Perché l’energia solare ha ormai rilevanza sistemica

Il fotovoltaico ha assunto un ruolo, a volte, dominante nella copertura del fabbisogno diurno. Il suo costo, soprattutto in Italia del sud, è competitivo con quello delle fossili. Il futuro prossimo è autoconsumo e accumuli. Come cambiamo le logiche del mercato elettrico. Articolo di Giuseppe Artizzu pubblicato sull'ultimo numero della rivista QualEnergia.

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Nel 2013 il fotovoltaico ha coperto il 7% del fabbisogno elettrico italiano, una quota che non ha eguali nel mondo. Ma a causa del profilo stagionale e orario, questa cifra è poco rappresentativa del ruolo effettivo che la tecnologia ha assunto. Mentre in inverno, pur con un impatto tangibile sul prezzo all’ingrosso dell’elettricità, il peso sul fabbisogno è ancora limitato, in estate e ancor più in tarda primavera la tecnologia ha trasformato il mercato, arrivando a coprire in modo pressoché strutturale il 15-20% del fabbisogno diurno lavorativo (significativamente di più per quello festivo).

In altre parole, ha assunto rilevanza sistemica. E sono quindi sistemiche le condizioni di ordine tecnico, economico e regolatorio per l’ulteriore sviluppo. L’elaborazione di possibili scenari impone un quesito impensabile solo un paio d’anni fa: quanto spazio c’è ancora? Per rispondere, è opportuno partire da un’analisi della copertura del fabbisogno nei giorni lavorativi del mese di maggio, che per elevata irradiazione e idraulicità, e basso fabbisogno di condizionamento, presenta oggi il massimo rischio di overgeneration. Come illustrato nella figura di seguito, nelle ore diurne il carico è di circa 40 GW, e risulta coperto per una quota significativa da tecnologie con priorità di dispacciamento: 

  • circa un quarto, intorno ai 10 GW, è presidio termoelettrico. L’aggregato contiene numerose tipologie di impianto: cogenerazione a gas associata a processi industriali o teleriscaldamento, impianti a biomasse, termovalorizzatori, impianti a combustibili di processo (gas siderurgici, scarti di raffinazione), nonché un contingente di potenza a gas e carbone (selezionata principalmente sul mercato dei servizi di dispacciamento) in funzione di riserva rotante;
  • altri 5-8 GW sono coperti da idroelettrico ad acqua fluente, geotermico ed eolico, la cui variabilità viene dal grado di idraulicità della stagione e dalla ventosità nella specifica giornata;
  • su questo zoccolo si innesta la campana del fotovoltaico, che sale in prima mattinata, raggiunge un picco intorno ai 12-13 GW fra mezzogiorno e le due del pomeriggio, per ridiscendere gradualmente verso il tramonto.

L’andamento della produzione fotovoltaica è sostanzialmente coerente con quello della domanda diurna, ma mentre al tramonto il contributo del fotovoltaico si esaurisce, la richiesta di potenza rimane alta per le necessità di illuminazione. Allo stato attuale, il picco residuo deve quindi essere coperto con impianti convenzionali, sulle cui logiche di funzionamento l’avvento del fotovoltaico ha avuto un impatto trasformativo:

  • il termoelettrico mid merit (quello che in passato si accendeva la mattina e spegneva la sera) assicura la copertura di una quota significativa del carico solo a partire dal secondo pomeriggio, con poche eccezioni legate principalmente a specifiche zone di mercato come la Sicilia;
  • la produzione idroelettrica a bacino, per quanto compatibile con i vincoli tecnici, è già migrata verso la serata (quando peraltro i prezzi all’ingrosso sono più remunerativi);
  • l’import a basso costo (nucleare e idroelettrico) mantiene invece un vantaggio competitivo e quindi la copertura di una quota relativamente stabile del fabbisogno, sebbene nelle ore centrali della giornata i flussi netti in entrata appaiano anch’essi in contrazione per effetto della compressione dei prezzi all’ingrosso indotta dal fotovoltaico. 

