Gli incentivi, il caro-energia e i ‘fatti dalla testa dura’

Quanto pesano gli incentivi all'energia sulle bollette di cittadini e imprese? Favoriscono davvero più le rinnovabili che le fossili? E ancora: è tutto vero quel che ci dicono sul problema del caro-energia in Italia? Al di là dei luoghi comuni ci sono i dati che smentiscono la versione di un'Italia zavorrata dal peso degli aiuti alle fonti pulite.

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Come è noto ai lettori di Qualenergia.it sui numeri e i costi dell’energia si gioca da tempo una partita decisiva per il nostro futuro e sulle scelte politiche. Quanti sono davvero i sussidi? Chi favoriscono? Quanto pesano sulle bollette di cittadini e imprese?

Se sulla quantità di incentivi alle fonti rinnovabili si sa tutto (circa 12 i miliardi di euro che pesano sulle bollette elettriche), assai meno trasparente è la questione di quelli riservati alle fonti fossili. Legambiente da qualche anno fa un benemerito lavoro di ricerca e pochi giorni fa ha diffuso il suo dossier (allegato in basso) da cui si ricava che tra sussidi diretti (quelli per esempio per gli impianti Cip6), sconti su accise (quali quelli di cui beneficiano gli autotrasportatori), riduzioni varie, legislazioni favorevoli al trasporto su gomma, si arriva a una cifra superiore ai 17 miliardi di euro.

Come ogni anno si sono levati alti lai di Assoelettrica che contesta quei dati. Ma la credibilità di quello che è rimasto l’ultimo “covo” dei difensori delle fossili, mentre le maggiori utilities cambiano politiche, è ridotta sotto zero. Quello che servirebbe sono dati certi forniti dal Governo che invece tace, incapace di fare scelte se non quelle confuse e dannose che hanno portato a spalma-incentivi su rinnovabili da una parte e allo sblocca-trivelle dall’altra. Quindi resta forte il sospetto che in realtà la struttura stessa di incentivi e sconti in tutti questi anni, e anche adesso, contrariamente a quel che si pensi genericamente, abbia ben più favorito le fossili rispetto alle rinnovabili.

Altra questione, altrettanto annosa, è il costo dell’energia. Più volte ho provato a spiegare che questo problema riguarda solo le piccole e medie imprese, e tra queste, solo quelle per cui il costo riferito alla sola energia è percentuale significativa della loro struttura dei costi. Un problema quindi limitato su cui si potrebbe facilmente intervenire senza provvedimenti dannosi e retroattivi.

Ora sono usciti gli ennesimi dati (in questo caso la fonte è RSE, report allegato in basso) che confermano quest’analisi. Dalla tabella qui sotto si evince infatti che per le famiglie il costo dell’energia in Italia è minore della media europea.

È vero che invece risulta più alto in Italia che in Europa per tutte le categorie di imprese, ma se il confronto lo facciamo con la Germania le cose cambiano: le famiglie tedesche pagano addirittura il 50% in più delle nostre e le imprese energivore sono perfettamente allineate, mentre per le piccole medie imprese il delta a sfavore di quelle italiane si riduce al 4÷8% (dati che anche nel 2012 il presidente dell’Autorità aveva indicato nella presentazione della  relazione annuale, ndr).

Perché fare il confronto con la Germania? Perché è il paese di riferimento in Europa, perché ha la struttura del sistema economico più simile alla nostra, con una rilevante quota del manifatturiero, perché è il Paese con il maggior interscambio con il nostro, e perché, provate a chiedere a un imprenditore italiano con chi si trova a competere all’estero.

Riusciranno questi dati a sgomberare il campo da una polemica noiosa e falsa (alti costi dell’energia causati dai sussidi alle rinnovabili)? Sono pessimista per quanto riguarda il breve termine, perché purtroppo la cattiva politica e l’informazione distratta non aiutano, ma non c’è alcun dubbio che siccome “i fatti hanno la testa dura”, alla fine vinceranno rinnovabili ed efficienza. Vogliamo attrezzarci?

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