Accumuli: la strada è segnata, ma non è ancora iniziata la discesa

Il nuovo Libro Bianco sugli accumuli di RSE e Anie Energia spiega che al momento per i clienti finali le batterie non siano ancora economicamente convenienti. Ma le funzioni che gli accumuli possono svolgere sono molte, dalla gestione dei carichi ai servizi di rete. E la loro adozione futura è una certezza. Ne parliamo con Luigi Mazzocchi di RSE.

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RSE e Anie Energia oggi a Roma hanno presentato il Libro Bianco “Prospettive dei sistemi di accumulo elettrochimico nel settore elettrico” (allegato in basso). Un documento che indaga, con diversi casi studio, se le batterie siano convenienti nelle diverse situazioni. Ne esce che gli accumuli elettrochimici al momento sono economicamente convenienti solo per applicazioni particolari, e che i prezzi dovranno ancora calare molto prima che siano vantaggiosi per quegli utenti che vogliano massimizzare l’autoconsumo.

A margine della presentazione abbiamo fatto qualche domanda a Luigi Mazzocchi di RSE.

Ingegner Mazzocchi, quali sono le applicazioni individuate dal vostro Libro Bianco nelle quali gli accumuli elettrochimici sarebbero già ora economicamente competitivi?

A parte il caso molto particolare e difficilmente replicabile dell’accumulo abbinato a una centrale a carbone (stando alla ricerca un sistema di storage installato presso la centrale di Torrevaldadiga 2 per soddisfare l’obbligo di riserva primaria si ripagherebbe in 7 anni, ndr). Il caso più interessante è quello delle isole, dove l’energia viene prodotta con costi alti e con alti impatti ambientali, spesso con generatori diesel e non c’è connessione con la rete principale. Lì le rinnovabili non programmabili sono economicamente competitive e anche l’accumulo.

In effetti, sfogliando il Libro Bianco si scopre che, nelle simulazioni sul sistema elettrico di Pantelleria, negli scenari con più potenza rinnovabile il sistema di accumulo si ripagherebbe da solo in 5-7 anni a seconda del prezzo del gasolio. E si legge che la presenza di accumuli garantirebbe benefici maggiori rispetto al semplice time-shifting, quali maggiore flessibilità, con conseguente miglior dispacciamento e minori difficoltà nel garantire sempre la riserva pronta.

Dove lo storage sembra ancora lontano dalla competitività economica, secondo lo studio, è presso utenti domestici o PMI, per massimizzare l’autoconsumo da fotovoltaico. Secondo le vostre simulazioni i costi dovrebbero calare del 50% per rendere appetibile lo storage per questo uso.

Sì, trattandosi di utenti connessi alla rete, guardando a tariffe elettriche e costi degli accumuli i conti ancora non tornano. Diversa è la situazione di utenti che per vari motivi scelgono comunque di staccarsi dalla rete: in quel caso si è in una situazione paragonabile a quella delle piccole isole, nella quale l’accumulo diventa una necessità. L’accumulo, va detto, può anche essere vissuto dal consumatore come una sorta di assicurazione nei confronti di futuri aumenti dei prezzi del kWh dalla rete.

Il vostro case study sui piccoli consumatori non tiene conto né dello scambio sul posto né delle detrazioni fiscali. Come cambierebbe la convenienza ipotizzando un utente domestico che accede sia allo scambio sul posto che alla detrazione del 50%?

Lo scambio sul posto è in antitesi con la convenienza degli accumuli: diminuisce il vantaggio ad autoconsumare. Da questo punto di vista anche con la detrazione fiscale, potendo accedere allo scambio sul posto, lo storage non sembra essere conveniente. Diverso il discorso di grandi utenze, che per taglia degli impianti non possono avvalersi dello scambio sul posto: in quel caso accumulare può avere senso.

La riforma delle tariffe per i clienti domestici cui sta lavorando l’Autorità per l’Energia sposterà parte degli oneri di rete e di sistema dalle parti variabili a quelle fisse, ossia dai consumi alla potenza impegnata. Cosa cambierà questo in quanto a convenienza degli accumuli?

Tanto più i costi verranno spostati sulla potenza impegnata, tanto più l’utente potrebbe avere interesse a dotarsi di sistemi che taglino i picchi di carico, come gli accumuli, in modo da mantenere la potenza impegnata vicina al valore medio richiesto dai suoi consumi, anziché a quello massimo. In questo senso potrebbe aprirsi una finestra interessante.

Un’applicazione nella quale i sistemi di accumulo si avvicinano di più alla competitività, secondo le vostre analisi, è quella della fornitura di servizi di rete. Possiamo immaginare un futuro prossimo in cui gli utenti, oltre ad usare la propria batteria per massimizzare l’autoconsumo e gestire i carichi, possano anche vendere, aggregandosi ad altri, servizi alla rete, unendo così più vantaggi?

La direzione è questa. D’altra parte che si vada in questo senso è scritto anche in recenti documenti di consultazione dell’Autorità: si dichiara di voler aprire a tutti, a prescindere da ruolo taglia e tecnologia, il mercato dei servizi alla rete, finora riservato ai grandi impianti. Se così sarà i servizi verranno erogati da chi li saprà fornire a un prezzo competitivo. Prima che in questo mercato trovino posto i piccoli consumatori ci vorrà del tempo, la precedenza andrà agli utenti industriali più grandi e più facilmente modulabili: la tendenza è quella di utilizzare tutte le risorse di flessibilità, compresa la modulazione, remunerabile, della domanda. Un’utenza industriale che può modulare la sua domanda può diventare un soggetto attivo, allo stesso modo possono entrare in gioco le società di telecomunicazioni, che per altri motivi hanno già parchi di accumuli piuttosto grandi.

Sempre parlando di accumuli presso gli utenti finali, quali sono le tecnologie che si stanno affermando di più e come stanno evolvendo i prezzi?

Le tecnologie principali sono il litio e il sodio, sodio-nichel, sodio-zolfo. Sull’andamento dei prezzi qualche segnale di calo si nota già, non so se la curva potrà ricalcare quella vissuta dal fotovoltaico, ma certamente mi aspetto nel giro di 5-10 anni di vedere cambiamenti notevoli.

Ci sono dei possibili colli di bottiglia nell’approvvigionamento delle materie prime che potrebbero rallentare il calo dei prezzi o, viceversa, break-through tecnologici che lo potrebbero accelerare?

Come materie prime non mi sembra che nella situazione attuale ci possano essere problemi di scarsità, poi, certo, se il mercato si moltiplicasse per 100 bisognerebbe considerare anche questo aspetto. Per quel che riguarda le evoluzioni tecnologiche abbiamo alcune soluzioni già esistenti, ma che devono ancora decollare. Ad esempio le batterie a flusso, redox al vanadio o con altre chimiche, hanno il vantaggio di essere configurabili in maniera molto diversa in termini di capacità e potenza e per questo sono una strada molto interessante.

Il Libro Bianco “Prospettive dei sistemi di accumulo elettrochimico nel settore elettrico” (pdf)

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