La Cina punta sul fotovoltaico in autoconsumo e frena sul carbone

Il gigante asiatico continua con le politiche per promuovere il fotovoltaico: la spinta più recente di Pechino punta in particolare sul FV in autoconsumo e dunque su impianti su tetto o collegati a utenti energivori. Il mercato interno del solare non arresta la crescita, mentre per la prima volta si ferma l'aumento del consumo di carbone.

ADV
image_pdfimage_print

La Cina continua con le politiche di promozione del fotovoltaico e intanto la sua pesante dipendenza dal carbone inizia lentamente a diminuire. La spinta più recente del gigante asiatico in materia di energia solare punta in particolare sul FV in autoconsumo e dunque su impianti su tetto o realizzati direttamente presso utenti energivori, specie nelle aree in cui l’accesso all’energia è più difficile.

L’Amministrazione nazionale per l’energia di Pechino, infatti, in una nota indirizzata alle autorità locali pubblicata nei giorni scorsi (riportata da Bloomberg, qui l’originale) invita le autorità locali a identificare progetti in cui il fotovoltaico possa dare energia direttamente agli utenti del luogo e mette in campo incentivi più generosi per questo tipo di impianti.

Per quest’anno il paese si propone di installare circa 8 GW di nuova potenza FV in generazione distribuita e altri 6 GW in centrali utility scale. Nei primi 6 mesi del 2014, dicono dati NPD Solarbuzz, in Cina sono stati installati nuovi impianti per 3,3 GW, ma l’accelerazione dovrebbe concretizzarsi nella seconda metà dell’anno. Secondo Bloomberg quest’anno si dovrebbero installare 14 GW di nuova potenza.

In pratica quest’anno si raddoppierà l’installato totale: dopo aver aggiunto 12 GW nel 2013, alla fine dell’anno scorso la potenza cumulativa cinese era a 14,79 GW. Pochi giorni fa Michael Barker, analista di NPD Solarbuzz, sul suo blog prevedeva che al 2018 in Cina ci saranno 100 GW di impianti fotovoltaici, ma è difficile fare previsioni: lo sviluppo del FV cinese in questi anni è avvenuto a ritmi vertiginosi spinto da obiettivi continuamente rivisti al rialzo.

La superpotenza asiatica, d’altra parte, ha diversi buoni motivi per puntare sul solare. Innanzitutto la creazione di un mercato interno (che è diventato il più grande al mondo) va a beneficio della fortissima industria nazionale del FV. Il 58% dei moduli fotovoltaici installati nel mondo (mostrano dati IHS research), infatti, sono made in China e i produttori cinesi in questi ultimi anni hanno dovuto fare i conti, con misure protezionistiche in due mercati molto importanti come l’Europa e gli Usa, oltre che con una crisi da sovrapproduzione che sembra però ormai alle spalle.

Ma, oltre alla non trascurabile partita industriale, è chiaro che Pechino ha capito bene i vantaggi che questa tecnologia può dare nel soddisfare la sua crescente fame di energia: gli impianti solari consentono di realizzare nuova potenza in tempi rapidissimi, di produrre laddove c’è il fabbisogno e, soprattutto, di alleviare il problema della dipendenza dall’import e quello dell’inquinamento atmosferico, che è diventato una vera e propria emergenza nazionale.

Il colosso asiatico, ricordiamo, conta sul carbone per circa il 70% del suo fabbisogno elettrico e ne brucia circa la metà della domanda mondiale, con costi ambientali e sanitari altissimi: pari al 7% del Pil, secondo uno studio di Greenpeace (dato 2007). Negli ultimi anni il governo cinese è impegnato in una vera e propria missione per ridurre la dipendenza da questa fonte. Ora i dati più recenti mostrano i primi risultati: nei primi 5 mesi del 2014, per la prima volta dagli anni ’80, la produzione da carbone è scesa dicono cifre da fonti governativi, mentre le importazioni del minerale per la prima volta hanno smesso di aumentare, dopo che in questi ultimi anni erano cresciute a tassi annuali che andavano dal 13 al 20%. Come si vede dal grafico sotto, la crescita dell’economia cinese è sempre più disaccoppiata da quella del suo consumo di carbone.

ADV
×