Clima ed energie fossili, ci sono i presupposti per invertire la rotta

Nonostante l’incremento record della concentrazione di CO2 in atmosfera nel 2013, alcuni segnali a macchia di leopardo fanno pensare che qualcosa possa cambiare: disinvestimenti negli asset fossili, nuove alleanze, avvertimenti di istituzioni solitamente conservatrici, rapido sviluppo delle tecnologie pulite. L'editoriale di Silvestrini.

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Gli avvenimenti degli ultimi giorni sul clima, dalla marcia in centinaia di città in tutto il  mondo all’Assemblea delle Nazioni Unite, sono stati surclassati su molti media dall’annuncio della Fondazione dei fratelli Rockefeller di voler vendere le azioni delle aziende fossili. “Se il mio trisnonno fosse vissuto ai nostri giorni avrebbe investito nelle rinnovabili”, ha dichiarato Wendy Rockefeller, che con i suoi parenti si era già impegnata chiedendo alla Exxon trasparenza sui rischi di una “bolla del carbonio”.

Un ulteriore segnale. Come quello della recente adesione dell’Unione delle Chiese Cristiane che raggruppa mezzo miliardo di protestanti, della rapida crescita del movimento “Divest fossil”. Insomma, la campagna di boicottaggio, partita come piccola palla di neve, nei prossimi anni potrebbe impensierire il mondo dei fossili, uno dei poteri che pone più resistenza al raggiungimento di un accordo sul clima.

Che il contesto stia cambiando lo si evince anche da alcuni recenti rapporti della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale che sostengono la fattibilità economica di una riduzione drastica delle emissioni climalteranti, sottolineando i notevoli vantaggi collaterali, dalla salute all’occupazione,  derivanti da una incisiva politica climatica. 

Del resto è visibile un cambio di accento tra l’ultimo rapporto della Global Commission on the Economy and Climate, coordinato da Sir Nicholas Stern, caratterizzato dal messaggio “Si può fare”, rispetto allo studio elaborato dallo stesso Stern otto anni fa per conto del governo inglese, nel quale il focus era sui possibili elevati impatti sull’economia del riscaldamento del pianeta e sugli alti costi necessari per intervenire.

Cosa è cambiato nel frattempo? L’evoluzione più rapida del previsto delle tecnologie, pensiamo al crollo dei prezzi del fotovoltaico e dei Led, che fa intuire la praticabilità di scenari di drastiche riduzioni delle emissioni.  

Certo, nel frattempo la produzione di anidride carbonica continua a crescere e la capacità della vegetazione e degli oceani di assorbire la CO2 si sta riducendo, come ci ricorda l’Organizzazione metereologica mondiale (WMO), segnalando l’incremento record della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera (+2,8 ppm nel 2013).

La partita è quanto mai aperta, ma la possibilità che la situazione si possa sbloccare e che nell’arco di un decennio le emissioni climalteranti inizino a ridursi diventa più concreta. Anche perché le recenti posizioni degli Usa e i cambiamenti in atto in Cina fanno sperare in un esito positivo della conferenza sul clima di Parigi del prossimo anno.

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