Su questa base, quantomeno in tarda primavera, l’ulteriore penetrazione del fotovoltaico appare associata a un progressivo spiazzamento dei flussi di importazione. Il che implica prezzi sul mercato elettrico inferiori a quelli d’Oltralpe nelle ore centrali della giornata. Le problematiche di overgeneration (eccesso di produzione rispetto al fabbisogno) sono meno pressanti in estate, visto il fabbisogno diurno per condizionamento. Complessa è invece la situazione nei week-end primaverili e in agosto, quando Terna già riduce sistematicamente la capacità di trasporto sulle linee transfrontaliere per esigenze di sicurezza. In tali circostanze, è impellente la necessità di meccanismi di mercato, come la previsione di prezzi negativi, per selezionare gli impianti che possano immettere in rete l’elettricità prodotta in condizioni di overgeneration. Più in generale, si deve prender coscienza che overgeneration e curtailment sono fisiologici, non patologici, in sistemi ad alta penetrazione di fonti non programmabili. Occorre pertanto introdurre accorgimenti tecnici ed economici perché siano gestiti in condizioni di sicurezza ed efficienza. Fra questi, è imperativo che la capacità idroelettrica a pompaggio torni a partecipare alla formazione del prezzo sul Mercato del Giorno Prima (oggi l’operatività è principalmente sul mercato infragiornaliero). 

I costi del fotovoltaico 

Oggi nel centro-sud si può produrre energia fotovoltaica con impianti di taglia media a un costo pieno inferiore a 100 euro/MWh. Pochi anni fa, l’idea di produrre in Italia elettricità a emissioni zero e costo a due cifre era un miraggio. Per arrivarci ci siamo caricati di incentivi superiori a quelli idealmente sufficienti, ma questo nulla toglie alla portata del risultato raggiunto.

È dunque pertinente l’obiezione che l’energia fotovoltaica è ancora troppo cara? Dipende. Per effetto di rinnovabili, efficienza energetica e recessione, il prezzo all’ingrosso dell’elettricità è crollato anche in Italia nei dintorni di 50 euro/MWh. Se questo è il benchmark, il fotovoltaico è ancora troppo caro. D’altra parte, gli attuali prezzi di mercato sono inferiori al costo pieno di tutte le tecnologie di generazione (pur non considerando le esternalità ambientali), e sono pertanto insostenibili nel medio termine.

Il costo pieno di generazione di un nuovo impianto a gas o carbone, valutando le emissioni di CO2 a 25 euro/MWh, non è inferiore ai 75-80 euro/MWh (soprattutto in un contesto in cui i tassi di utilizzo risentono della diffusione di fonti a costo marginale nullo). E il Governo inglese ha offerto a EdF l’equivalente di una tariffa onnicomprensiva a 109 euro/MWh per realizzare il primo impianto nucleare in una generazione. In quest’ottica, il fotovoltaico è sostanzialmente competitivo. D’altro canto, se l’overgeneration è un fenomeno fisiologico in condizioni di elevata penetrazione di fonti intermittenti, nel calcolare il costo unitario di un impianto fotovoltaico occorrerebbe depurare il denominatore di quella porzione di produzione che, in mancanza di dispositivi di accumulo a prezzi accettabili, non troverebbe valorizzazione economica. Si tratta per ora di una quota trascurabile, ma nel tempo dipenderà dalla rapidità di penetrazione della tecnologia rispetto al calo dei costi delle batterie. Salvo questo caveat, il costo del fotovoltaico in Italia è quindi sostanzialmente competitivo con quello delle fonti fossili.

D’altra parte, in mancanza di schemi di incentivazione che colmino il gap fra costo di produzione e prezzo depresso dell’energia all’ingrosso, la realizzazione di nuovi impianti passa necessariamente per:

  • l’autoproduzione secondo lo schema dei Sistemi Efficienti di Utenza, in cui il costo pieno di produzione si confronta con il prezzo finale dell’energia ritirata dalla rete;
  • accordi bilaterali a lungo termine e prezzo fisso con utenze finali, intermediati da grossisti in grado di aggregare e associare differenti profili di produzione e prelievo. L’introduzione di contratti a lungo termine e prezzo fisso (una forma di copertura del rischio di prezzo per le utenze finali) si scontra tuttavia con un mercato in eccesso di offerta, in cui le utenze finali sono restie a fissare i prezzi per paura di perdere l’opportunità per ulteriori ribassi.

Soprattutto in ipotesi di parziale normalizzazione del credito, le realizzazioni in autoproduzione (supportata nel settore residenziale e commerciale anche dallo Scambio sul Posto) sarebbero comunque sufficienti alla conservazione di una filiera nazionale di dimensioni significative.

