Scrivi

Biometano, si parte: “nel 2020 coprirà il 20% dei consumi del trasporto a metano”

Dopo la pubblicazione dell'attesa, per 18 mesi, delibera c'è ottimismo per la nascita di una solida filiera tutta nazionale del metano rinnovabile. Le opportunità più interessanti nell'autotrazione: il 75% dei mezzi a metano d’Europa è in Italia e il biometano può contribuire agli obiettivi Ue sulle rinnovabili nei trasporti. Ne parliamo con Stefano Bozzetto del CIB.

ADV
image_pdfimage_print

La delibera dell’Autorità sul biometano è alla fine arrivata, dopo 18 mesi di attesa. Ad aprile, quando il GSE, in base a quella stessa delibera, dovrebbe aver completato il regolamento, il settore in Italia dovrebbe essere pronto a partire e ci sono molte aspettative. Ricordiamo il biometano è un gas ottenuto dalla purificazione del biogas derivante dalla digestione anerobica di sostanze organiche.

«Sarà una rivoluzione copernicana, che ci renderà il primo paese europeo in grado di produrre metano non fossile su grande scala», commenta l’agronomo Stefano Bozzetto, socio del Consorzio Italiano Biogas, agricoltore e titolare del primo impianto italiano in grado di produrre biometano .

La delibera è come ve la aspettavate?

Sostanzialmente sì, ne diamo un giudizio positivo. Adesso tutto sta nel vedere come sarà applicata, cioè, in pratica, quanto i gestori della rete del metano renderanno costoso, veloce e tecnicamente complesso l’allaccio ai produttori di biometano. Temiamo che, visto quello che è accaduto al sistema elettrico dopo l’arrivo dell’apparentemente innocuo fotovoltaico, chi possiede la rete gas farà di tutto per ritardare il nostro ingresso. Ma aspettiamo l’esito delle prime domande, per vedere se ci preoccupiamo troppo o no.

Come si fa a passare da biogas a biometano?

Nulla di complicato: il biogas è costituito per circa due terzi da metano e il resto da biossido di carbonio, CO2, bisogna quindi assorbire quest’ultimo e rimuoverlo per ottenere metano che possa essere immesso nei gasdotti o bruciato nei motori, come quello fossile. Ci sono diverse tecnologie disponibili: membrane filtranti o lavaggio con acqua per esempio, derivate da quelle che usa già l’industria.

Ma c’è bisogno di questa “purificazione? In fondo il metano viene principalmente usato per produzione elettrica e di calore, le stesse cose che si facevano con il biogas.

Bisogna vedere le cose in prospettiva. Il prezzo del biogas agricolo deriva dal costo dell’impianto che usa tecnologie già perfezionate da decenni, e dal costo, anch’esso ormai ben stabilito, della coltivazione dei prodotti agricoli da digerire. Questo significa che l’energia da biogas, sia essa elettricità o calore, non andrà incontro a ulteriori diminuzioni di prezzo, come accadrà invece per quelle derivate, direttamente o indirettamente, per esempio tramite pompe di calore, da eolico o solare. Quindi, una volta terminati gli incentivi, gli impianti a biogas non sarebbero più competitivi con le altre fonti. L’unica strada per farli sopravvivere è trovare impieghi più remunerativi per i loro prodotti. In futuro le centrali a biogas serviranno soprattutto a produrre elettricità per il bilanciamento della rete, che è pagata meglio del baseload, anche formando centrali elettriche ‘virtuali’ con altre a fonti intermittenti per garantire forniture continue. La conversione a biometano servirà, invece, soprattutto per aggredire il mercato dell’autotrazione. In questo modo i produttori di biometano potranno entrare nel mercato dei ‘carburanti verdi’, che i produttori di carburanti fossili sono obbligati ad acquistare per adempiere agli obblighi europei sulle rinnovabili nei trasporti per arrivare entro il 2020 ad ottenere da rinnovabili il 10% del carburante consumato (nel 2015 gli operatori italiani hanno l’obbligo che almeno il 5% dei carburanti immessi in consumo siano biofuel, ndr). Oggi quel mercato da un miliardo di euro è accaparrato per il 95% dal biodiesel da olio di palma, che, a differenza del biometano, è importato e di dubbia sostenibilità.

