GSE Elementi è online. Rinnovabili ed efficienza: parola ai protagonisti dell’energia nazionale

  • 9 Luglio 2014

Uscito il numero 32 di Elementi, il periodico del GSE. Riportiamo di seguito alcuni estratti delle interviste realizzate dalla rivista al Ministro dell'Ambiente al Presidente della Commissione Ambiente della Camera, al Presidente dell’Autorità per l’energia; al Presidente di Confindustria Energia e al Presidente di Assoelettrica.

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Pubblicato il numero 32 di Elementi, il periodico del GSE. Riportiamo di seguito alcuni estratti delle interviste realizzate dalla rivista al Ministro dell’Ambiente Galletti; al Presidente della Commissione Ambiente della Camera Ermete Realacci; a Guido Bortoni, Presidente dell’Autorità per l’energia elettrica; Carlo Malacarne, Presidente di Confindustria Energia e a Chicco Testa Presidente di Assoelettrica.

“Quella delle rinnovabili, la vedo come una bella, pacifica rivoluzione culturale ed economica. Che ci sta conducendo verso un’economia sostenibile capace di produrre benessere, lavoro e tutelare le risorse naturali”. Così Gian Luca Galletti, Ministro dell’Ambiente, nel suo intervento nell’ultimo numero di Elementi, periodico del Gestore dei Servizi Energetici.

Galletti ha proseguito affermando che “Nella produzione termica da rinnovabili c’è spazio per un raddoppio rispetto al 2010: da 5 a 10 milioni di Tep. Il dato sui biocarburanti deve salire da meno del 5% al 10%, modificando le modalità di produzione con bioenergia di seconda e terza generazione, con una produzione sostenibile e non in contrasto con l’alimentazione umana o animale. Entro il 2020 l’efficienza energetica ci può portare a generare risparmi per 20 milioni di Tep, circa 4 volte quello che abbiamo fatto fino al 2010”.

Quanto al fotovoltaico, Galletti dichiara che “servono interventi e norme che agevolino il mantenimento di questo mercato. In tale direzione è importante aver incluso il fotovoltaico nella detrazione fiscale del 50% per le ristrutturazioni degli edifici con legge di stabilità del 2014. Ma sono necessari ulteriori interventi”. Tra questi, sostiene Galletti, “la semplificazione della connessione in rete del fotovoltaico – ed anche per altre fonti rinnovabili – con il mantenimento della priorità di dispacciamento, e l’alleggerimento degli adempimenti di tipo tecnico-burocratico che pesano sui costi d’investimento del settore. L’obiettivo è che alla riduzione dei costi della tecnologia si aggiunga una riduzione di quelli indiretti. E’ importante lo sviluppo di un’interfaccia unica nei confronti della distribuzione e del Gestore dei Servizi Energetici”.

“Servirà poi – prosegue Galletti – la semplificazione delle autorizzazioni degli impianti rinnovabili: ci sono le linee guida da migliorare con il contributo del Ministero per i Beni culturali e delle Sovraintendenze. E ancora, lo snellimento delle procedure per l’autorizzazione con l’adozione dell’Aua, l’Autorizzazione unica ambientale. In questa fase sono necessarie normative semplici e dare tempi certi di autorizzazione, migliorando i sistemi di controllo, per mantenere un giusto livello di guardia sugli impatti e il danno all’ambiente. Infine, la revisione del meccanismo di scambio sul posto, in modo da semplificarne le procedure e ampliarne l’applicazione, un elemento importante per l’integrazione delle rinnovabili nel mercato elettrico in un’ottica di generazione distribuita”.

Ermete Realacci, Presidente della Commissione Ambiente della Camera dei deputati, considera quella del risparmio energetico, “la partita del futuro”.
“Su questo tema c’è un problema culturale e di visione economica del Paese. Abbiamo passato mesi a litigare sull’Imu, che nel 2012 è costata agli italiani in media sulla prima casa 235 euro. Invece, tra una casa costruita bene e una male, la differenza è una bolletta da 1.500 euro all’anno. Gli ecobonus, inoltre, interessano settori vitali del Made in Italy come quello dell’innovazione, delle caldaie a condensazione e della domotica. Inoltre, questo provvedimento fa emergere il nero, che si trascina dietro cose poco gradevoli come la scarsa sicurezza sul lavoro e gli intrecci con la criminalità organizzata”.