Autoproduzione sotto assedio

Nel breve termine, l’ulteriore penetrazione del fotovoltaico poggia dunque sugli impianti destinati all’autoproduzione. È dirimente che la pressione sul legislatore perché redistribuisca costi di rete e oneri di sistema a danno della generazione distribuita non trovi esito. Se l’attuale modalità di ripartizione (proporzionale ai prelievi dalla rete) non è coerente con l’origine degli oneri (cost reflectiveness), a maggior ragione non lo è una ripartizione in proporzione ai consumi (inclusi quelli soddisfatti con autoproduzione). Non c’è alcuna giustificazione razionale per passare da un criterio di ripartizione inefficiente a un altro altrettanto inefficiente, ma penalizzante per la generazione distribuita da fonti rinnovabili. Qualunque intervento sulla ripartizione di costi di rete e oneri di sistema deve essere solidamente fondato sul piano microeconomico, e coerente con gli obiettivi generali di politica energetica. Per i costi di rete, una ripartizione basata sulla potenza impegnata appare un’evoluzione ovvia, data la natura sostanzialmente fissa dei costi infrastrutturali.

Per l’incentivazione delle fonti rinnovabili sarebbe invece naturale un’imputazione sugli usi di combustibili fossili, in proporzione alle emissioni di CO2, che sono poi il driver ultimo degli schemi di sostegno alla produzione verde. Se però per ragioni politiche si ritenesse che i tempi non sono maturi per una carbon tax di tale portata, allora si confermi il sistema corrente: almeno privilegia la generazione distribuita a basse emissioni rispetto al prelievo dalla rete (il cui contenuto implicito in termini di CO2 riflette quello del parco di generazione nel suo complesso).

Sempre in materia tariffaria, altro intervento urgente è la revisione delle fasce orarie di fatturazione dei consumi elettrici. Non è più sostenibile una ripartizione oraria che spinge i consumi verso la prima serata. Una revisione che favorisse la migrazione dei consumi verso le ore di maggiore irradiazione porterebbe risparmi alle famiglie, e al contempo ridurrebbe la rampa serale imposta (e saporitamente remunerata) agli impianti convenzionali, nonché il fabbisogno di riserva secondaria e terziaria associato a tale rampa (impianti tenuti in stand-by per supplire a eventuali fuori servizio ovvero a una rampa del fabbisogno più ripida del previsto). 

In attesa delle batterie 

Siamo in piena transizione da una fase di sviluppo basata su schemi di incentivazione a una governata da logiche di mercato. In questo contesto, è difficile e forse velleitario immaginare un percorso lineare per l’ulteriore penetrazione della tecnologia fotovoltaica sul mercato italiano. In queste riflessioni si è cercato di identificare le condizioni perché la penetrazione continui, in attesa che la diffusione dei dispositivi di accumulo cambi radicalmente le logiche di funzionamento del mercato elettrico, aprendo le porte a usi ben più pervasivi della generazione distribuita da fonte solare, dall’illuminazione ai trasporti. I messaggi centrali per gli operatori sono i seguenti:

  • sebbene ci sia ancora spazio di crescita, la tecnologia fotovoltaica ha ormai assunto un ruolo fondamentale, e talvolta dominante, nella copertura del fabbisogno diurno. Occorre prender coscienza che, a partire dai giorni festivi, situazioni di overgeneration saranno fisiologiche, soprattutto in tarda primavera. In tale ottica è importante la predisposizione di meccanismi di mercato per gestire in modo efficiente queste situazioni (dall’ammissione di prezzi negativi al ritorno degli impianti a pompaggio sul Mercato del Giorno Prima);
  • in termini di costo pieno, soprattutto nel centro-sud il fotovoltaico è sostanzialmente competitivo con le fonti convenzionali. Tuttavia, anche per effetto della compressione dei prezzi all’ingrosso, nel breve termine la penetrazione della tecnologia sarà appannaggio pressoché esclusivo dell’autoproduzione (anche nella forma sintetica dello Scambio sul Posto);
  • in questo contesto, la priorità assoluta per la filiera è prevenire interventi regolatori che penalizzino la generazione distribuita e in particolare i Sistemi Efficienti di Utenza. A tal fine, è auspicabile che il settore assuma un ruolo proattivo nella definizione di schemi genuinamente cost reflective di allocazione dei costi di rete e degli oneri di incentivazione;
  • va altresì spinta una revisione della tariffazione su base bioraria che, retaggio del passato, scoraggia i consumi diurni a favore di quelli serali. 

In questa fase di transizione, è fondamentale guardare avanti e preparare il campo per la penetrazione su larga scala delle tecnologie di accumulo. Occorre creare fin d’ora i presupposti tecnici e regolatori perché la capacità di accumulo partecipi al mercato dei servizi di dispacciamento: oltre a esser presupposto essenziale per una maggiore penetrazione di fonti intermittenti del sistema, la partecipazione al dispacciamento costituirebbe infatti una fonte incrementale di ricavi per giustificare i primi, fondamentali investimenti.

L’articolo è stato pubblicato sul n.2/2014 della rivista bimestrale QualEnergia, con il titolo “Il Sole diventa importante”.

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