Riscaldarsi a legna, l’opzione della stufa ad accumulo inerziale

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Un'opzione per il riscaldamento degli ambienti sono le stufe a biomassa ad accumulo inerziale. Costruite in maiolica o altri materiali refrattari, consentono di accendere il fuoco solo una volta o due al giorno; immagazzinano il calore e lo rilasciano gradualmente nell'ambiente. Un'intervista all'ing. Andrea Piero Merlo, esperto di riscaldamento a legna in bioedilizia.

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Un’opzione per il riscaldamento degli ambienti è installare una stufa a legna ad accumulo inerziale. Sono apparecchi dalla massa importante, costruiti in maiolica, pietra ollare o altri materiali refrattari e consentono di accendere il fuoco solo una volta o due al giorno, immagazzinando il calore e rilasciandolo gradualmente nell’ambiente per irraggiamento. Una soluzione che richiede un investimento in genere superiore rispetto ad una stufa senza accumulo (il range di prezzi è molto ampio ma in genere, al lordo di detrazioni fiscali o altri incentivi come il Conto Termico, si parte dai 1.500 euro per arrivare anche alle 10mila), ma che ha diversi vantaggi in termini di efficienza, vita utile dell’impianto, comodità e qualità del calore. Ne parliamo con l’ingegner Andrea Piero Merlo, esperto di riscaldamento a legna in bioedilizia.

Se dovesse dare un consiglio a qualcuno che sta pensando di passare al riscaldamento a biomasse cosa gli direbbe: quali sono gli aspetti da considerare per scegliere la tecnologia più adatta?

Dipende se si è spinti da una motivazione prevalentemente economica o da una ecologica, nonché dal livello di comodità di gestione e da altri fattori. Per quanto riguarda edifici già dotati di impianto termico di tipo convenzionale (cioè caldaia a gas metano, GPL o gasolio) i costi di integrazione dell’impianto convenzionale con un generatore a legna possono essere anche piuttosto sostenuti in quanto, ai fini di una gestione comoda ed efficace, è necessario prevedere l’installazione di un capiente serbatoio con doppia funzione di accumulo di acqua calda d’impianto e acqua calda sanitaria. Tal cosa comporta anche la necessità di adeguati spazi tecnici, nonché costi legati all’allaccio con l’impianto convenzionale. Se i fabbisogni energetici dell’edificio sono molto alti o se si ricorre ad un combustibile convenzionale molto caro (es. GPL), allora i tempi di ammortamento dell’integrazione dell’impianto tradizionale con un sistema a legna risultano essere interessanti. Nel caso di fabbisogni contenuti o di presenza di gas metano (attualmente piuttosto economico se confrontato ad esempio con il GPL) solitamente conviene invece adottare un’altra strategia, ovvero accettare l’idea di utilizzare tale combustibile, ma riducendone comunque al minimo l’utilizzo grazie al ricorso di generatori di calore a legna (stufe o camini) non collegati all’impianto. Ciò consente infatti di evitare i costi legati all’integrazione fra i due sistemi. La stessa strategia ovviamente è vincente anche nel caso di GPL o di edifici caratterizzati da fabbisogni elevati di calore. In tal caso il risultato è ottimo sotto tutti i punti di vista se si ricorre a sistemi a legna caratterizzati da alta efficienza energetica e comodità di gestione. Senza nulla togliere alle soluzioni di tipo impiantistico, ovvero quelle che consentono di scaldare in maniera indiretta (tramite aria canalizzata o tramite acqua di impianto), non bisogna dimenticare che il mercato offre soluzioni interessantissime che solitamente sono in grado di coprire gran parte del fabbisogno energetico di un’intera unità immobiliare. C’è poi la situazione di edifici di nuova realizzazione o di ristrutturazione integrale dell’edificio per i quali è possibile e spesso anche economicamente molto conveniente ricorrere a sistemi a biomasse caratterizzati da bassissimi costi di gestione e totale indipendenza da fonti di combustibile fossile.

