Bufera sugli ‘interessi fossili’ del nuovo commissario Ue per Clima ed Energia

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Lo spagnolo Miguel Arias Cañete, già ministro dell'Ambiente del governo Rajoy, possiede azioni in due compagnie petrolifere, delle quali è stato anche presidente del CdA e nelle quali suoi familiari occupano posti di comando. Rischia di vedere la sua nomina a commissario europeo rigettata dall'Europarlamento.

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Il nuovo commissario europeo per Clima ed Energia – lo spagnolo Miguel Arias Cañete – possiede azioni in due compagnie petrolifere delle quali è stato anche presidente di cda. Se non le vende rischia di vedere la sua nomina rigettata dal Parlamento europeo, almeno a quanto minacciano alcuni europarlamentari.

Cañete, uomo del Partido Popular e fino all’elezione all’Europarlamento ministro dell’Agricoltura e dell’Ambiente del governo Rajoy, stando alla sua dichiarazione pubblica degli interessi economici (qui, pdf), possiede il 2,5% di due società petrolifere Ducor SL and Petrologis Canarias SL. Sarebbe titolare di azioni per un valore che, secondo una sua dichiarazione pubblica di interessi fatta agli elettori spagnoli, nel 2011 ammontavano a circa 326mila euro ed è stato fino al 2012 anche presidente dei consigli di amministrazione di entrambe le società. Il cognato Miguel Domecq Solis è direttore sia di Petrologis che di Ducar e il figlio, Miguel Arias Domecq, è nel cda di Ducar.

Una situazione che a naso per molti puzza di conflitto di interesse, vista la posizione che Cañete assumerebbe. Di conflitto d’interesse d’altra parte il nuovo commissario europeo al Clima e all’Energia era stato accusato, per gli stessi motivi, anche quando era ministro dell’Ambiente in Spagna.

“Un commissario deve essere indipendente da interessi particolari e, a mio parere è obbligatorio che vengano rivendute le azioni delle società petrolifere se vuole adempiere ai suoi doveri di ufficio libero da qualsiasi conflitto di interessi”, dichiara al Guardian il deputato socialdemocratico tedesco Jo Leinen, membro della commissione Ambiente dell’Europarlamento.

Preoccupato anche il cosiddetto G10, il gruppo composto dalle 10 maggiori ONG ambientaliste d’Europa, di cui fanno parte anche Greenpeace e WWF, e che ha diramato questa nota.

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