Efficienza energetica: proposte per stappare il giacimento italiano

Il potenziale energetico ed economico dell'efficienza energetica in Italia è enorme, ma una normativa incompleta e contraddittoria impedisce di sfruttarlo. In un incontro al Senato si sono proposte diverse idee per sbloccare la situazione: da un testo di legge unico sull'efficienza in edilizia fino alla carbon tax per raccogliere risorse.

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Una cabina di regia unica, una normativa più semplice e coerente, nuovi strumenti per mettere in moto i capitali privati e, perché no, una tassa sulla CO2 che potrebbe raccogliere risorse con cui promuoverla. Ieri mattina, all’incontro “Quanta energia spreca la burocrazia?”, organizzato dal gruppo M5S del Senato, oltre alle denunce su come il “giacimento” energetico più importante del nostro Paese, l’efficienza energetica, sia al momento sostanzialmente tappato, si sono sentite anche diverse proposte per sbloccare la situazione.

Si tratta di liberare un potenziale enorme non solo dal punto di vista energetico, ma anche per il rilancio dell’economia: “si pensi a quel 35% di aziende dell’edilizia che ha chiuso per la crisi e al relativo indotto”, ha osservato Gaetano Fasano, della divisione Efficienza Energetica dell’Enea. Potenziale che al momento è bloccato da una normativa incoerente e inadeguata, oltre che dalle difficoltà di accesso al credito.

Le ultime due Direttive Europee recepite su efficienza e rinnovabili, ad esempio, denuncia il coordinamento FREE, che riunisce le associazioni del settore, restano in parte inattuate perché sono da completare almeno 9 provvedimenti nel settore dell’efficienza energetica, 2 tra cogenerazione e conto termico, 8 nel settore delle altre rinnovabili non fotovoltaiche (qui l’elenco completo, pdf).

Ad esempio, ha ricordato Livio De Santoli, delegato per l’edilizia e le politiche energetiche della Università la Sapienza di Roma e Presidente AiCARR,   manca ancora il DM contente la roadmap per dare esecuzione all’obiettivo di riqualificare energeticamente ogni anno dal 2014 al 2020 almeno il 3% della superficie coperta della Pubblica Amministrazione Centrale. “Parliamo di interventi su 3 milioni di metri quadrati ogni anno, servono circa 3 miliardi: chiaro che senza un piano semplicemente non si farà”. Allo stesso modo, ha continuato De Santoli, le regole per adempire all’obbligo di rinnovabili negli edifici sono incomplete, quelle sulla sulla contabilizzazione del calore sono estremamente confuse e manca ancora la normativa sugli edifici a emissioni ‘quasi zero’, gli NZEB: “per realizzare il Palazzo Italia dell’Expo 2015 uno NZEB si sono dovuti fare i salti mortali”, ha spiegato.

Paradigmatico il caso della certificazione energetica degli edifici: a 13 anni dalla sua introduzione – si è sottolineato – ci troviamo di fronte a una normativa confusa, disomogenea da Regione a Regione e, anche per l’assenza di controlli, gli attestati, spesso rilasciati a prezzi stracciati senza diagnosi energetiche reali si sono rivelati uno strumento inefficace per promuovere l’efficienza.

La mancanza di controlli rischia di vanificare in parte anche gli effetti positivi di strumenti di grande successo come le detrazioni fiscali del 65% ex 55%: “I risparmi dichiarati nelle richieste sono spesso inverosimili, ma l’Enea non può controllare”, ha segnalato Fasano.

Alla situazione si aggiunge la mancanza di una regia unica: “Le competenze sull’efficienza sono divise tra diversi ministeri e soggetti pubblici, tra i quali manca il ministero dei Beni Culturali, che dovrebbe avere un ruolo fondamentale in un Paese come il nostro in cui gli interventi vanno fatti su un patrimonio edilizio esistente in gran parte sottoposto a tutela”, sottolinea De Santoli.

La soluzione di AiCARR? “Serve un testo unico sull’efficienza energetica in edilizia per rendere la normativa più semplice e coerente e una cabina di regia presso la presidenza del Consiglio che coinvolga i vari soggetti in gioco, sul modello della Struttura di Missione contro il dissesto idrogeologico”.

Ma, oltre all’ostacolo normativo, resta quello finanziario. “Il mercato potenziale della riqualificazione energetica in edilizia è enorme, ma bisogna trovare delle soluzioni per sbloccare gli investimenti”, ha spiegato Gianni Silvestrini Presidente di Green Building Council Italia e FREE, oltre che direttore scientifico di QualEnergia.it. “Ci sono grandi fondi esteri disposti a investire in operazioni di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio italiano, a patto di avere payback time inferiori ai 12 anni. Questi interventi però spesso si ripagano in tempi più lunghi, sui 15 anni: per questo serve un intervento del pubblico che inneschi l’intervento dei capitali privati”.

La proposta di GBC Italia? “Modificare l’articolo 8 del decreto 28/2012 sui Certificati Bianchi, in modo da includere nell’incentivazione, oltre ai grandi progetti industriali, i grandi interventi in edilizia. In questo modo i Titoli di Efficienza Energetica coprirebbero un 20-30% dell’investimento, colmando il gap che serve ad attirare i capitali privati; servono poi aziende che siano coordinate in filiera in modo da offrire pacchetti completi di interventi. Una soluzione che non ha bisogno di risorse pubbliche”.

Risorse per finanziare anche l’efficienza si potrebbero trovare anche con un’altra misura: l’introduzione della carbon tax. “Con il barile ai minimi il momento per spingere è questo – ha spiegato Silvestrini – in questi giorni abbiamo sentito prese di posizioni in tal senso anche da voci certo non ambientaliste come la International Energy Agency e Henry Paulson, il Segretario al Tesoro Usa sotto la presidenza di George W. Bush. Una carbon tax limitata ai carburanti per il trasporto di 30 euro a tonnellata di CO2, a fronte di un rincaro della benzina di 7 eurocent al litro, pari allo 0,5%, produrrebbe entrate per 2,5-3 miliardi all’anno”.

Soldi che sarebbero come acqua nel deserto, dato che la crisi dei conti pubblici e le relative politiche di austerity sono un altro dei grandi ostacoli allo sfruttamento del ‘giacimento efficienza’. “Abbiamo avuto bandi per la riqualificazione energetica di grandi complessi di edilizia pubblica, cui i privati hanno aderito, che si sarebbero potuti tradurre in interventi efficaci, ma che sono risultati irrealizzabili a causa del Patto di Stabilità”, riporta Fasano. “La Pubblica Amministrazione italiana – denuncia Agostino Re Rebaudengo, presidente di Assorinnovabili  – è considerata un cattivo pagatore: paga in media a 170 giorni contro i 60 della Francia, che pure non è messa meglio di noi come finanze pubbliche. Per questo, paradossalmente, le banche non vogliono fare project finance con quei soggetti che teoricamente dovrebbero essere più affidabili, come gli enti pubblici”.

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