Tagli al fotovoltaico: Londra dovrà rimborsare gli operatori danneggiati

Il Governo britannico ha tagliato gli incentivi al fotovoltaico senza un adeguato preavviso e ora dovrà rimborsare le aziende danneggiate dal cambiamento normativo. Anche la Spagna rischia di pagare caro il suo intervento retroattivo contro le rinnovabili. Vicende da seguire con attenzione, dati i ricorsi in arrivo contro lo spalma-incentivi.

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Ha tagliato gli incentivi al fotovoltaico senza un adeguato preavviso: ora il governo britannico dovrà rimborsare le aziende danneggiate dal cambiamento normativo. La decisione della Corte Suprema britannica di ieri, assume un significato particolare qui in Italia, dove si sta approvando un taglio retroattivo, lo spalma-incentivi, che sembra in contraddizione sia con diversi principi della Costituzione italiana che con diversi articoli della Carta europea sull’Energia e che porterà ad una valanga di ricorsi.

Oggetto della decisione dei magistrati inglesi sono i tagli alle tariffe per il fotovoltaico decisi da Londra nel 2011: il DECC (Department of Energy and Climate Change) le aveva ridotte del 50% dando un preavviso di sole 6 settimane e con un processo di consultazione ancora aperto. Per questo la Corte ha accolto il ricorso di 14 aziende del solare che hanno chiesto risarcimenti per circa 132 milioni di sterline: hanno diritto ad essere rimborsate, anche se l’entità del risarcimento non è ancora stata definita.

Questo è già il secondo verdetto che dà ragione agli operatori sull’illegittimità di questi tagli; il primo sempre della Corte Suprema, era arrivato nel 2012. Il DECC ha già annunciato un contro-ricorso e difende la misura come “necessaria per frenare un mercato che si era eccessivamente surriscaldato”. Friends of the Earth, che ha supportato l’azione legale degli operatori del FV, ribatte che “il tentativo maldestro e illegale del Governo di tagliare il sostegno al solare gli potrebbe costare milioni di sterline. Soldi che sarebbe stato meglio spendere per incoraggiare case e aziende a prodursi da soli energia pulita, aiutando a ridurre la dipendenza dalle sporche fonti fossili”. Dopo i tagli del 2011, peraltro, Londra ha messo in piedi un sistema stabile e attraente di tariffe feed-in, grazie al quale il Paese sta vivendo un boom del fotovoltaico.

Altra battaglia legale contro i tagli alle rinnovabili, in questo caso ancora in corso, è quella spagnola. Madrid lo scorso 6 giugno ha approvato la legge (della quale si discuteva da quasi un anno) che taglia retroattivamente gli incentivi, ponendo dei tetti massimi ai profitti dei progetti. Contro questo intervento diversi investitori del settore stanno presentando ricorso all’Istituto di Arbitrato della Camera di Commercio di Stoccolma e una richiesta di intervento è stata presentata anche alla Direzione Energia della Commissione europea.

Una casistica che dovrebbe far riflettere il governo Renzi, che, salvo modifiche dello spalma-incentivi durante la conversione in legge del decreto, dovrà affrontare una valanga di ricorsi contro la norma, con relative rischieste di ingenti risarcimenti. Il provvedimento contenuto del pacchetto taglia-bollette, come segnalato anche dal presidente emerito della Corte Costituzionale, Valerio Onida, sembra violare palesemente i principi costituzionali in materia di retroattività e di tutela dell’affidamento, nonché gli obblighi internazionali derivanti dal Trattato sulla Carta Europea dell’Energia.

“I principi e le norme sulle quali si basano i nostri colleghi spagnoli nel ricorrere all’Arbitrariato Internazionale troverebbero applicazione anche in Italia – ci scrivono ad esempio dallo studio legale Rödl & Partner – sono quelle previste dal Trattato sulla Carta Europea dell’Energia”. In particolare, si spiega, ad essere contraddetto sarebbe l’articolo 10 del trattato, che contiene il principio del giusto ed equo trattamento e tutela gli investitori da repentini e inattesi cambiamenti delle condizioni sulla base delle quali gli investimenti sono stati effettuati, nonché l’articolo 13, che mira a proteggere gli investitori da un’espropriazione da parte di uno degli Stati contraenti, espropriazione che – come confermato da una pronuncia del 27 agosto 2008 del Centro internazionale per la risoluzione delle controversie relative agli investimenti, con sede a Washington (decisione Plama Consortium Ltd vs. Repubblica di Bulgaria) – non deve necessariamente implicare uno spossessamento fisico, ma ben può consistere in un deterioramento della redditività economica e del valore di un investimento causato da un intervento statale”.

Queste vicende finora sono state considerate del tutto marginali dai rappresentanti del MInistero dello Sviluppo Economico. Staremo a vedere cosa accadrà.

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