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Tariffe e bolletta, una riforma che lascia perplessi

L’eliminazione della progressività contribuirà ad aumentare la forbice fra redditi alti e bassi. Con il costo ridotto dell’elettricità anche le famiglie più agiate e con maggiori consumi potrebbero essere meno invogliate a investire in più efficienza. Inizia, con l'intervento di GB Zorzoli, una carellata di opinioni sul documento di consultazione dell'Autority.

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Dopo aver sintetizzato la proposta di riforma delle tariffe elettriche per i clienti domestici messa in consultazione dall’Autorità per l’Energia, su queste pagine stiamo ospitando un dibattito in merito. Per ora abbiamo pubblicato le opinioni di Chicco Testa presidente di Assoelettrica e di Giuseppe Artizzu, esperto di energia molto sensibile al tema dell’autoconsumo. Qui il contributo di G.B. Zorzoli, presidente onorario del Coordinamento FREE per le rinnovabili e l’efficienza energetica:

A seguito del decreto legislativo 102/2014 (di recepimento della Direttiva europea 27/ 2012 sull’efficienza energetica), che richiedeva all’Aeegsi di superare l’attuale progressività dei servizi di rete (tariffe e oneri di sistema), adeguandoli ai costi del servizio, l’Autorità ha emesso un documento di consultazione molto dettagliato che sintetizza i risultati di un’elaborazione complessa (si veda QualEnergia.it).

Ai sei benchmark, che nel documento sostituiscono il tradizionale cliente-tipo, in modo da tenere conto della numerosità del nucleo familiare, delle caratteristiche di utilizzo delle cosiddette seconde case e, infine, delle utenze domestiche che adottano elettrotecnologie avanzate, caratterizzati da differenti prelievi annui (da 1.500 kWh per i single a 5.000 kWh per chi usa elettrotecnologie avanzate), sono applicate quattro diverse opzioni per le tariffe di rete e la ripartizione degli oneri di sistema. Le opzioni, con differenti meccanismi, hanno tutte l’obiettivo di superare l’attuale progressività delle tariffe, scaricando in modo diversificato sulle fasce di utenze a minor consumo le conseguenti riduzioni dei costi per i consumi più alti.

L’opzione per la quale Autorità ha in via preliminare espresso la sua preferenza aumenterebbe del 23% il costo annuo per il benchmark con il più basso prelievo (1500 kWh/anno) e del 15% per quello immediatamente superiore (2200 kWh/a), ed è obiettivamente la più equa fra quelle esaminate. Per quanto adeguati con una certa gradualità, tra il 1° gennaio 2016 e il 1° gennaio 2018, sono aggravi tutt’altro che trascurabili, oltre tutto in molti casi destinati a pesare su consumatori con redditi modesti.

Pensare, come auspica il documento dell’Autorità, che i maggiori costi sopportati dalla fasce a minor consumo possano stimolare comportamenti virtuosi, favorendo interventi di efficientamento energetico, non tiene conto delle minori disponibilità finanziarie, più frequenti in tali fasce, e dell’impossibilità di avvalersi dell’ecobonus, l’incentivo preferito dalle famiglie, perché di più agevole utilizzo, in quanto non vi sono margini per le detrazioni fiscali.

L’attuazione di quanto richiesto dal decreto legislativo 102 contribuirà ad aumentare la forbice fra redditi alti e redditi bassi. Inoltre, i primi, che sono in condizioni di permetterseli, potrebbero essere meno invogliati a fare investimenti per una maggiore efficienza dal costo ridotto dell’elettricità consumata; in tal caso si verificherebbe l’effetto opposto a quello prodotto dall’attuale tariffa D1, riservata ai clienti che utilizzano esclusivamente pompe di calore come sistema di riscaldamento della propria abitazione.

Un secondo cambiamento ancora più radicale – la fine della maggior tutela per i clienti domestici a partire dal 1° luglio 2016 – potrebbe essere inserito nel disegno di legge sulla concorrenza, che il Consiglio dei ministri ha in programma di approvare il prossimo 20 febbraio. Ipotesi che vede non solo la presa di posizione contraria delle associazioni dei consumatori, ma, fatto significativo, anche un dichiarazione preoccupata dell’Autorità per l’energia.

Allo stato attuale mancano infatti diverse delle condizioni necessarie a garantire che questa ulteriore apertura del mercato ne aumenti effettivamente (ed efficacemente) la concorrenzialità e non si traduca invece in un’ulteriore penalizzazione per i nuclei familiari.

Sarebbe quindi opportuno che il disegno di legge si limitasse a definire le precondizioni richieste, indicando per ciascuna gli strumenti e i tempi per l’implementazione, in tal modo rendendo trasparente se e come il provvedimento, attraverso il mercato, potrebbe garantire ai clienti domestici una tutela maggiore di quella amministrata.

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