Relativamente all’efficienza, in particolare per quella riguardante la riqualificazione energetica degli edifici pubblici, Realacci afferma: “quando il Commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, ha predisposto i piani dei tagli alla spesa, non capisco perché non si sia focalizzato sulla bolletta energetica della Pubblica amministrazione. Secondo la Consip gli edifici pubblici italiani pagano una bolletta di circa 5 miliardi di euro l’anno: solo le scuole 1 miliardo e 350 milioni. Per questo credo che il recepimento della Direttiva UE sull’efficienza costituisca una grossa opportunità, a patto che si definiscano bene i ruoli – prosegue – c’è bisogno di una cabina di regia che ruoti attorno ai Dicasteri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente e metta ordine a una serie di criticità. Corre quindi l’obbligo di certificazione energetica per gli appartamenti. Ebbene questo provvedimento sta andando a carte quarantotto: su internet si possono comprare certificazioni energetiche per 40 euro, è assurdo”.

Sul costo dell’energia, Realacci dichiara: “su tale tema si fa un ragionamento fasullo. Il 70% delle imprese italiane ha il costo dell’energia che non arriva all’1% del proprio fatturato. E i clienti domestici pagano meno della Germania. Certo, bisogna eliminare gli sprechi. Ci sono voci che dovrebbero essere tolte dalla bolletta. Ma per le rinnovabili noi spendiamo la metà della Germania, anche se la Germania ha un’economia che è il doppio della nostra. La differenza è che in Germania gravano più sui domestici che sulle imprese. Se andiamo a confrontare i costi dell’energia con la Germania è vero che le nostre Pmi pagano il 30% in più, ma nella stragrande maggioranza si tratta di un costo non avvertito. Per quanto riguarda invece le grandi imprese e gli energivori italiani, spesso pagano meno degli omologhi tedeschi”.

Guido Bortoni, Presidente dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, è del parere che “una delle principali sfide per il Paese è quella di ritrovare competitività, anche grazie alla riduzione del costo dell’energia per le nostre imprese. L’azione del governo di ridurre del 10% il costo delle bollette rappresenta un buono spunto per il rilancio. Tagliare si può, ma con un caveat: la riduzione per alcuni consumatori non deve avvenire a danno di altri. Non si possono cioè spostare i costi sulla spesa energetica delle famiglie. Occorre concentrarsi su una vera riduzione di spesa, diminuendo o eliminando le voci che gravano sugli oneri generali, che nel 2013 hanno raggiunto il peso mostruoso di 13,7 miliardi”.

In merito all’esistenza di un vero pericolo legato al gas importato dalla Russia, Bortoni sostiene che “dobbiamo ragionare in prospettiva, affrontando il tema più ampio della dipendenza energetica dell’Italia. L’Autorità predica da tempo la stessa soluzione: c’è da diversificare la contrattualistica e il paniere gas del Paese, ragionando in termini di mercato unico dell’energia, sfruttando i mix e le posizioni geografiche dei diversi Stati membri. Così l’Italia può dare un significativo contributo alla movimentazione di flussi di gas bidirezionali, e il nuovo gasdotto Tap rappresenta un’importante occasione per consentire all’Europa una via di approvvigionamento alternativa”. Sulle fonti rinnovabili, Bortoni fa presente che “sono fondamentali per uno sviluppo sostenibile e la decarbonizzazione del sistema energetico europeo, ma la tumultuosa crescita di questi anni si è riverberata in modo non economicamente sostenibile, arrivando quest’anno a incidere per circa 12 miliardi di euro sulle bollette. Le linee guida, prevedendo una graduale riduzione degli incentivi e un passaggio dal sistema ‘feed in tariff’ con il ‘feed in premium’, si inscrivono in un percorso coerente per contemperare la sostenibilità delle bollette con gli interessi dei soggetti attivi nella green economy. Le rinnovabili – prosegue Bortoni – sono ormai ‘maggiorenni e mature’: devono iniziare a entrare nel contesto di mercato e a integrarsi con le altre fonti”.

