Coordinare le ricerche internazionali sui cambiamenti globali

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Serve rafforzare e coordinare tutte le ricerche sui cambiamenti globali e climatici per capire meglio i sistemi naturali. Questo è l’obiettivo del programma Future Earth. I risultati e le proposte indicate dovranno essere seguite dai decisori politici ed economici. Un articolo di Gianfranco Bologna, pubblicato sul n.2 della rivista QualEnergia.

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La messa a punto dei nuovi Sustainable Development Goals (SDGs), che nell’agenda internazionale sullo sviluppo prenderanno nel 2015 il testimone dei Millennium Development Goals (MDGs), sta avendo luogo in un momento particolarmente significativo. La grave crisi economico-finanziaria, che dal 2008 sta attanagliando tanti Paesi nel mondo e i cui effetti si stanno riverberando praticamente ovunque, dimostra che è molto difficile mantenere – in un’ottica BAU (Business As Usual) – l’attuale sistema economico finanziario senza avviare rapidamente fondamentali correzioni di rotta per migliorare il benessere e l’equità delle società umane.

Inoltre oggi le ricerche scientifiche sul cambiamento ambientale globale ci dimostrano che le funzioni dei sistemi biofisici della Terra sono ormai profondamente modificate dalle attività umane a un livello tale che stanno ponendo il nostro Pianeta addirittura in una nuova epoca della scala geocronologia, definita Antropocene.

L’intervento umano ha profondamente trasformato più del 40% della superficie delle terre emerse, sorpassando di fatto la grande trasformazione fisica che si è avuta alla fine dell’ultimo periodo glaciale; una grande quantità di suolo viene erosa a causa dei cambiamenti che l’intervento umano vi produce, in maniera superiore agli effetti dei naturali processi geomorfologici; il contenuto di anidride carbonica nella composizione chimica dell’atmosfera si è avvicinato alle 400 ppm (parti per milione di volume), dato raggiunto per la prima volta da 3 milioni di anni come risultato delle attività umane; l’utilizzo di acqua da parte dell’umanità è circa il 50% della quantità disponibile a livello mondiale (le nostre attività agricole ne utilizzano il 70%, quelle industriali il 20% e quelle urbane circa il 10%).

La presenza umana sulla nostra Terra in questa nuova epoca è caratterizzata da un equilibrio fortemente precario che è stato ampiamente confermato anche dalla pubblicazione del secondo volume dell’ultimo rapporto dell’Intergovernamental Panel on Climate Change (IPCC) su impatti, adattamento e vulnerabilità al cambiamento climatico, rilasciato a Okinawa alla fine di marzo.

Da decenni la comunità scientifica internazionale che si occupa dei cambiamenti globali e dei loro effetti sulle società umane stimola il mondo politico ed economico affinché si agisca con urgenza per avviare il mondo e i nostri modelli di sviluppo sulla strada di una sostenibilità globale che dovrebbe essere indicata già dagli SDGs. Proprio a partire dalla fine del 2013 tutti i grandi programmi e progetti internazionali che si occupano del Global Change, e cioè dei cambiamenti globali che la specie umana induce sui sistemi naturali del Pianeta, si sono riuniti – con il patrocinio della più grande organizzazione scientifica del mondo, l’International Council for Science – in un grande programma globale definito Future Earth: Research for Global Sustainability.

L’obiettivo di Future Earth è proprio quello di rafforzare e coordinare tutte le ricerche internazionali sui cambiamenti globali per osservare e comprendere al meglio la situazione dei sistemi naturali della Terra, la loro relazione con le società umane, la pressione e gli effetti causati dagli interventi umani su di essi, la loro evoluzione, la possibilità di anticipare effetti soglia globali, il sorpasso di punti critici globali e locali, l’analisi e l’anticipazione dei rischi, ecc. Tutti i decisori politici ed economici dovrebbero costantemente seguire i risultati e le proposte indicate da queste ricerche.

L’articolo è stato pubblicato nella rubrica “Sostenibilità possibile” del n.2/2014 della rivista bimestrale QualEnergia, con il titolo “Il futuro della sostenibilità“.

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