Cina. Report governativo: “se smog non cala alto rischio di conflitto sociale”

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Se non si riuscirà a gestire il problema dello smog, avverte un rapporto del Ministero dell'Ambiente cinese, nei prossimi anni aumenterà il conflitto sociale. L'inquinamento atmosferico si mangia quasi il 12% del Pil e anche per questo Pechino sta continuando ad accelerare sulle fonti rinnovabili e prova a disintossicarsi dal carbone nella produzione elettrica.

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I motivi per cui la Cina sta accelerando sulla transizione energetica verso le rinnovabili sono diversi, ma tra questi uno dei più importanti è l’emergenza ambientale da smog. Lo ricorda un nuovo report pubblicato da un’agenzia del ministero per l’Ambiente cinese. Se la superpotenza non riuscirà a gestire il problema dell’inquinamento atmosferico, si avverte nel documento, nei prossimi anni dovrà affrontare un aumento del conflitto sociale.

Secondo l’ente da cui esce il report, l’Istituto per la pianificazione ambientale, l’economia cinese ha fondamentalmente risolto i problemi di scarsità e ora deve confrontarsi con la richiesta dell’opinione pubblica di un ambiente più pulito. “C’è un enorme gap tra la velocità con cui si sta migliorando la qualità ambientale e la velocità con la quale il pubblico chiede che questa venga migliorata e le problematiche ecologiche potrebbero facilmente divenire un punto di innesco capace di produrre rischi sociali”, si legge nel documento, i cui contenuti apprendiamo dalla traduzione Reuters.

Secondo i dati ufficiali, solo 8 delle 74 città cinesi monitorate dal ministero dell’Ambiente di Pechino hanno una qualità dell’aria conforme agli standard e non ci si aspetta che la situazione venga risolta prima del 2030, anche se il report prevede che dovrebbero esserci miglioramenti dovuti alla trasformazione in atto nell’economica cinese.

Sempre più spesso nelle metropoli cinesi si verificano periodi in cui per lo smog si raccomanda a vecchi e bambini di rimanere in casa, ci sono blocchi del traffico e addirittura voli aerei cancellati. A Pechino i livelli di smog in certe occasioni sono arrivati a toccare i 671 microgrammi di polveri sottili per metro cubo, cioè 26 volte il limite indicato dall’Organizzazione mondiale della Sanità.

Secondo uno studio pubblicato nel 2014 l’inquinamento da pm 2.5 costa al gigante asiatico quasi il 12% del Pil nazionale (da Hamilton, K. 2014. “Calculating PM 2.5 Damages for Top Emitters: A Technical Note”, vedi grafico sotto)

Tra i principali imputati di questa situazione c’è il carbone, dal quale la Cina dipende per circa l’80% del fabbisogno elettrico e circa il 70% di quello energetico totale. Pechino è sempre più consapevole della necessità di attenuare la sua dipendenza da questa fonte e lo sta dimostrando.

Questo autunno il governo cinese ha firmato una storica dichiarazione congiunta con gli Usa con la quale si impegna a iniziare a ridurre le emissioni di CO2 entro il 2030. Il Pil cinese nel 2014 è cresciuto del 7,4%: ridurre le emissioni, cresciute di oltre il 5% l’anno negli ultimi anni, non sarà per nulla facile, ma sicuramente Pechino ha imboccato la strada giusta. Partendo appunto dal disintossicarsi dal carbone.

Ultime misure prese a tal proposito nel 2014 sono il bando disposto sulle qualità di carbone più inquinanti e sull’uso di questa fonte in vaste aree del Paese. Ma più in generale la Cina sta cercando di disaccoppiare la sua crescita economica da emissioni e consumo di carbone, anche con investimenti massicci in rinnovabili.

Negli ultimi anni e nel corso del 2014 nel gigante asiatico è cresciuta moltissimo la generazione da rinnovabili e crescerà ancora più rapidamente nei prossimi. Attualmente il Paese conta su 115 GW eolici e al 2020 conta di arrivare a 200 GW; mentre per il fotovoltaico la Cina era a 28 GW a fine 2014, con oltre 10 GW installati nell’anno. Per il 2015 Pechino ha appena rivisto per l’ennesima volta al rialzo il target sul solare, portando l’obiettivo sull’installato annuale da 15 a 17,8 GW.

E gli sforzi cinesi lentamente iniziano a dare qualche importante risultato: per la prima volta in questo secolo il consumo di carbone cinese nel 2014 è calato del 2,9%, con una forte riduzione dell’import; contemporaneamente la Cina ha ridotto l’intensità energetica, ossia il rapporto tra consumi di energia e Pil, del 4,8%, quasi un punto percentuale di più dell’obiettivo che si era data.

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