Rinnovabili, sviluppo e territorio. L’intervista a Nichi Vendola

Dopo anni di 'luna di miele' con le rinnovabili, il governatore della Puglia, Nichi Vendola, ha iniziato una politica di contenimento nei confronti di eolico e fotovoltaico, lanciata da un'intervista sulla Gazzetta del Mezzogiorno che ha lasciato perplessi molti sostenitori delle energie pulite. QualEnergia.it lo ha intervistato per capire meglio la sua posizione.

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Il 31 marzo scorso, con un’intervista sulla Gazzetta del Mezzogiorno, il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, ha fortemente criticato lo sviluppo delle rinnovabili avvenuto in Puglia negli ultimi anni, chiedendo una sorta di moratoria all’ulteriore sviluppo di grande eolico e fotovoltaico nella sua regione. Vendola nell’intervista lamenta l’impossibilità per la Regione di decidere cosa e dove installare, che causa “enormi costi di infrastrutturazione, che ricadono sulla tariffa elettrica, e impatti territoriali notevolissimi” e per questo, conclude, “oggi è il tempo di contenere una crescita (di eolico e fotovoltaico, ndr) divenuta insostenibile”.

Visto che Vendola e il partito che rappresenta, Sinistra Ecologia e Libertà, sono sempre stati fra i più accesi paladini di una riconversione sostenibile dell’economia, la presa di posizione del Governatore pugliese ha sconcertato il mondo delle rinnovabili. Gli abbiamo perciò rivolto alcune domande in forma scritta, a cui ha risposto. Purtroppo la forma scritta non ha permesso l’approfondimento dei temi e ulteriori precisazioni, ma comunque dovrebbe chiarire il pensiero di chi dirige la Regione che era stata, finora, più ospitale verso le rinnovabili.

Presidente Vendola ci spiega cosa l’ha spinta a esternare queste sue pesanti critiche al sistema delle rinnovabili? Ha forse deciso di ‘riposizionarsi’ più vicino alle posizioni dei tanti che criticano ‘l’invasione’ del territorio pugliese da parte di pannelli e turbine?

Non ho mai esternato “critiche al sistema delle rinnovabili” in termini assoluti. Ho invece criticato la rinuncia dello Stato al suo ruolo di regolatore: vogliamo negare che in Italia, a differenza di altri paesi europei, abbiamo un deficit di pianificazione nel settore energetico, al punto che i cittadini italiani devono attendere ogni anno i provvedimenti di proroga per conoscere l’ammontare delle detrazioni fiscali per interventi di efficientamento energetico sugli immobili, o che si è passati bruscamente dagli incentivi più elevati d’Europa alla loro chiusura? E vogliamo negare che le linee guida statali per la realizzazione degli impianti da fonti rinnovabili sono state approvate nel 2010 con ben sette anni di ritardo e che questo ha comportato il protrarsi di incertezze inaccettabili per enti e operatori?

Non crede che la scelta della Puglia come regione “prediletta” dagli installatori di eolico e solare, sia stata abbastanza obbligata, per le favorevoli condizioni meteo della regione, la presenza di terreni relativamente economici da affittare e un crinale appenninico molto ventoso e di interesse turistico non particolarmente elevato? Non dovreste piuttosto pensare a come sfruttare al meglio questo vostro vantaggio, così come le regioni del Nord si sono arricchite anche grazie alle loro risorse idroelettriche?

È di tutta evidenza che alcune condizioni climatiche e morfologiche favorevoli abbiano concorso ad attrarre in Puglia investimenti di eolico e solare. Non condivido, invece, la considerazione dello scarso interesse paesaggistico e turistico del crinale appenninico. I monti Dauni hanno un paesaggio collinare di grande valore naturalistico e culturale e sono destinatari di un “Progetto di Eccellenza Turistica” basato su un protocollo d’intesa fra Ministero del Turismo e Regione. Proprio tali ambienti sono stati sottoposti a pressioni, specie a causa dell’eolico, con conseguente riduzione anche delle popolazioni di uccelli e varie specie di invertebrati e piante. Sfruttare al meglio le nostre condizioni climatiche e morfologiche di vantaggio per lo sviluppo di energie rinnovabili non significa consentire di localizzarle ovunque ci sia sole o vento, ma significa definire standard di qualità territoriale e paesaggistica nello sviluppo delle energie rinnovabili, sviluppare incentivi per le energie da autoconsumo nelle città e negli edifici rurali, mettere in relazione domanda e offerta di energia, coinvolgere i comuni, assicurare un armonico sviluppo delle infrastrutture di produzione, distribuzione e trasporto di energie rinnovabili. Questo è quello che abbiamo fatto da quando ci è stata data l’opportunità, dalle linee guida statali, di operare.

