Green Public Procurement, se la fornitura è verde

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La domanda pubblica di beni e servizi è di 2.200 miliardi di € l'anno, se rispondesse a precisi criteri ambientali potrebbe riorientare le scelte produttive verso un'economia più sostenibile. Il GPP è uno strumento di policy per raggiungere questo obiettivo. Un articolo di Stefania Minestrini della Commissione Europea pubblicato sulla rivista QualEnergia.

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Ogni anno in Europa gli enti pubblici spendono nell’acquisto di beni e servizi 2.200 miliardi di euro, approssimativamente l’equivalente del 20% del prodotto interno lordo dell’intera Unione Europea. Si tratta di una domanda pubblica di beni e servizi importante che, qualora rispondente a precisi criteri ambientali, può costituire un potenziale mercato di prodotti e servizi cosiddetti verdi, in grado di riorientare le scelte produttive e di consumo verso una riduzione degli impatti ambientali, una maggiore efficienza nel consumo delle risorse, in primis quella energetica, il recupero e riutilizzo di prodotti al termine del loro ciclo produttivo, in poche parole verso un’economia più sostenibile.

Nel 2008 la Commissione europea ha pubblicato una Comunicazione sul green public procurement (GPP) “Appalti pubblici per un ambiente migliore”, COM (2008) 400 del 16 luglio 2008, facente parte del più ampio “Piano di azione per produzione e consumo sostenibili e politica industriale sostenibile”, COM (2008) 397 del 16 luglio 2008, nell’ambito della quale è stata adottata una definizione di GPP quale “processo mediante cui le Pubbliche Amministrazioni cercano di ottenere beni, servizi e opere con un impatto ambientale ridotto per l’intero ciclo di vita rispetto a beni, servizi e opere con la stessa funzione primaria ma oggetto di una procedura di appalto diversa”, e sono state individuate misure a supporto dell’implementazione di tale strumento di policy negli Stati membri.

Nella stessa Comunicazione, nell’ambito del processo di definizione di criteri comuni per il GPP, è sancito un forte legame con un altro strumento di mercato volto a stimolare la produzione di beni e servizi a ridotto impatto ambientale diretti al consumatore finale: il marchio di qualità ecologica dell’Unione Europea (Ecolabel UE). Si tratta di un riconoscimento concesso a prodotti e servizi rispondenti a selettivi criteri ambientali e di uno strumento a disposizione delle imprese per la comunicazione verso i consumatori delle prestazioni ambientali del prodotto o servizio.

Si legge infatti nella Comunicazione della Commissione sul GPP che qualora per un determinato gruppo di prodotti siano già stati sviluppati criteri per la concessione del marchio di qualità ecologica Ecolabel UE, nel processo di definizione dei criteri comuni per il GPP, occorrerebbe basarsi per la definizione dei criteri GPP “di base” su caratteristiche del marchio di qualità ecologica Ecolabel UE che riguardano i principali impatti ambientali e che sono più facili da rispettare, mentre per i criteri GPP “generali” occorrerebbe basarsi sui fattori aggiuntivi del marchio di qualità ecologica Ecolabel UE che possono essere considerati pertinenti per la definizione di un determinato prodotto (cfr. COM (2008) 400 del 16 luglio 2008, pag. 8). In pratica i criteri per la concessione del marchio Ecolabel UE costituirebbero la base e comunque un generale bacino di utilizzo per la definizione dei criteri GPP.

Si deve tuttavia evidenziare come, nell’ambito del processo di definizione dei criteri GPP, sia necessaria un’attenta valutazione del livello di selettività dei criteri ambientali, tenuto conto della necessità per le Pubbliche Amministrazioni di inserire nelle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici criteri ambientali compatibili con l’offerta di beni e servizi disponibili sul mercato.

Un ulteriore punto di contatto tra i due strumenti è costituito dall’art. 43 della nuova Direttiva sugli appalti pubblici Direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/ CE – la quale ha ampliato l’uso dei marchi o etichettature come mezzo di prova per la dimostrazione della conformità di beni e servizi a determinati criteri ambientali. In base alla nuova Direttiva è infatti possibile richiedere “un’etichettatura specifica come mezzo di prova che i lavori, le forniture o i servizi corrispondono alle caratteristiche richieste” nel rispetto di determinate condizioni (cfr. Direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014, art. 43. Per esempio è possibile richiedere come mezzo di prova il marchio di qualità ecologica Ecolabel UE purché “le amministrazioni aggiudicatrici dell’appalto accettino tutte le etichettature che confermano che i lavori, le forniture o i servizi soddisfano i requisiti per l’etichettatura equivalenti” (cfr. ibidem).

Le Pubbliche Amministrazioni possono inoltre richiedere, quale mezzo comprovante il rispetto dei criteri stabiliti, relazioni, certificazioni e altri mezzi di prova quali per esempio la documentazione tecnica del fabbricante (cfr. Direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014, art. 44).

Il marchio di qualità ecologica Ecolabel UE contribuisce dunque in duplice forma all’implementazione del green public procurement come strumento di policy: attraverso i criteri per la concessione del marchio quale base di potenziali requisiti da poter essere utilizzati nei criteri di GPP e come mezzo di prova per dimostrare la conformità degli stessi.

