Il flop del nucleare e le carte vincenti da giocarsi

Il crollo in borsa di Areva è solo l’ultimo segnale della profonda crisi dell'energia atomica nei paesi industrializzati, segnata da ritardi, costi in aumento e tentativi di aiuti di Stato. Una strada diversa da percorrere c’è ed è indicata dalla prossima continua e impetuosa crescita della nuova potenza da fonti rinnovabili. L'editoriale di Gianni Silvestrini.

ADV
image_pdfimage_print

Il crollo in borsa di Areva (il 19 novembre il titolo è calato del 16%) è l’ultimo segno del meltdown nucleare nei paesi industrializzati. Il colosso francese costruttore di centrali atomiche è in forte difficoltà per i continui ritardi e per i costi schizzati alle stelle delle due centrali per le quali sta lavorando in Europa, a Olkiluoto in Finlandia e a Flammanville in Francia.

Ma adesso è in discussione anche la terza centrale che si doveva costruire nel Regno Unito, quella di Hinkley Point. Un impianto molto discusso, tanto che la Commissione Europea aveva aperto un’indagine per verificare l’ammissibilità di un aiuto di Stato di 17 miliardi di sterline, più dei 16 miliardi stimati per la costruzione dell’impianto stesso. Con un giudizio scandaloso questo sostegno è stato ammesso, ma adesso è la crisi di Areva, direttamente coinvolta nell’impresa, a far scricchiolare il futuro della centrale. 

Non va meglio oltreoceano dove il “Rinascimento nucleare” sognato da George Bush 15 anni fa è miseramente naufragato con due soli impianti, anche questi sussidiati, faticosamente in costruzione. La concorrenza dello shale gas e delle rinnovabili ha portato negli ultimi due anni alla chiusura di cinque reattori, con diversi altri a rischio. 

In Giappone, dopo lo spaventoso incidente di Fukushima, l’ostilità nei confronti del nucleare è ancora molto elevata. Ci vorrà ancora parecchio tempo per una valutazione precisa dei costi dell’incidente. Si parla comunque di cifre gigantesche che potrebbero superare i 250 miliardi $.

Il quadro generale per il nucleare è dunque molto critico, con una manciata di paesi, in particolare Cina, India e Russia, decisi a proseguire per questa strada con programmi di una certa consistenza. Il nucleare dei prossimi decenni sarà quello dedicato allo smantellamento delle centrali e alla costruzione di cimiteri atomici.

Ma se l’opzione nucleare è in crisi e il sequestro dell’anidride carbonica nel sottosuolo stenta ad avanzare, le due carte da giocare con sempre maggior vigore nella battaglia contro i cambiamenti climatici sono le fonti rinnovabili insieme all’efficienza energetica.

Nei prossimi quindici anni la nuova potenza da rinnovabili nel mondo dovrebbe essere 7 volte superiore a quelle delle nuove centrali termoelettriche a carbone, a gas e nucleari (escludendo quelle a cogenerazione). Sarà in particolare spettacolare la crescita del fotovoltaico la cui potenza cumulativa potrebbe decuplicarsi nei prossimi vent’anni.

Rispetto a questi scenari, l’Europa sta perdendo la leadership, come dimostra la timidezza nel definire gli obiettivi al 2030 su rinnovabili ed efficienza. Occorre dunque riflettere sulle strategie future. Anche sul fronte della produzione delle tecnologie solari ed eoliche, per le quali è necessario uno sforzo sovrannazionale. Gli Stati Uniti si stanno attrezzando per rintuzzare la sfida della Cina in questo campo. L’Europa avrebbe tutte le carte per svolgere un ruolo di primo piano, ma deve riacquistare quella visione di lungo periodo che le ha consentito in meno di un decennio di mettere le rinnovabili al centro della scena energetica mondiale.

Anche di questi temi discuteremo al “Forum QualEnergia?” che si terrà a Roma dal 26 al 28 novembre.

ADV
×