Usa, entro il 2030 metà degli edifici governativi sarà net zero energy?

La rivoluzione energetica passa obbligatoriamente per il taglio dei consumi degli edifici. Ne sono convinti al Rocky Mountain Institute. Il think-tank sta lavorando affinché gli USA adottino un obiettivo molto ambizioso: rendere a consumi netti nulli metà del patrimonio edilizio del governo federale. Ne parliamo con il responsabile edilizia Victor Olgyay.

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Per “reinventare il fuoco”, come propone di fare Amory Lovins nella sua ultima opera, è essenziale riqualificare energeticamente il patrimonio edilizio esistente. Al Rocky Mountain Institute sono ben consci del fatto che la rivoluzione energetica che porterà a un’economia low-carbon passa per il cosiddetto deep retrofit degli edifici, cioè per interventi capaci di abbatterne i consumi anche di oltre il 50%.

Il think-thank di Boulder, Colorado, lo ha mostrato promuovendo l’efficienza in molti modi, ad esempio con interventi simbolo come la riqualificazione energetica dell’Empire State Building, che ha tagliato di quasi il 40% i consumi dell’edificio, per oltre 4 milioni di dollari l’anno, ripagandosi in 3 anni. Ma interessante è anche il ruolo attivo che il RMI sta avendo nel far adottare al governo degli Stati Uniti un target veramente ambizioso: rendere a consumi netti nulli metà di tutti gli edifici del governo federale entro il 2030. Ne abbiamo parlato con il responsabile del settore edilizia del Rocky Mountain Institute, Victor Olgyay (figlio dell’omonimo Victor Olgyay, professore di architettura tra i padri della bioarchitettura), ai margini di un convegno nell’ambito di REbuild 2014.

Mr Olgyay, nello scenario dipinto in “Reinventare il fuoco”, per il 2050 si prospetta una riduzione dei consumi del patrimonio edilizio USA del 54-69% rispetto a uno scenario business as usual. Che ruolo ha la riqualificazione energetica degli edifici nella ricetta del Rocky Mountain Institute per un’economia low-carbon?

Fondamentale, perché gli edifici usano una grande quantità di energia, specialmente elettricità. Se vogliamo arrivare a un’economia basata sull’energia low-carbon dobbiamo ridurre i consumi del patrimonio edilizio. Se non interveniamo in questo senso sarà molto più difficile e costoso ottenere da sole, vento e le altre rinnovabili tutta l’energia necessaria. La buona notizia è che possiamo intervenire in questo senso in maniera cost-effective.

Abbiamo sentito che, grazie anche all’azione di lobbying del Rocky Mountain Institute, gli USA potrebbero adottare un obiettivo veramente ambizioso: rendere “net zero energy”, cioè a consumi netti nulli, metà degli edifici governativi entro il 2030. È così?

La discussione è in corso. L’idea è appunto di rendere net zero energy il 50% di tutto il patrimonio edilizio di proprietà del governo federale e delle sue agenzie. Un obiettivo che richiederà un grande sforzo da parte del governo. Dobbiamo lavorare in stretta collaborazione con le agenzie federali per far loro capire come possono arrivarci senza uno sforzo eccessivo e senza che ciò sia troppo costoso o richieda troppo tempo. Deve essere una misura conveniente. Devono rendersi conto dei benefici. Credo che ci siano tutte le ragioni per credere che la discussione si concluderà con l’accettazione e l’implementazione del target.

È un obiettivo sfidante che richiederà un ingente sforzo economico da parte del Governo: da dove le viene questa fiducia nel fatto che sarà adottato e raggiunto?

Dobbiamo assicurarci che l’obiettivo sia accettato senza dover necessariamente essere approvato dal Congresso. Stiamo provando a muoverci al di sotto del livello legislativo. La prescrizione discende dalle disposizioni di una legge già approvata 5 anni fa, l’Energy Information and Security Act del 2007, o EISA. L’obiettivo in questione infatti è una misura per raggiungere i target introdotti dall’EISA. Per cui non credo che ci sia spazio per controversie: la legge è già stata approvata, ora è solo una questione di consapevolezza, di volontà e di tradurre il target in realtà.

Che impatto avrebbe un obiettivo del genere sull’economia americana?

La stimolerebbe in tutti i settori. Io vedo lo spreco di energia nel patrimonio edilizio essenzialmente come entrate mancate, dollari persi. Se iniziamo a tappare quei buchi e a recuperare quel denaro, potremmo re-immetterlo nell’economia locale. Sarebbe un’opportunità non solo per creare lavoro ma per risparmiare altre risorse da reinvestire.

Una delle realizzazioni simbolo del Rocky Mountain Institute è la riqualificazione energetica dell’Empire State Building. Quali risultati si sono ottenuti con questo intervento e perché la sua importanza va ben oltre il fatto di aver tagliato del 40% la bolletta di quel singolo edificio?

L’intervento sull’Empire State Building è stato molto importante per una serie di ragioni. La prima è che si tratta di un edificio molto vecchio, degli anni ’30: la gente in genere non crede che si riescano a ridurre così tanto i consumi in un edificio del genere. Altra ragione è che ora è un magnifico business case: il retrofit ha reso possibile un risparmio energetico del 38%, tagliando le bollette di oltre 4 milioni di dollari l’anno e si è ripagato in 3 anni. Terzo motivo è che l’Empire State Building è molto visibile. Un sacco di gente ci passa, vede l’intervento fatto, lo capisce e qualcuno poi agisce: tutte le ditte che hanno partecipato alla riqualificazione energetica dell’Empire da allora sono state incaricate di fare molti altri deep energy retrofit simili.

I benefici della riqualificazione energetica di un edificio vanno oltre la mera riduzione delle bollette. Quasi sempre ci sono altre ricadute positive, come quelle sulla salute di chi abita quegli edifici o sulla produttività delle aziende che vi operano. Ha qualche dato in cui si quantifichino questi effetti?

A dire il vero stiamo appunto lavorando per avere più dati in questo senso, ma ci sono vari esempi dei benefici non energetici della riqualificazione energetica degli edifici. Uno, abbastanza ovvio, è che in un edificio con luce naturale si può continuare la propria attività anche quando salta la luce. Un altro grande vantaggio è che alla gente gli edifici “verdi” piacciono: c’è una migliore qualità dell’aria, questi edifici hanno un valore maggiore per chi li occupa, la gente che vi lavora tende ad essere più produttiva, elemento quest’ultimo provato da diversi studi scientifici. Altra ricaduta positiva è sulle vendite: negli ambienti con luce naturale la gente compra di più. Wallmart ad esempio ha scelto l’illuminazione naturale più per questo che per tagliare le bollette. Penso che molto spesso i benefici “collaterali” pesino più del risparmio energetico nello spingere alla riqualificazione energetica profonda degli edifici.

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