Applicazione e sviluppo

Sia il green public procurement che il marchio qualità ecologica Ecolabel UE sono strumenti volontari; destinatari del marchio Ecolabel UE sono le imprese, per il GPP il consumatore pubblico. In particolare il green public procurement è uno strumento di policy a disposizione degli Stati membri e la sua applicazione risulta condizionata dalla volontà e dall’impegno degli stessi.

La Comunicazione 2008 sul Green Public Procurement ha stabilito un obiettivo di GPP entro il 2010 pari al 50% rispetto a tutti gli appalti pubblici e nel 2011 la Commissione europea ha realizzato uno studio finalizzato a verificare il raggiungimento di tale obiettivo.

I principali risultati di tale studio hanno indicato come tale obiettivo non sia stato raggiunto e come sussista una situazione largamente differenziata tra i diversi Stati membri nell’utilizzo di tale strumento. In particolare nel periodo di riferimento 2009-2010, solo quattro Stati membri (Belgio, Danimarca, Paesi Bassi e Svezia) su ventisei esaminati, hanno mostrato un utilizzo dei criteri GPP “di base” stabiliti a livello europeo nel 40-60% dei casi (per maggiori informazioni consultare il sito della Commissione Europea). Attualmente sono disponibili oltre 20 categorie tra prodotti e servizi per i quali sono stati definiti criteri di GPP a livello europeo (cfr. box di seguito).

Nonostante il green public procurement sia uno strumento volontario di politica ambientale a disposizione degli Stati membri, sussistono esempi di legislazione a livello comunitario che prevedono minimi livelli di efficienza energetica obbligatori per l’acquisto di specifici beni e servizi. Tali esempi sono rinvenibili:

  • nel Regolamento, denominato Energy Star Regulation, n. 106/2008 del 15 gennaio 2008 “concernente un programma comunitario di etichettatura relativa a un uso efficiente dell’energia per le apparecchiature per ufficio”, per il quale i prodotti informatici acquistati dalla Commissione, dalle altre Istituzioni della Comunità e dalle amministrazioni del Governo centrale dei diversi Stati membri, devono rispettare i requisiti minimi di efficienza energetica previsti dal regolamento EU Energy Star.
  • nella Direttiva 2009/33/CE del 23 aprile 2009 “relativa alla promozione di veicoli puliti e a basso consumo energetico nel trasporto su strada”, per la quale le Pubbliche Amministrazioni devono considerare nella scelta di acquisto di veicoli adibiti al trasporto su strada, oltre al prezzo di acquisto del veicolo, l’impatto energetico e l’impatto ambientale imputabili all’esercizio del veicolo nel corso dell’intero ciclo di vita, calcolato in base a una metodologia stabilita.
  • nella Direttiva 2012/27/UE del 25 ottobre 2012 sull’efficienza energetica, per la quale le amministrazioni centrali hanno l’obbligo di acquistare esclusivamente prodotti, servizi ed edifici ad alta efficienza energetica.
  • nella Direttiva 2010/31/UE del 19 maggio 2010 sul “rendimento energetico nell’edilizia (rifusione)”, la quale prevede che a partire dal 31 dicembre 2018 gli edifici di nuova costruzione occupati da enti pubblici e di proprietà di questi ultimi siano edifici a energia quasi zero.

Inoltre alcuni Stati membri prevedono regole specifiche con standard obbligatori sugli appalti pubblici verdi per specifiche categorie di prodotti/servizi; tra gli esempi a livello nazionale vi è la Repubblica Ceca dove il GPP è obbligatorio per alcune tipologie di prodotti quali IT equipment e mobili, ovvero a livello municipale in città tra le quali Barcellona e Berlino.

In Italia è in corso di approvazione in Parlamento il Disegno di legge “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali” (collegato alla Legge di stabilità 2014, atto Camera dei deputati n. 2093), nel quale all’art. 10 si prevede l’obbligo per le Pubbliche Amministrazioni di inserire, nei bandi e documenti di gara relativi agli appalti di fornitura di beni e servizi, i criteri ambientali minimi (CAM) stabiliti con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare riguardo a una serie di tipologie di prodotti e servizi quali: servizi energetici per gli edifici, servizio d’illuminazione e forza motrice, servizio di riscaldamento/raffrescamento di edifici; attrezzature elettriche ed elettroniche d’ufficio, quali personal computer, stampanti, apparecchi multifunzione e fotocopiatrici; lampade HID e sistemi a LED, corpi illuminanti e impianti di illuminazione pubblica. Per almeno il 50% del valore delle forniture, dei lavori o dei servizi oggetto delle gare d’appalto alle seguenti categorie di prodotti o servizi:

  • carta per copia e carta grafica
  • ristorazione collettiva e derrate alimentari
  • affidamento del servizio di pulizia e per la fornitura di prodotti per l’igiene
  • prodotti tessili
  • arredi per ufficio.

