Spalma-incentivi, il Wall Street Journal bacchetta Renzi … e gli avvocati si fregano le mani

Anche dalle pagine del quotidiano simbolo del mondo della finanza arriva una secca bocciatura dell'intervento retroattivo contenuto nel pacchetto taglia-bollette. “Un segnale negativo per ulteriori investimenti in Italia non solo nelle energie rinnovabili ma in tutti i settori”. Intanto gli studi legali si preparano a fare i ricorsi.

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Lo spalma-incentivi “sarebbe un segnale negativo per ulteriori investimenti in Italia non solo nelle rinnovabili ma in tutti i settori” .“Mr. Renzi può credere che i mercati abbiano la memoria corta e che questa strada sia più facile, rispetto a riformare le evidenti inefficienze del settore energetico italiano o del ridurre le tasse orrendamente alte che pagano sull’energia i consumatori finali. Forse ha ragione, ma, in quanto ad attrarre investitori stranieri per il futuro: buona fortuna”.

Questa bocciatura secca dell’intervento retroattivo sul fotovoltaico contenuto nel taglia-bollette non viene da qualche associazione ambientalista o dalla lobby delle rinnovabili italiane, arroccata a difendere i propri presunti privilegi ed “extraprofitti”, ma da quella che è considerata la voce più autorevole del capitalismo internazionale. Si tratta infatti di un articolo uscito ieri sul Wall Street Journal a firma Bonte-Friedheim, CEO di NextEnergy Capital Group.

Il WSJ non è certo il primo a far notare che non sia una buona idea per un paese che ha bisogno di attrarre capitali mettere in campo una misura retroattiva, come lo spalma-incentivi, presto in Gazzetta, che fa carta straccia dei contratti tra Stato e privati. Ma è comunque degno di nota che il mondo della finanza non condivida affatto la visione del ministro Guidi, secondo la quale la misura che rimodula e taglia retroattivamente gli incentivi per gli impianti fotovoltaici sopra i 200 kW non sarebbe altro che una “redistribuzione mirata” contro un gruppo ristretto di investitori “8.600 soggetti” (secondo le statistiche GSE oltre 12mila gli impianti colpiti). Questi vengono infatti accusati dal Ministro di aver incamerato “extraprofitti”, come se la colpa del peso degli incentivi sull’A3 fosse di chi ha realizzato gli impianti approfittando di un meccanismo di supporto (forse troppo) attraente e non di chi quel meccanismo lo ha approvato.

Le tariffe feed-in, fa notare il WSJ, sono un bersaglio popolare, ma proprio grazie anche al contributo delle rinnovabili i prezzi dell’elettricità in Borsa in Italia sono scesi dai 76 euro/MWh del 2008 ai 48 del 2014; un calo di prezzo, si ricorda, che per qualche motivo non è stato trasferito ai consumatori. “Il governo italiano non sta colpendo i servizi costosi e inefficienti forniti da grandi compagnie come Enel”, si denuncia. Il piano governativo, infatti, si fa notare, non interviene su fornitori e distributori.

Le conseguenze economiche dello spalma-incentivi? Secondo l’autore la misura “è disegnata in modo da non colpire le banche che hanno erogato i finanziamenti per costruire gli impianti”. Essendo i progetti in questione in gran parte realizzati con rapporti debito-capitale proprio di 70-30 o 80-20, si argomenta, i tagli previsti permetteranno di ripagare comunque “molti se non la maggior parte” dei finanziamenti bancari erogati. A rimanere scottato da questa misura, che si somma agli altri interventi punitivi già attuati contro le energie pulite, sarà un mix variegato di investitori che hanno scommesso sulle rinnovabili italiane: “fondi pensione domestici e stranieri, fondi di private equity, fondi di investimento multinazionali specializzati in energia, spesso sostenuti da fondi sovrani e altri investitori istituzionali”.

Soggetti che non se ne staranno certamente con le mani in mano ad incassare gli effetti di una norma che, come segnalato anche dal presidente emerito della Corte Costituzionale, Valerio Onida, sembra violare palesemente i principi costituzionali in materia di retroattività e di tutela dell’affidamento, nonché gli obblighi internazionali derivanti dal trattato sulla Carta Europea dell’Energia.

E’ abbastanza scontato, nonostante la ostentata tranquillità del ministro Guidi, che la norma sarà investita da una valanga di ricorsi. Lo confermano i comunicati stampa che stiamo ricevendo in redazione in queste ore dagli studi legali che si offrono di difendere gli investitori danneggiati, come stanno facendo in Spagna per una legge analoga che potrebbe costare a Madrid oltre 10 miliardi di euro risarcimenti.

“Proprio in questi giorni, i nostri colleghi hanno avviato le attività propedeutiche necessarie per poter richiedere allo Stato spagnolo il risarcimento del danno subito da diversi investitori internazionali attraverso un procedimento arbitrale che, molto probabilmente, sarà instaurato dinanzi all’Istituto di Arbitrato della Camera di Commercio di Stoccolma”, ci scrive ad esempio Rödl & Partner. “I principi e le norme sulle quali si basano i nostri colleghi spagnoli e che – qualora le misure di cui sopra venissero adottate – troverebbero applicazione anche in Italia, sono quelle previste dal Trattato sulla Carta Europea dell’Energia (siglato a Lisbona il 17 dicembre 1994 e che è stato reso esecutivo con la legge n. 415 del 10.11.1997).

In particolare, si spiega, ad essere contraddetto sarebbe “l’articolo 10 del trattato, che contiene il principio del giusto ed equo trattamento e tutela gli investitori da repentini e inattesi cambiamenti delle condizioni sulla base delle quali gli investimenti sono stati effettuati (‘Ciascuna Parte contraente, in conformità al disposto del presente trattato, incoraggia e crea condizioni stabili, eque, favorevoli e trasparenti per gli investitori di altre Parti contraenti…’), nonché dall’articolo 13, che mira a proteggere gli investitori da un’espropriazione da parte di uno degli Stati contraenti, espropriazione che – come confermato da una pronuncia del 27 agosto 2008 del Centro internazionale per la risoluzione delle controversie relative agli investimenti, con sede a Washington (decisione Plama Consortium Ltd vs. Repubblica di Bulgaria) – non deve necessariamente implicare uno spossessamento fisico, ma ben può consistere in un deterioramento della reddittività economica e del valore di un investimento causato da un intervento statale”.

Salvo un intervento dell’ultimo momento che stralci la norma (assoRinnovabili ieri ha chiesto l’intervento del Presidente della Repubblica), probabilmente questa storia produrrà benefici solo per una categoria: gli avvocati, che si stanno già fregando le mani di fronte ad un modo tanto maldestro di fare le leggi.

Per rubare una battuta sulla vicenda fatta ieri pomeriggio durante un convegno organizzato da Ren-En dall’avvocato Lorenzo Parola, partner Paul Hastings: “dal mio vetraio c’era un cartello, con scritto ‘viva i bambini con la fionda’”.

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