Che opzioni ci sono nell’ipotesi meno impegnativa, quella di optare per una apparecchio a legna o a pellet che non richieda di intervenite sull’impiantistica, per affiancare magari una caldaia a gas preesistente?

Tra i sistemi di tipo convenzionale, cioè stufe e caminetti a carica manuale, la distinzione fondamentale è tra quelli che richiedono alimentazione continua e quelli ad accumulo di calore, che garantiscono il riscaldamento con uno-due fuochi al giorno. Poi ci sono apparecchi a carica automatica, come le stufe a pellet, che hanno il vantaggio dell’accensione automatica, ma che possono presentare (trattandosi di macchine) una certa vulnerabilità tecnologica come ad esempio un funzionamento dipendente dalla corrente elettrica (cosa alle quale i produttori di un certo livello ovviano dotando i loro sistemi ad esempio di gruppi di continuità).
Anche se in tale campo esistono prodotti di elevatissima qualità e affidabilità, dal mio punto di vista la soluzione più interessante per un uso di tipo residenziale è quella dei sistemi a legna ad accumulo inerziale di calore per i quali, sebbene sia necessaria un’accensione manuale del fuoco, si ha un’elevatissima comodità di gestione associata ad un’affidabilità totale del sistema per vari decenni, nonché  un rilascio di calore sotto forma prevalentemente radiante e pertanto estremamente sana e confortevole.

Quali caratteristiche hanno rispetto ad altre soluzioni?

L’esempio più noto (ma esistono anche delle alternative) è quello della classica stufa tirolese in maiolica. Di base si tratta di stufe piuttosto pesanti costruite con materiali refrattari che consentono di accendere il fuoco solo una o al massimo due volte al giorno. La gestione del fuoco è a fiamma alta e dunque con altissima efficienza energetica ed emissioni particolarmente contenute. Questi sistemi immagazzinano il calore nella massa e lo rilasciano gradualmente in ambiente per irraggiamento che, come noto, è la forma di calore più sana e confortevole. I sistemi ad accumulo inerziale di calore, pur essendo a carica ed accensione manuale, sono estremamente comodi da utilizzare, perché basta qualche minuto al giorno per accendere il fuoco e per riscaldare gli ambienti per un elevato numero di ore anche dopo che il carico di legna si è esaurito. Queste soluzioni non necessitano di corrente elettrica e sono affidabilissime per svariati decenni.

Possiamo dare qualche valore di efficienza?

I modelli tradizionali di stufa ad accumulo fanno percorrere ai fumi parecchi metri attraverso appositi percorsi in materiale refrattario (in modo tale da accumulare il calore) prima di arrivare alla canna fumaria ed hanno efficienze di oltre il 90%, paragonabili a quelle delle migliori tra le stufe più moderne e tecnologicamente complesse. D’altra parte le stufe classiche in maiolica sono una tecnologia con alle spalle almeno 300-400 anni di sperimentazione e perfezionamento. Oggi poi nel settore dell’accumulo inerziale di calore esistono anche soluzioni alternative ed innovative con sportelli in vetro che consentono di progettare e realizzare delle soluzioni che esteticamente si avvicinano al camino, ma che in realtà hanno caratteristiche di efficienza e di gestione assai simile a quella della stufa classica tirolese.

Si tratta anche di un tipo di calore diverso…

Questo tipo di stufe scaldando per irraggiamento, ovvero tramite raggi infrarossi, in maniera graduale, senza movimentazione di polveri, dando un comfort paragonabile solo a quello del riscaldamento a superficie radiante o al riscaldamento a pavimento. Questo è un vantaggio soprattutto in edifici storici con muri spessi e pesanti, dove un sistema che scalda per convezione, cioè che scalda l’aria, lascerebbe i muri freddi. Non a caso la cosiddetta stufa di tipo tirolese è considerata l’optimum nel campo della bioedilizia.

Che tipo di manutenzione richiede una stufa ad accumulo?