È vero, i crinali appenninici pugliesi sono oggi punteggiati di turbine eoliche, e molti terreni sono coperti di pannelli fotovoltaici. Ma in assenza di queste installazioni, come sarebbero oggi quei terreni? Non sarebbero comunque più o meno abbandonati, con i loro proprietari e i Comuni che li ospitano ancora più poveri, non avendo neanche il reddito dovuto all’uso energetico?

Un bilancio completo delle rinnovabili in Puglia non è ancora disponibile sia per quanto riguarda gli aspetti paesaggistici e di consumo del suolo agricolo, sia riguardo alla natura produttiva o meno di quei terreni, anche perché, come scritto nella Delibera di Giunta regionale del 23 ottobre 2012, n. 2122, “le autorizzazioni semplificate per impianti FER fino a 1 MW rilasciate dai Comuni (…) non sono state sufficientemente monitorate né per la maggior parte censite, nonostante gli inviti e le diffide della Regione (…) ne è derivata una sostanziale impossibilità di valutare appieno la diffusione e l’impatto degli impianti FER”.
D’altra parte, le domande rispecchiano una considerazione riduttiva delle funzioni del suolo rispetto a quelle indicate dal rapporto della Commissione Europea “Review of existing information on the interrelations between soil and climate change”, che riguarda proprio le interrelazioni fra suolo e quei cambiamenti climatici che ci impongono di privilegiare le energie rinnovabili. Il rapporto chiarisce che il suolo non ha solo una funzione produttiva primaria di biomassa vegetale, ma anche una funzione di regolazione climatica, riferita in primo luogo alla funzione di sink carbonico assicurato dalla sostanza organica di suoli e vegetazioni.
Inoltre non vi è chi non veda che, a causa della mancata pianificazione del settore, un eccesso di iniziative nel settore delle rinnovabili determina una serie di effetti negativi sul sistema elettrico nazionale che non sono stati adeguatamente contemplati dalla normativa statale. In particolare, la realizzazione di nuovi elettrodotti di interconnessione della rete, finanziati, ovviamente, dalle bollette elettriche. Su tale fronte la Puglia predomina nello scenario nazionale: il Piano di Sviluppo 2014 elaborato da Terna, comprende gli interventi finalizzati a gestire la “maggior produzione da FER”: a fronte di 2 interventi previsti nell’intero Nord e Centro Italia, in Puglia ne risultano necessari ben 12. Appare evidente, quindi, che la “maggior produzione da FER” rilevata da Terna per la Puglia, determina da un lato ingenti costi di infrastrutturazione che ricadono sulla tariffa elettrica, dall’altro impatti territoriali aggiuntivi notevolissimi dovuti alle opere elettriche.

Mi spiega perché, se io sono un proprietario agricolo, e decido di dedicare parte del mio terreno alla produzione energetica, solare o eolica, vengo malvisto e osteggiato, mentre nessuno si oppone, se copro il terreno di serre di plastica e riempio il suolo di pesticidi, diserbanti e fertilizzanti artificiali? Oppure perché la copertura (temporanea) con pannelli è ‘distruzione del paesaggio’, mentre quella (definitiva) con asfalto e cemento per strade ed edifici, è sviluppo? Non crede che stiate un po’ abboccando all’amo delle forze che si oppongono alle rinnovabili, per motivi di cassa e di potere?

Non ho dubbi che attualmente l’agricoltura e l’agro-industria hanno un impatto molto importante sull’ambiente e sulla salute, e che la percezione collettiva degli impatti sul suolo di pesticidi, diserbanti e fertilizzanti da petrolio sia minore rispetto a quella delle fonti rinnovabili: si tratta, infatti, di quelle forme di inquinamento invisibile e forse proprio per questo ancor più pericoloso.
Ma, per usare le vostre parole, noi non abbocchiamo a quell’amo, ma anzi operiamo per la riconversione ecologica dell’economia nei diversi settori: grazie agli interventi della Regione, l’agricoltura biologica pugliese rappresenta una delle più importanti realtà a livello nazionale e internazionale sia in termini di numero di operatori che di superficie.
Quanto al presunto diverso modo di trattare le strade e gli edifici rispetto ai pannelli e alle pale eoliche, mi è sufficiente rinviare al Piano paesaggistico territoriale regionale del 2013, che promuove uno sviluppo sostenibile basato sulla tutela, valorizzazione e riqualificazione dei paesaggi di Puglia. Dunque, non due pesi e due misure, ma una particolare attenzione a tutti i possibili impatti sul nostro paesaggio. E, a proposito delle strade, gli impianti eolici hanno comportato la costruzione di nuove strade in aree particolarmente vulnerabili dal punto di vista idrogeologico, come i crinali, e di elevato valore naturalistico.

