dal pittore francese, a cambiare radicalmente le vecchie posizioni.

La lettera (pdf)

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