Fisco e fotovoltaico, nuova interrogazione: “impianti non siano considerati beni immobili”

I Ministri dell'Economia e delle Finanze e dello Sviluppo Economico agiscano sull'Agenzia delle Entrate affinché questa riveda la posizione su fisco e fotovoltaico, che penalizza ingiustamente gli impianti che producono energia dal sole. E' questa la richiesta presentata da una pattuglia di senatori di vari schieramenti in un'interrogazione.

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I Ministri dell’Economia e dello Sviluppo Economico agiscano sull’Agenzia delle Entrate affinché questa riveda la posizione su fisco e fotovoltaico, che penalizza ingiustamente gli impianti che producono energia dal sole. E’ questa la richiesta presentata da una pattuglia di senatori di vari schieramenti in un’interrogazione parlamentare presentata ieri, primo firmatario Gianni Girotto dell’M5S (vedi allegato in basso).

Il problema, noto ai lettori di QualEnergia.it, è il nuovo orientamento dell’Agenzia sulla fiscalità del fotovoltaico espresso con la circolare numero 36, emanata il 19 dicembre 2013. Come abbiamo spiegato, vi si chiarisce che gli impianti sono sempre considerati immobili, sia ai fini catastali che a quelli fiscali, salvo alcune eccezioni come gli impianti sotto ai 3 kW e quelli che incrementano il valore catastale di un immobile in una percentuale inferiore al 15 per cento.

Le conseguenze negative per il FV sono due. La prima è che un impianto FV superiore ai 3kW, se ha un valore catastale superiore al 15% di quello dell’immobile del quale è al servizio, fa aumentare il valore catastale dell’edificio, con relativo impatto sulle imposte ad esso legate.

La seconda è che essendo gli impianti considerati beni immobili agli stessi si applicherà una percentuale di ammortamento del 4 per cento, mentre per i pannelli fotovoltaici che non risultino accatastati autonomamente, in quanto totalmente o parzialmente integrati nell’unità immobiliare, si seguirà la procedura di ammortamento del bene di cui sono diventati parte integrante e l’aliquota applicabile sarà quella del bene in cui l’impianto risulta integrato, quindi usualmente il 3 per cento. Ne consegue, ad esempio, che un’impresa proprietaria di un impianto fotovoltaico prima della circolare del dicembre 2013 deduceva dal suo reddito d’impresa una quota pari al 9 per cento dei costi dell’impianto (l’aliquota d’ammortamento prevista per i beni mobili), adesso, considerato che l’impianto deve essere ammortizzato con l’aliquota prevista per i beni immobili, cioè il 4 per cento, deduce meno e, sebbene abbia un periodo di ammortamento più lungo, potrà abbattere il carico fiscale in maniera meno consistente.

I senatori interroganti però ritengono che non sia corretto classificare come beni immobili gli impianti FV. I pannelli fotovoltaici – si fa notare – si caratterizzano per la loro “autonomia strutturale”, che consente loro di funzionare a prescindere dai supporti su cui sono installati e gli impianti hanno una vita utile di circa 25 anni, decisamente inferiore a quella dei fabbricati su cui sono realizzati.

Inoltre, si sottolinea ai fini dell’assoggettabilità degli impianti alle imposte comunali sugli immobili, occorre valutare la natura di “opera di pubblica utilità” riconosciuta ex lege (ai sensi dell’art. 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003) ai parchi fotovoltaici, in quanto impianti per la produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili. Anche la giurisprudenza tributaria, si osserva, (a solo titolo di esempio la sentenza n. 11 del 12 gennaio 2009 della commissione provinciale tributaria di Bologna, riferita ad un impianto eolico, ma facilmente estendibile a quelli fotovoltaici) ha rimarcato la funzione di pubblica utilità degli impianti alimentati da fonti rinnovabili al fine di farli rientrare nella categoria catastale E, anziché D, e quindi esenti da imposizioni.

Sottolineando le varie ricadute positive del FV per il Paese e ricordando che “continuare ad investire nelle energie rinnovabili significa assicurare al nostro Paese indipendenza energetica e competitività, oltre a garantire la creazione di nuovi posti di lavoro”, l’interrogazione chiede dunque “se i Ministri in indirizzo non ritengano necessario assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché l’Agenzia delle entrate riveda la propria posizione, confermando la qualificazione degli impianti fotovoltaici come beni mobili, a garanzia degli investimenti effettuati dai contribuenti e più in generale, dello sviluppo di un settore strategico per la ripresa economica del Paese e per il raggiungimento degli obiettivi europei in materia di riduzione delle emissioni di anidride carbonica e di produzione di energia con le fonti rinnovabili”.

A un’interrogazione simile, ricordiamo, ha di recente risposto Claudio De Vincenti, viceministro dello Sviluppo Economico..In quell’occasione l’uomo del MiSE aveva ribadito la legittimità della circolare peraltro “priva di elementi di natura discrezionale”. L’obbligo di accatastamento e di determinazione della rendita catastale – spiega il viceministro “deve ritenersi sussistente per tutte quelle componenti che, poste in rapporto con l’unità immobiliare cui appartengono, sono in grado di produrre un reddito temporalmente rilevante” e la circolare dell’Agenzia “si limita a compendiare il suddetto principio”. I paletti posti dall’Agenzia delle Entrate, cioè la soglia dei 3 kW e del 15% per cento del valore capitale, secondo il viceministro del MiSE, sono idonei a distinguere gli impianti  ad uso domestico da quelli commerciali.

Detto questo però il viceministro aveva aperto a possibili revisioni a tutela dei piccoli impianti, specie quando non incentivati e su edificio: “Si ritiene comunque opportuno assicurare – scriveva – l’impegno a verificare, insieme all’Agenzia delle Entrate, se l’assetto fiscale venutosi a chiarire con la circolare 36/E del 2013 tenga in adeguato conto la diversa rendita ottenibile da impianti incentivati e non incentivati, anche in relazione alla tipologia di impianto e alla durata del diritto all’incentivo. Parimenti, si ritiene meritevole di attenzione un approfondimento in merito al trattamento fiscale degli impianti al servizio degli edifici, avuto riguardo della più incisiva finalità pubblica ad essi riconosciuta dalle norme sulle detrazioni fiscali”. Ora attendiamo di vedere come rispenderanno i due ministri citati a questa nuova interrogazione.

La nuova interrogazione

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