Su come sia possibile uscire da un muro contro muro dovuto alle diverse richieste di riduzione dei costi che vengono dal mondo del consumo d’energia, dalle famiglie, dalle Pmi, da industria e produttori, etc, il Presidente dell’Autorità energetica, è chiaro: “orientando le regole di funzionamento dei mercati verso una maggiore responsabilizzazione degli operatori e con l’integrazione dei cicli di investimento nello stesso mercato elettrico. Alle fonti rinnovabili si chiede responsabilizzazione sugli alti costi indotti al sistema, alle fonti convenzionali capacità di evoluzione e flessibilità. Non è possibile che il deficit di queste mancate integrazioni gravi sui consumatori. Soprattutto considerando la progressiva integrazione del mercato elettrico italiano con quelli degli altri Paesi Ue. I nostri documenti in tema di sistemi di distribuzione chiusi, di sistemi semplici di distribuzione e consumo, di riforma delle tariffe di distribuzione e di remunerazione della capacità vanno in questa direzione”.

“Con la riforma delle tariffe elettriche – conclude Bortoni – lo scopo è superare un’impostazione obsoleta, che genera distorsioni nelle scelte di consumo, penalizzando la diffusione di nuove tecnologie ad alta efficienza. Come primo passo da luglio partirà una sperimentazione tariffaria nazionale per i clienti domestici residenti che utilizzano pompe di calore elettriche come unico sistema di riscaldamento delle proprie abitazioni, a cui verrà applicata una tariffa per i servizi di rete aderente ai costi sottesi”. Quanto al futuro, Bortoni è sicuro: “c’è un importante driver dell’azione dell’Autorità: la ‘capacitazione’ del consumatore, attraverso progetti come la ‘bolletta 2.0‘. L’obiettivo è un format più snello, comprensibile, capace di garantire al cliente la disponibilità di tutte le informazioni utili”.

Carlo Malacarne, Presidente di Confindustria Energia, afferma che: “al Governo facciamo presente la questione di sicurezza energetica che deve essere garantita nel lungo termine. Il nostro sistema è in grado di assicurare approvvigionamenti stabili e sicuri, ma deve essere messo nelle condizioni di farlo. Una strategia coerente con i bisogni del Paese e un quadro legislativo e autorizzativo chiaro sono le precondizioni per il raggiungimento di questo obiettivo”. Sulle emissioni dei gas serra, Malacarne avverte: “non vogliamo dire che bisogna abbandonare la lotta per ridurre le emissioni, ma che occorre affrontare il problema con realismo e pragmatismo. Anche perché l’Europa non può fare tutto da sola: anche i Paesi extra UE, come la Cina, devono dare il loro contributo. Il mancato raggiungimento di un accordo globale lascerebbe tutto il peso di simili scelte sulle spalle degli operatori europei, con la prevedibile conseguenza di perdere ulteriormente competitività e – probabilmente – di fallire l’obiettivo finale”.

Sulla dipendenza energetica Malacarne non ha dubbi: “la diversificazione delle fonti e la creazione di infrastrutture che ci permettano di svincolarci dalla dipendenza delle forniture di uno o più Paesi ai quali storicamente abbiamo affidato il nostro approvvigionamento energetico è un tema prioritario. Bisogna svincolare questo tema dal calo congiunturale dei consumi. Un esempio? L’Italia consuma oggi circa 70 miliardi di metri cubi di gas, contro gli 85 miliardi del 2008. Eppure anche con 15 miliardi in meno siamo sempre qui a parlare di ‘emergenza gas’. Ciò che serve è investire in infrastrutture che possano garantire la necessaria liquidità al mercato, cioè la disponibilità di quantitativi di gas sufficienti a soddisfare la domanda e, insieme, la libertà di comprare o vendere senza che i costi della logistica incidano troppo su quelli totali. Un generale livellamento dei prezzi dell’energia consentirebbe alle imprese di iniziare a recuperare competitività”.