Ma il biometano è sostenibile? Si dice che il biogas agricolo, a differenza di quello da rifiuti, alla lunga impoverisca i terreni e richieda fertilizzanti artificiali che peggiorano il suo bilancio energetico.

Innanzitutto il biometano, per ora, sarà solo da biogas agricolo, quindi prodotto con coltivazioni dedicate e letame, perché quello da rifiuti è meno controllabile e può contenere gas dannosi per i motori. Il biogas, poi, può essere fatto bene o male, come tutte le cose. Noi del CIB abbiamo coniato il concetto del “Biogasfattobene”, cioè di quel biogas che permette di produrre per la stalla e il mercato e nello stesso tempo alimentare i digestori, fare a meno dei concimi chimici, aumentare la fertilità del suolo e anche di eliminare in futuro l’uso di carburanti fossili nelle fattorie. L’energia del biometano, in definitiva, è solo l’energia solare immagazzinata dalla pianta e  la digestione che si effettua nei nostri impianti è la stessa che fanno i batteri del terreno, l’unica differenza è che noi ne recuperiamo il biogas

A proposito di gas, visto che passando al biometano vi ritroverete con molta CO2 separata dal resto, cosa pensate di farne?

In effetti, visto che ogni anno un impianto da 1 MW di biogas, oltre a 1100 tonnellate di carbonio nel metano, ne produce anche 900 di CO2, sequestrare permanentemente quest’ultimo comporterebbe un miglioramento della situazione climatica. Però è una opzione ancora da sviluppare tecnicamente. Più vicino a noi è invece il concetto della biogas refinery, dove si produce altro metano facendo reagire il CO2 con idrogeno prodotto da sole e vento,  oppure facendo reagire la CO2 con l’ammoniaca presente nel digestato, quanto resta nel digestore dopo l’estrazione dei gas. A mio avviso, però, è  il digestato stesso il principale coprodotto di questa filiera: è lo strumento per il riciclo dei nutrienti all’interno dell’azienda, un modo per renderci indipendenti dai fertilizzanti derivati dal petrolio, tanto che nel maggio scorso l’UE lo ha ammesso come fertilizzante per l’agricoltura biologica.

Quindi il biometano servirà soprattutto per autotrazione. Però secondo la direttiva AEEGSI, ogni metro cubo di biometano immesso in rete per usi generali verrà pagato il doppio del prezzo del metano fossile nel 2012, meno il costo del metano fossile nel momento dell’immissione. Non è conveniente?

Per niente: è molto poco. Credo che la rete, quindi, sarà soprattutto usata per far arrivare il biometano a un distributore con cui si abbia un contratto,  anche se probabilmente molti eviteranno del tutto la rete, usando rimorchi con bombole in pressione. Ma la legge è molto ben fatta e potremo durante i 20 anni di incentivazione optare tra un regime e l’altro.

Ma l’autotrazione non risulterà un mercato un po’ limitato?

In Italia c’è il 75% dei mezzi a metano d’Europa. Oggi questo settore assorbe un miliardo di metri cubi di gas, ma cresce di circa il 4% l’anno e si stima arriverà a 1,5 miliardi di metri cubi già nel 2020.  In teoria potremmo coprirlo già tutto, raffinando il biogas che produciamo oggi, ma più realisticamente, considerate le difficoltà tecniche, normative e finanziarie, al 2020 contiamo di produrre sui 300 milioni di metri cubi di biometano, e coprire il 20% del mercato dell’autotrazione. Una volta dimostrato che questo funziona in Italia, potremo esportare esperienza e tecnologia in altri paesi che hanno molta autotrazione a metano, come Turchia, Argentina, Pakistan, Cina. Ma non basta, oggi si parla essenzialmente di automobili alimentate con metano compresso in bombole. Ma il vero futuro è il metano liquefatto, o GNL. La sua alta densità di energia consente di mandare avanti camion, autobus, trattori, persino navi, cioè tutti quei trasporti che non potranno mai diventare elettrici. La Lidl, per esempio, ha già una flotta di camion a GNL e la CNH-New Holland, sta portando avanti un progetto per la fattoria energeticamente indipendente, dove tutte le sue macchine agricole funzionino a GNL autoprodotto dall’agricoltore. Quindi il passaggio da biogas a biometano è solo il primo passo, il successivo sarà il bioGNL, che aprirà un nuovo, enorme, mercato oggi accaparrato dai prodotti petroliferi.

ADV
×