L’impianto a biomassa che taglia i consumi energetici delle serre

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La conversione dell’impianto di riscaldamento tradizionale con uno a alimentato a biomassa solida nell'ambito del settore florovivaistico permetterebbe di ridurre di tre volte i costi del combustibile, con un ritorno dell’investimento in 3-4 anni. Inoltre consente di ottenere Titoli di Efficienza Energetica e abbattere le emissioni di CO2.

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Il settore florovivaistico in Italia ha consumi energetici piuttosto significativi che potrebbero essere ridotti grazie ad alcuni interventi impiantistici, come l’utilizzo di caldaie a biomasse

Il settore spazia su un’ampia gamma di coltivazioni: dalle ortofrutticole alle piante ornamentali, con esigenze diverse in termini di temperatura, umidità e radiazione solare. Anche l’architettura delle serre, intesa come elementi costruttivi, è piuttosto varia: dal film plastico, al ferro-vetro, passando per il doppio film plastico gonfiato, sono tipologie molto utilizzate che variano a seconda della fascia climatica in cui sono presenti.

Per capire la misura dei consumi in gioco facciamo un esempio applicabile alla fascia climatica D: per colture mediamente energivore, caratterizzate da una temperatura interna alla serra di 16 °C, si può considerare un valore medio di consumo termico compreso tra 180 e 270 kWh/mq anno, garantito il più delle volte da impianti di riscaldamento alimenti a combustibile fossile.

La conversione dell’impianto di riscaldamento con uno a biomassa solida (pellet, cippato, nocciolino, ecc.) permetterebbe, oltre alla importante riduzione di emissioni indirette e dirette (in particolare in relazione ai gas che concorrono all’effetto serra, quantificabili in CO2eq), anche l’ottenimento dei Titoli di Efficienza Energetica (TEE), come incentivo alla riduzione del fabbisogno di energia primaria da fonte fossile.

Sempre ipotizzando un’azienda in fascia climatica D, su una superficie di 2 ha con serre rivestite in film plastico e con temperatura interna pari a 16 °C, sarebbero necessari 5.400 MWh/anno, pari a circa 529.000 l/anno di gasolio o 1.700 t/anno di cippato.

Passare quindi da una caldaia tradizionale ad una a biomassa consentirebbe di ridurre il costo di approvvigionamento del combustibile da circa 450.000 a 150.000 euro, consentendo un ritorno dell’investimento iniziale, pur tenendo in considerazione un contenuto aumento dei costi di manutenzione, in circa 3-4 anni. Al contempo si ridurranno le emissione di gas serra in misura di circa 1.250 tCO2eq/anno.

A questi benefici si aggiungono anche quelli conseguibili con la richiesta dei TEE che, attraverso la scheda 40E pubblicata dal GSE (utilizzabile sotto determinate condizioni gestionali e prestazionali, in caso di distribuzione del calore ad acqua), permette in questo caso l’ottenimento di 1.040 TEE/anno: i Titoli di efficienza energetica portano così ad un ricavo di circa 100.000 €/anno per i 5 anni di incentivazione grazie alla loro vendita sul mercato da parte delle ESCo.

La società AzzeroCO2, nell’ambito della Campagna Recall, ha strutturato un’ampia offerta tecnico-economica dedicata proprio alle aziende del settore florovivaistico (non solo ricadenti nelle tipologie di intervento contemplate dalla scheda 40) con lo scopo di ottimizzare e razionalizzare i consumi energetici legati alle proprie attività, anche grazie al ricorso a tecnologie più efficienti e innovative.

Partendo dai risultati di un’analisi energetica che contempla i dati caratteristici della serra (altezze medie, dimensioni in pianta, struttura e materiale con cui sono costruite), il fabbisogno termico delle colture, le scelte produttive dell’azienda e l’andamento della temperatura nella caratteristica fascia climatica in cui è presente l’azienda agricola, la società offre un percorso di efficientamento dell’intero ciclo produttivo, fotografando lo stato dell’arte dell’azienda dal punto di vista degli impianti e delle strutture, e fornendo soluzioni adatte a ridurre i consumi energetici e, conseguentemente, le emissioni in atmosfera (informazioni sul progetto).

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