Quanto alla possibilità di estrarre petrolio dal nostro sottosuolo, Malacarne è chiaro: “diversamente da quanto si crede, l’Italia è uno dei primi paesi europei per riserve sia di petrolio che gas. Occorre però superare le molte resistenze sia a livello locale che nazionale. Un tema complesso come l’accettabilità delle infrastrutture sul territorio richiede modalità di interazione improntate al confronto e al dialogo, ma all’interno di un quadro normativo chiaro ed efficace, figlio di una cultura del fare e non del ‘no’ a prescindere”. Sui vantaggi, Malacarne è sicuro: “sono molti e credo si innescherebbe un circuito virtuoso non solo per la filiera energetica (componentistica, società di ingegneria, società di servizi e così via), ma anche per la nostra economia. Le aziende italiane possono garantire elevate competenze tecnologiche in grado di coniugare l’attività estrattiva con il rispetto per l’ambiente e la sostenibilità delle attività economiche”.

Chicco Testa, Presidente di Assoelettrica, sul tema degli incentivi alle rinnovabili e su gli oneri di sistema, evidenzia che: “la verità è che la bolletta è stata usata come una metropolitana che arriva sempre a destinazione. Lo sforzo di efficientamento e per la creazione di maggiore competizione registrato tra il 2005 e il 2008 è stato vanificato dalla crescita abnorme degli oneri di sistema, specie per finanziare le rinnovabili. Del resto il mercato italiano è poco competitivo anche sul lato dell’offerta, visto che oltre il 50% dei consumi non passa attraverso meccanismi di mercato: ciò inficia anche i miglioramenti che si ottengono dall’altro lato e cioè quello che si misura sulla borsa elettrica. Il nuovo pacchetto del Governo è un primo passo e sappiamo che dovremo soffrire anche noi. L’importante è che sia fatto con equità. Questo significa che bisogna tagliare forme improprie che pesano in bolletta, come gli sconti alle ferrovie che peraltro datano 1963…”. Poi aggiunge: “occorre un tentativo serio di riportare tutto il settore dell’energia in termini di mercato e lo si può fare con tre passaggi: l’integrazione delle rinnovabili nel mondo della borsa elettrica; la fine degli incentivi, l’alleggerimento degli oneri di sistema”. Quanto agli incentivi alle rinnovabili, Testa pensa che: “complessivamente il sistema non può tenere. Questo modello deve provare la sua efficienza sul mercato altrimenti si continuerà a non allocare le risorse in maniera razionale”.

Poi il Presidente di Assoelettrica guarda all’Europa, sostenendo che questa: “aveva precisi obiettivi in materia di energia e li ha falliti: non c’è il mercato unico e quello volto ad aumentare l’indipendenza dai Paesi terzi”. E insiste: “O l’Europa ha un sussulto sulle agende basiche, come quella del lavoro tanto per cominciare, o vedo il futuro molto critico. La capacità di rappresentare i nostri interessi al livello mondiale è bassa. E a livello italiano c’è sudditanza eccessiva nei confronti dell’Europa. Accogliamo tonnellate di direttive, a volte con effetti paradossali. Mi viene in mente il caso dell’idroelettrico, un settore in cui siamo stati l’unico Paese ad aver recepito le direttive e l’unico a cui è stato impugnato il provvedimento di recepimento, mentre gli altri si sono limitati a ignorare le prescrizioni”.

Stig Schǿlset, responsabile Point Carbon (Thomson Reuters) per l’analisi del carbonio, ha parlato del modello previsionale del prezzo della Co2, affermando che lo stesso “indica i possibili impatti della ‘riserva di stabilità’ sull’equilibrio del mercato e sui prezzi della CO2 al 2030. Possiamo così testare diversi scenari: considerare differenti livelli per il ritiro o l’immissione delle quote sul mercato, differenti date d’avvio del meccanismo, destinazione delle quote oggetto di back-loading. Inoltre, il modello tiene conto di diverse assunzioni sugli obiettivi UE per emissioni, rinnovabili e sulla crescita del PIL europeo nei prossimi dieci anni”.