GPP come strumento

L’utilizzo del GPP come strumento di policy negli ultimi anni è costantemente aumentato come anche l’impegno politico a livello nazionale ed europeo. Recentemente nell’ambito della Comunicazione della Commissione “Verso un’economia circolare: programma per un’Europa a zero rifiuti” (COM (2014) 398 del 2 luglio 2014), si riconosce la necessità di passare da un modello di economia lineare quale quello del “prendi, produci, usa e getta” affermatosi fin dalla rivoluzione industriale, a un modello di economia circolare nel quale il prodotto finale, invece di diventare rifiuto, può costituire una risorsa da riutilizzare attraverso “cambiamenti nell’insieme delle catene di valore, dalla progettazione dei prodotti ai modelli di mercato e di impresa, dai metodi di trasformazione dei rifiuti in risorse alle modalità di consumo” (cfr. COM (2014) 398 pag. 2).

Si tratta di un nuovo modo di concepire prodotti e servizi particolarmente importante per il ruolo esercitato dagli strumenti di policy quali il green public procurement in grado di influenzare modelli di produzione e consumo. Nella stessa Comunicazione si riconosce infatti il ruolo che gli appalti pubblici possono ricoprire, per esempio nella “creazione di mercati di materie prime secondarie (materie riciclate)” (cfr. COM (2014) 398 pag. 4), attraverso la definizione di criteri volti sia alla promozione del recupero di prodotti già utilizzati, sia all’impiego di materiali riciclati nei prodotti destinati al consumo finale, così come a livello di progettazione di beni e servizi innovativi attraverso appalti di Ricerca e Sviluppo (cosiddetti appalti pre-commerciali, cfr. COM (2007) 799 del 14 dicembre 2007).

Tra le azioni individuate nell’ambito della Comunicazione, la Commissione europea si impegna tra l’altro a “[…] sostenere strumenti innovativi, quali gli appalti pre-commercializzazione e gli appalti pubblici di prodotti e servizi innovativi, e favorire la creazione di reti di autorità pubbliche intorno al tema degli appalti pubblici verdi” (Cfr. COM (2014) 398 pag. 7).

Ulteriore recente iniziativa della Commissione in materia di occupazione verde è la Comunicazione “Iniziativa per favorire l’occupazione verde: Sfruttare le potenzialità dell’economia verde di creare posti di lavoro” nella quale si riconosce il ruolo degli appalti pubblici verdi nella creazione di posti di lavoro (cfr. COM (2014) 446 del 2 luglio 2014 pag. 11). Inoltre l’iniziativa della Commissione sulla Verifica delle Tecnologie Ambientali (ETV), oggi in una fase avanzata di sviluppo, offre un altro strumento utile: le tecnologie ambientali che sono state verificate potrebbero essere favorite nella misura in cui siano rilevanti per il GPP.

Ecolabel in crescita

Sul fronte Ecolabel UE il numero di gruppi di prodotti per i quali sono stati definiti i criteri ha superato le trenta categorie. Per quanto riguarda il numero di licenze con il marchio Ecolabel UE e i prodotti certificati, gli ultimi aggiornamenti disponibili a livello europeo si basano su statistiche del gennaio 2012, ma il continuo rilascio di licenze a livello nazionale nei diversi Stati membri come per esempio in Italia, Germania, Francia, fa ritenere l’uso del marchio in costante crescita.

Per l’Italia, primo paese in Europa in termini di licenze e prodotti/servizi certificati, le ultime statistiche disponibili si riferiscono a dati relativi all’ultima riunione del Comitato Ecolabel-Ecoaudit (organismo competente italiano per il rilascio del marchio) del 24 luglio 2013 dove risultano 324 licenze Ecolabel UE concesse, un totale di 18.380 prodotti/ servizi etichettati distribuiti in 17 categorie di gruppi di prodotti. Negli ultimi anni l’Italia ha avuto un ruolo leader nella promozione e nell’uso di tale strumento molto spesso stimolato dall’utilizzo del marchio Ecolabel UE nell’ambito delle procedure di gara delle Pubbliche Amministrazioni.

La considerazione degli aspetti ambientali nelle scelte di produzione e consumo è un percorso necessario oramai ampiamente riconosciuto a livello europeo e nella maggior parte degli Stati membri ma ancora tutto da realizzare. Siamo infatti molto lontani dal potenziale 20% del prodotto interno lordo dell’Unione Europea di domanda pubblica di prodotti ecologici e i livelli di mercato di beni e servizi con certificazione ecologica sono ancora molto marginali. Tuttavia i trend di crescita fanno ben sperare e in tal senso il rafforzamento del concetto e dell’uso dell’approccio di Life Cycle Costing (considerazione dei costi del bene/ servizio durante l’intero ciclo di vita inclusi i costi ambientali) nell’ambito delle procedure di acquisto delle Pubbliche Amministrazioni previsto nella nuova Direttiva sugli appalti pubblici, può rappresentare un’importante opportunità per la diffusione di tali strumenti.

L’articolo di Stefania Minestrini, Resource Efficiency and Economic Analysis Unit – DG Environment della Commissione Europea, è stato pubblicato sul n.4/2014 della rivista bimestrale QualEnergia, con il titolo “La fornitura si tinge di verde”.

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