In queste stufe, come detto, si fanno uno o al massimo due fuochi al giorno che bruciano velocemente il carico di legna e a fiamma molto alta, dunque con grande efficienza e con residui gassosi e di cenere minimi. Per cui, a seconda della camera di combustione, la cenere va tolta nel peggiore dei casi ogni due settimane, ma in condizioni ottimali ogni mese o anche più raramente. Anche per la pulizia della canna fumaria, che comunque va fatta come da normativa, sono più facili da gestire: la canna fumaria infatti si sporca soprattutto quando si usa legna umida bruciata a bassa temperatura, mentre con i sistemi ad accumulo inerziale di calore la combustione avviene ad alta temperatura, con valori in camera di combustione che possono arrivare anche a 800-900 gradi. Tra la camera di combustione e la canna fumaria c’è poi il cosiddetto girofumi in materiale refrattario (o pietra ollare per le stufe in pietra), lungo solitamente da 2 a 10 metri che ha lo scopo di sottrarre calore ai fumi che lo attraversano e stoccarlo nella massa per poi rilasciarlo gradualmente nelle ore (anche 24 ore) successive: nei punti strategici vengono messi dei tappi di ispezione per la pulizia del girofumi; un’operazione che cautelativamente consigliamo di fare ogni 4-5 anni, anche se vediamo stufe che dopo 10 anni sono ancora completamente pulite. In generale queste stufe sono più affidabili nel tempo rispetto ai sistemi di tipo tecnologico in quanto del tutto esenti da parti meccaniche o elettromeccaniche. Malgrado ciò i costi iniziali non sono bassi poiché fanno largo uso di un quantitativo elevato di materiale refrattario di altissima qualità e spesso vengono costruite artigianalmente direttamente sul luogo, ma il costo iniziale è largamente compensato dalla vita lunghissima di tali stufe. Ci sono stufe ancora in funzione che hanno più di cento anni e in generale la vita utile è di decenni.

Qual è la collocazione migliore per una stufa del genere all’interno della casa?

L’ideale sarebbe fare il progetto della stufa e della casa assieme, con la stufa che si sviluppa al centro e su più locali. Anche nelle ristrutturazioni si può operare in modo da realizzare la stufa con la camera di combustione in un locale e il girofumi in un altro, anche su un piano diverso. Nel caso di una stufa prefabbricata, in cui non si vogliano fare lavori di muratura, va comunque collocata il più possibile al centro della casa. Queste stufe, come detto, rilasciano calore in modo molto graduale, per almeno 10-12 ore dopo un fuoco: a differenza di quelle convenzionali (che scaldano rapidamente e solo per poco tempo dopo che il fuoco si è spento) non succede che per scaldare le altre stanze si debba portare ad una temperatura eccessiva la stanza che ospita l’apparecchio. Una caratteristica che rende possibile usare questi impianti anche nelle mezze stagioni o in condizioni climatiche relativamente miti e che li rende particolarmente idonei per gli edifici a basso fabbisogno energetico come le case in legno.

Il segreto per evitare problemi di tiraggio?

In generale è importante che la canna fumaria sia ben coibentata: diversamente rischia di raffreddare troppo il fumo, creando anche rischi di condensa e a volte di incendio. Tutti problemi che si accentuano se si brucia legna non secca a bassa temperatura.

La soluzione della stufa ad accumulo inerziale è praticabile anche per chi abita in appartamento?

In genere le stufe ad accumulo sono molto pesanti, si parla di almeno 7-800 kg per cui, per installarle in appartamento che non sia al piano terra occorre prima fare una verifica con uno strutturista. Si può fare, ma bisogna vedere dove sono collocate, se al centro del solaio o in vicino ad una parete portante, che spessore ha il solaio etc. Nelle situazioni in cui non si possa installare una stufa ad accumulo vera e propria il mio consiglio è di optare per le stufe a terracotta che un tempo erano molto diffuse: apparecchi più leggeri ma che comunque hanno un inerzia maggiore rispetto a quelle convenzionali.

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