“Nello scenario base – prosegue Schǿlset – abbiamo assunto la ‘riserva di stabilità’ operativa dal 2021. Il surplus del mercato è stimato usando i dati della Commissione per il cap del Sistema ETS coerente con l’obiettivo di riduzione dei gas serra del 40% al 2030 e le previsioni di emissioni del sistema EU ETS di Thomson Reuters Point Carbon per i settori dell’energia, l’industria e l’aviazione. Le previsioni emissive assumono una crescita del PIL in Europa dell’1,7% in media per il 2014-2020 e dell’1,9% nel 2021-2030. Le emissioni legate alla produzione di energia elettrica sono state calcolate sulla base di un ‘modello’ che determina il mix ottimale tra fonti convenzionali ed assume la generazione da rinnovabili come variabile esogena basata sul 27% di rinnovabili al 2030. Il modello usa proiezioni della domanda di energia basandosi su crescita economica e sui miglioramenti dell’efficienza energetica in linea con l’obiettivo UE al 2020. Le emissioni industriali sono stimate con modelli che tengono in considerazione il PIL e variabili macro-economiche. Si assume inoltre che i crediti internazionali non siano più fruibili nel sistema ETS e l’assenza di link ad altri schemi ETS prima del 2030”.

Alla domanda su quale sia l’impatto di un obiettivo per le rinnovabili più ambizioso, e quale quello per uno relativo alle emissioni meno ambizioso, Stig Schǿlset risponde: “Secondo il nostro modello, una quota di rinnovabili al 30% implicherebbe una riduzione delle emissioni di circa 700 milioni di tonnellate dal 2020 al 2030 rispetto ad uno scenario con il 27% di rinnovabili. Con un obiettivo clima al 35%, vi sarebbero maggiori emissioni nell’EU ETS per 557 milioni di tonnellate di CO2 nel 2020-30 rispetto allo scenario con il -40%. È interessante notare che un obiettivo clima meno ambizioso avrebbe meno effetti sul mercato della CO2 rispetto ad uno scenario privo dell’attuazione della ‘riserva di stabilità’. Stando alle stime del prezzo del carbonio tra 2020 e 2030, il nostro modello suggerisce prezzi più bassi del 10% con un obiettivo clima al 35% (rispetto al 40%). Di contro, prevediamo prezzi più bassi del 35% senza l’attuazione della ‘riserva di stabilità’. La ragione principale è che la “riserva di stabilità” implica una significativa rimozione di quote di emissione dal mercato (oltre 200 milioni l’anno) nei primi anni della fase 4 (2021-28). Al contrario, la differenza tra un obiettivo al 35% ed un obiettivo al 40% si traduce in una differenza nel volume di quote all’asta di soli 9 milioni di quote l’anno. Perciò il prezzo della quota nel medio periodo (ossia al 2030) sarà più influenzato dall’attuazione della riserva di stabilità”.

Completano il numero 32 di Elementi:

  • L’editoriale di Nando Pasquali, Presidente e Ad del GSE, sulla tutela del consumatore
  • Un articolo di Paolo Vigevano, Presidente e Ad dell’AU, che evidenzia l’importanza dell’attività svolta dall’AU
  • Un articolo di Stefano Besseghini Ad di RSE, che analizza gli obiettivi nel comparto energetico-ambientale fissati dall’Ue
  • La rubrica “Virgolette” di Romolo Paradiso, sulle strategie che attendono l’Europa in campo politico ed energetico
  • Lo Speciale sull’energia di Nigeria, Filippine e Vietnam
  • Uno studio sulle fonti rinnovabili in Arabia Saudita
  • Un confronto con Rosa Filippini, Presidente Amici della Terra su ciò che serve all’Italia e all’Europa in campo energetico
  • Un colloquio con Catia Bastioli, Presidente di Kyoto Club, sulla bioeconomia
  • Un faccia a faccia con Stefano da Empoli, Presidente I-Com, sull’innovazione energetica
  • Il parere di Claudio Ferrari, Presidente Federesco, sull’efficienza energetica
  • La rubrica “Elementi Normativi”, che riporta i più importanti provvedimenti in materia energetica
  • La rubrica “Il mondo di Corrente”, che evidenzia le aziende italiane emergenti distintesi nell’ambito della ricerca e dello sviluppo del sistema delle fonti rinnovabili
  • “Il Punto”, di Jacopo Giliberto, su quanto c’è ancora da fare nel settore energetico italiano
  • Una conversazione sui temi dell’uomo, della società e della cultura con il filosofo di fama mondiale Emanuele Severino
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