Anche la Germania colpisce l’autoconsumo, ma l’Italia riesce comunque a fare peggio

Berlino vuole far pagare anche sull'energia autoconsumata parte degli oneri per sostenere le rinnovabili, suscitando proteste e azioni legali. Ma la legge della Germania, paese che peraltro sta incentivando sia il FV che le batterie, non è peggiore di quella del nostro taglia-bollette.

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Se in Italia, nel decreto produttività pubblicato l’altro ieri in Gazzetta, si impone di pagare parte degli oneri di sistema anche sull’elettricità autoconsumata, anche in Germania è in arrivo una stangata sull’autoproduzione. Chi si produce da solo l’energia, magari con i moduli fotovoltaici sul tetto di casa, infatti dovrà pagare parte degli oneri destinati all’incentivazione delle rinnovabili. La norma è tra gli interventi che si faranno sull’EEG, la legge sulle rinnovabili che la Germania deve rivedere a seguito dei richiami della Commissione europea. Modifiche presentate lo scorso aprile e che domani saranno votate al Bundestag per entrare in vigore ad agosto.

Sull’energia autoconsumata prodotta da nuovi impianti fotovoltaici, eolici onshore e a cogenerazione di potenza superiore a 10 kW si dovranno pagare fino alla fine del 2015 il 30% degli oneri destinati al supporto delle rinnovabili, quindi il 35% nel 2016 e il 40% nel 2017. Gli autoproduttori da nuovi impianti non rinnovabili pagheranno invece l’intero sovrapprezzo mentre tutti gli impianti esistenti, da qualsiasi fonte siano alimentati, continuano ad essere esenti.

La misura ha suscitato dure reazioni da parte delle associazioni tedesche delle rinnovabili, con l’associazione dell’industria solare, Bsw-Solar, che ha annunciato un ricorso alla Corte Costituzionale.

Anche la Germania dunque colpisce l’autoconsumo con una logica di difficile comprensione e con norme che, come quelle italiane contenute nel taglia-bollette, sembrerebbero essere in contrasto sia con la direttiva europea sull’efficienza energetica che con quella sulle prestazioni energetiche degli edifici.

Detto questo, va notato come il nostro governo nel taglia-bollette sia riuscito a disegnare una misura che lascia ancora più perplessi di quella che sta mettendo in campo la Germania, paese che, ricordiamo per inciso, nel contempo sta incentivando i sistemi di accumulo a batteria da abbinare al fotovoltaico e che continua ad incentivare il fotovoltaico stesso.

A fare la differenza innanzitutto il fattore incertezza: Berlino ha stabilito in anticipo quando e quanto aumenterà la quota di oneri da pagare sull’energia autoconsumata, la norma italiana uscita in Gazzetta l’altro ieri invece si limita a dire che ci saranno aggiustamenti dal 2016 “al fine di non ridurre l’entità complessiva dei consumi soggetti al pagamento degli oneri”: l’aumento è difficile da prevedere dato che dipenderà fondamentalmente dalla volontà del legislatore, dall’andamento della domanda elettrica e dalla diffusione dell’autoconsumo.

Ma soprattutto, la norma tedesca, se come quella italiana tutela l’esistente a scapito del nuovo, almeno fa salvi gli impianti più piccoli, quelli sotto ai 10 kW (soglia peraltro discutibile in quanto veramente molto bassa), e, soprattutto, fa pagare di più alle reti private alimentate a fossili (delle quali come in Italia si serve una quota rilevante delle industrie del paese), mentre lascia relativamente più tutelati i sistemi alimentati a rinnovabili.

Il taglia-bollette italiano invece non fa distinzione di taglia o di fonte e anzi, nella versione finale è stato cancellato anche il trattamento di favore che inizialmente era previsto per gli impianti non incentivati.

In entrambi i casi, quello italiano e quello tedesco, ci lascia perplessi sia la correttezza del principio che la necessità effettiva di far pagare gli oneri di sistema all’energia autoconsumata. Necessità peraltro smentita dal fatto che la norma in entrambi i paesi scarica tutto il peso di futuri aumenti finalizzati a mantenere in equilibrio il sistema su di una platea piccolissima (anzi al momento inesistente), quella dei nuovi impianti.

Ma, anche volendo ammettere che sia giusto e necessario far pagare parte degli oneri di sistema all’energia autoconsumata, perché il governo italiano non ha seguito i suggerimenti dell’Autorità di differenziare il peso da sopportare a seconda della taglia e della fonte che alimenta l’impianto?

In questo modo si sarebbe forse potuto intervenire evitando di tagliare le gambe al fotovoltaico in autoconsumo, unica strada percorribile al momento per garantire un futuro a questo settore sul quale il nostro paese ha investito così tanto e che come sappiamo non può più contare su incentivi (se non le detrazini fiscali, riservate alle persone fisiche). Dal MiSE sono arrivate più volte dichiarazioni di voler favorire lo sviluppo del fotovoltaico non incentivato: con questa norma si è persa un occasione di dimostrarlo con i fatti. Speriamo possa rimediare il Parlamento con modifiche durante la conversione in legge del decreto.

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