Idrocarburi italiani: continua l’uso dell’iperbole

  • 20 Ottobre 2014

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Incassata la licenza di trivellazione su tutto il territorio nazionale, le società del settore dei fossili e alcuni giornali provano a convincere della straordinaria ricchezza delle riserve nostrane, ora diventate addirittura "pari a 700 Mtep", e delle enormi prospettive occupazionali. Una nota di Aspo Italia, sezione dell'Association for the Study of Peak Oil.

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Incassata, con il decreto Sblocca Italia, la licenza di trivellazione su tutto il territorio nazionale, le Compagnie Petrolifere e i loro agenti di pubbliche relazioni, continuano la campagna di comunicazione volta a convincere l’opinione pubblica della straordinaria consistenza delle riserve petrolifere (diventate ora “700 Mtep”) e delle straordinarie prospettive occupazionali (“creazione di 100.000 posti di lavoro”).

Sarebbe interessante sapere da quali campagne di ricerca viene fuori questa nuova cifra di riserve per 700 milioni di tonnellate equivalenti (Mtep) di petrolio e gas [J. Giliberto, Petrolio, il tesoro nascosto, IlSole24 Ore]. La situazione al 31 dicembre 2013, riportata nel rapporto 2014 del Ministero per lo Sviluppo Economico (MiSE) è la seguente:

Queste quantità corrispondono alla durata, espressa in anni, nella tabella , calcolata in rapporto al consumo nazionale di idrocarburi (olio + gas), circa 120 Mtep, registrato nel 2013. Il rapporto Riserve/Consumi (R/C) esprime infatti il numero di anni teorico che le riserve possono durare se consumate nelle quantità prese a riferimento.

Queste stime servono solo come indicazione per valutare l’entità delle riserve e non considerano in alcun modo la rapidità con cui le riserve possono essere effettivamente estratte e portate sul mercato.

Si ricorda inoltre che riserve certe sono secondo la definizione del ministero “quantità stimate di idrocarburi che, sulla base di dati geologici e di ingegneria di giacimento disponibili, potranno con ragionevole certezza (cioè con probabilità superiore al 90%) essere commercialmente prodotte nelle condizioni tecniche, contrattuali, economiche e operative esistenti”. Le riserve probabili hanno probabilità di essere prodotte commercialmente del 50%, mentre le riserve possibili hanno probabilità nettamente inferiori a quelle probabili. E’ dunque ovvio che le stime di durata delle riserve riportate in tabella sono una stima approssimata per eccesso. Una stima che tenga conto delle reali probabilità di ciascuna categoria riduce la durata totale delle riserve (il rapporto R/C) a poco più di 1 anno e mezzo.

Dunque, la somma totale delle risorse certe, probabili e possibili di gas e olio ammontava meno di un anno fa a 341 Mtep. Ci chiediamo cosa abbia determinato il raddoppio di questa quantità dato che le condizioni economiche non sono migliorate; infatti il prezzo del barile è in calo dal 2011 e il prezzo del gas è stabile. L’attività di prospezione e esplorazione riportata sul sito del MSE non giustifica un aumento così massiccio delle riserve. Non si hanno notizie di nuove clamorose innovazioni tecnologiche che possano aver reso raggiungibili giacimenti un tempo (un anno fa) preclusi allo sfruttamento.

L’unica variabile che resta è quella normativa. Si deve dedurre che lo Sblocca Italia ha avuto questo magico effetto di raddoppiare per via legislativa la consistenza delle riserve di idrocarburi? O siamo ancora nel campo di una campagna pubblicitaria che le compagnie petrolifere inscenano per difendere l’osso regalatogli dal governo Renzi di fronte al crescere della mobilitazione pubblica contro le trivelle?

Altra iperbole usata dai petrolieri è quella delle potenzialità occupazionali: si arriva addirittura a ipotizzare la creazione di 100.000 (centomila!) posti di lavoro nel settore energia.

Un piccolo aiuto a capire questo aspetto ci viene, sorprendentemente, dal prof. Leonardo Maugeri [Se si può trivellare e rispettare l’ambiente. Il Sole 24 Ore] che, con minore enfasi dei suoi colleghi petrolieri italiani, si limita a sostenere la bontà di certi progetti estrattivi, ma non spara cifre da capogiro e soprattutto ridimensiona la prospettiva occupazionale, ricordando che l’intera Saudi Aramco, compagnia di bandiera saudita che gestisce una produzione di solo petrolio che è 80 volte più grande di quella italiana, impiega 50.000 persone. Per un settore ad alta intensità di capitale come quello petrolifero è evidente che nel caso dei numeri dell’articolo di Giliberto siamo in presenza di cifre sparate a caso con puro intento propagandistico.

Ma non è una novità in campo petrolifero. Ci ricordiamo le stime occupazionali delle compagnie americane del fracking che nel computo dei posti di lavoro creati dalle loro attività, includevano spoglierelliste e prostitute che avevano raggiunto i luoghi sperduti del Nord Dakota dove si erano insediate le aziende estrattive.

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