Spalma-incentivi, le vie legali per il ricorso

Quali via legali sono percorribili per gli operatori contro lo spalma-incentivi? Secondo l'Avv. Mastrojanni sia il Giudice nazionale che la Corte di Giustizia europea, organo giurisdizionale terzo e imparziale (indipendente anche dalla Commissione Europea), non potranno non condannare una tale violazione del diritto comunitario.

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Come è noto, la recentissima L. 116/2014 di conversione del D.L. 91/2014 ha definitivamente approvato in Italia il taglio retroattivo degli incentivi al fotovoltaico.

L’intenzione dichiarata dal Governo è quella di diminuire il costo dell’energia nella bolletta dei consumatori e delle cosiddette imprese “ad alta intensità energetica”, e in questo modo attuare una politica di rilancio dell’economia nazionale. Detta politica italiana è in qualche modo in sintonia e condizionata dalla nuova politica europea in materia. Infatti, come si legge da ultimo nelle nuove Linee Guida UE sull’energia, la Comunità si dichiara preoccupata che il sistema di incentivazione alteri la libera concorrenza tra produttori di energia da fonti rinnovabili e quelli da fonti tradizionali, e prevede un ridimensionamento, per il futuro, delle incentivazioni alla produzione di energia pulita.

Alcuni commentatori hanno supposto che le vere finalità della nuova politica europea siano altre, e siano da ricercare nell’interesse di tutelare, ancora una volta, gli interessi, anche extracomunitari, del mondo delle fonti tradizionali di approvvigionamento energetico, con buona pace dell’ambiente, della salute pubblica, e finanche del primario interesse europeo ad una, seppur parziale, autonomia energetica.

E’ bene però sottolineare che la stessa Commissione europea ha raccomandato, in più sedi e a più livelli, che la rimodulazione degli incentivi non avvenga in maniera retroattiva e non violi gli interessi già consolidati dei produttori. Di recente, la Commissione ha espressamente sostenuto che “le misure di intervento pubblico devono rappresentare un impegno stabile, a lungo termine, trasparente, prevedibile e credibile nei confronti degli investitori e dei consumatori”; il che ha indotto la stessa a escludere l’applicazione retroattiva delle modifiche di regimi incentivanti, tali da compromettere la fiducia degli investitoriLa stessa Direttiva comunitaria sulle energie rinnovabili richiede stabilità di interventi e rispetto degli impegni. 

Il Governo italiano agisce, al contrario, in maniera chiaramente retroattiva, sacrificando i legittimi diritti dei produttori che hanno prestato fede agli impegni assunti dallo Stato Italiano. La modalità di legiferazione è inaccettabile, e non potrà, a parere di chi scrive, passare indenne al vaglio di conformità al diritto comunitario. 

L’ordinamento europeo appresta un sistema di tutela giurisdizionale libero e indipendente, il quale sovraintende al rispetto della legge comunitaria e dei principi generali incontrovertibili che, quali pilastri di un edificio, sorreggono l’intero impianto giuridico comunitario. Tra questi, come è noto, i principi di legittimo affidamento e di certezza del diritto.

La Comunità nasce, infatti, come unione di mercati, i quali vivono di certezza e sicurezza giuridica. E’ per questo che detti principi rappresentano presidi di esistenza stessa dell’ordinamento comunitario. Se chiamata in causa, la Corte di Giustizia, a parere di chi scrive, non potrà non confermare la vigenza di detti principi immanenti l’ordinamento comunitario, e, confermando quanto già dichiarato in questo senso in decine di pronunce, dichiarare il Decreto Spalma-incentivi illegittimo. E’ questo l’organo da cui gli operatori italiani possono aspettarsi effettiva tutela. Invero il DL 91/2014, come convertito, lede anche precetti costituzionali e pertanto la tutela può essere richiesta anche alla Corte Costituzionale italiana.

Tuttavia è legittimo presumere che la tutela effettiva arriverà dalla Corte di Giustizia, organo naturalmente vocato al controllo del rispetto sia degli atti normativi comunitari sia dei principi generali dell’ordinamento comunitario di origine giurisprudenziale. Gli operatori che agiranno giudizialmente a difesa dei loro interessi potranno richiedere la disapplicazione in loro favore della normativa illegittima; l’eventuale disapplicazione comporterebbe l’obbligo per il GSE di versare ai ricorrenti l’incentivo nella misura risultante dalle originarie convenzioni pattuite e per tutto il periodo originariamente previsto. Ciò comporterebbe una piena tutela dei diritti dei ricorrenti.

Non altrettanto efficace, a parere di chi scrive, è il ricorso alla Commissione Europea, la quale, costituita dall’insieme di delegati dai Governi europei, è, come già illustrato, la prima sostenitrice dell’opportunità di riconsiderare il sistema d’incentivazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili (seppur non retroattivamente) e che, pertanto, è l’organo meno incline a garantire la posizione degli operatori. Si tratta, inoltre, in tutta evidenza, di un organo non giurisdizionale, strutturalmente inidoneo a garantire la stessa terziarità, competenza tecnica, e garanzia di un giudizio di legalità, che offre la Corte di Giustizia.

Gli operatori sono consapevoli che il clima politico nazionale e comunitario, in questo momento, non è favorevole ai loro interessi, e che gli operatori stessi sono stati finanche mediaticamente descritti come speculatori. E’ sotto gli occhi di tutti che gli operatori del fotovoltaico sono stati dapprima utilizzati per raggiungere i parametri di Kyoto, attratti in un businness vantaggioso, fidando nell’affidamento che essi avrebbero riposto negli impegni statali. In questo senso le loro risorse, le loro assunzioni di rischi, e le loro capacità imprenditoriali sono stati utilizzate quali strumenti di politica economica. In seguito, raggiunto l’obiettivo, gli stessi sono sacrificati ad altri interessi e la giustificazione che si dà di tutto ciò sembra la più comune delle mistificazioni: la protezione dei deboli, alias i consumatori e la riduzione dell’ammontare delle loro bollette. Quando tutto lascia supporre che l’intenzione sia, al contrario, la protezione dei più forti tra i forti.

Con buona pace del vero interesse nazionale, il quale coincide, innanzitutto, con il rispetto delle regole, unica garanzia non solo di civiltà giuridica ma di progresso economico. Il danno in termini di discredito internazionale e di perdita di fiducia degli operatori nazionali e stranieri, è certamente superiore, proprio in termini economici, a qualsiasi preteso vantaggio che il decreto Spalmaincentivi possa produrre nelle bollette dei consumatori.

Se gli operatori crederanno nella loro legittima posizione e, malgrado il clima politico ostile, difenderanno i loro diritti, sia il Giudice Nazionale, sia la Corte di Giustizia europea, organo giurisdizionale terzo e imparziale (indipendente anche rispetto alla posizione della Commissione Europea), non potranno, a parere di chi scrive, rinnegare anni di Giurisprudenza costante, né potranno non condannare una sì grave e manifesta violazione del diritto comunitario.

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