Lei afferma che riguardo all’obbiettivo europeo 20-20-20, la Puglia ha dato anche più del dovuto. Ma sicuramente lei sa anche che l’obbiettivo 2020 è solo un limite arbitrario fissato dalle autorità europee, in un compromesso fra necessità di fare qualcosa per l’ambiente, e resistenze dei governi e delle industrie. La posta in gioco finale, la salvaguardia di clima e ambiente mondiali, è molto più alta e pressante. In questa ottica, non pensa che suggerire che con l’obbiettivo 2020 il percorso (anche in Puglia) sia concluso, è pericoloso?

Non penso che in Puglia il percorso sia concluso. Anzi, c’è ancora molto da fare, perché la scadenza del 2020 della strategia europea, com’è noto, fa riferimento a tre obiettivi: riduzione del 20% dei consumi di fonti primarie mediante aumento dell’efficienza, riduzione delle emissioni di gas climalteranti del 20% , aumento al 20% della quota di fonti rinnovabili nella copertura dei consumi finali.
La Puglia ha dato moltissimo sul terzo obiettivo, prevalentemente sugli usi elettrici, senza alcun premio, per questo contributo, neanche la riduzione della produzione della mega-centrale a carbone di Cerano. I dati di Terna evidenziano che la Puglia esporta oltre il 45% dell’energia elettrica che produce e che la quota di energia prodotta da fonte eolica e fotovoltaica corrisponde a oltre il 40% dei consumi elettrici complessivi. Nel settore elettrico, pertanto, l’obiettivo medio europeo di coprire il 20% dei consumi con energia da fonti rinnovabili entro il 2020, è stato raggiunto e doppiato in Puglia con 8 anni di anticipo. Non è questa una buona ragione per impegnarci maggiormente sugli altri obiettivi della strategia 2020? So bene a che l’obiettivo 2020 è un limite arbitrario, e la Puglia vuole fare di più, ma è doverosa anche la richiesta allo Stato di una strategia di riduzione del carbone, da parte di chi ospita il grande impianto di Cerano.

Non crede che, a fronte della necessità di rendere il nostro paese il più velocemente possibile indipendente dall’uso dei combustibili fossili, per ragioni climatiche, ambientali, economiche e geopolitiche, forse considerazioni essenzialmente estetiche sull’uso dei terreni, dovrebbero essere ripensate, in funzione della scala di urgenza dei problemi?

Non abbiamo mai fondato su considerazioni essenzialmente estetiche la nostra politica energetica, ribadisco che il punto è un altro: lo sviluppo delle rinnovabili in Puglia non ha scalfito il prezzo pagato dalla regione sul fronte dei combustibili fossili. Del resto, da tempo, anche nella legislazione italiana si è superata la concezione meramente estetica del paesaggio, che assume oggi un significato ecologico, come prodotto delle indissolubili relazioni che nei tempi della storia hanno legato elementi naturali e antropici, fisici e culturali. Peraltro, a dimostrazione che non vi è un giudizio estetico pregiudizialmente negativo sul rapporto fra energie rinnovabili e paesaggio, nelle “Linee guida sulla progettazione e localizzazione di impianti di energia rinnovabile”, nel nostro Piano paesaggistico non ci proponiamo di nascondere l’eolico, ma di localizzarlo producendo dei bei paesaggi. L’aver tollerato in passato stravolgimenti paesaggistici ben peggiori e ben più permanenti delle turbine eoliche e dei pannelli solari, dovrebbe indurci oggi a essere più accorti e a evitare di perseverare negli errori, ora che i costi sociali di questi sono evidenti.

Lei parla nell’intervista degli incentivi alle rinnovabili, come fossero una sorta di regalo alla speculazione. In realtà questi vanno anche a migliaia di aziende e famiglie italiane, aiutandoli anche a superare la crisi. Non pensa che, al netto di errori ed eccessi negli anni 2010-11, il sistema degli incentivi, riuscendo a far installare 18 GW di solare e 8 GW di eolico in 5 anni, abbia mostrato come un’alternativa energetica sia possibile, scardinando un blocco fossili-nucleare, che resisteva da decenni e che assegnava alle rinnovabili le “briciole”? Forse la Puglia dovrebbe essere orgogliosa del contributo che ha dato in questa rivoluzione e magari pretendere una compensazione sotto forma di sconti sull’energia

Combattere con ogni strumento a disposizione la speculazione che innegabilmente ha interessato il settore delle rinnovabili, proprio a causa di errori ed eccessi legati alla politica statale degli incentivi, non significa negare gli aspetti positivi dello sviluppo delle rinnovabili in Puglia. Spero, poi, che nessuno voglia leggere i recenti provvedimenti regionali come messa in discussione della scelta fatta dalla Puglia, sintetizzabile in un ‘NO’ netto al nucleare, e un SI’ altrettanto chiaro alle fonti rinnovabili, né che alcuno voglia negare che sono anni che sostengo che la “generosità” della Puglia nella produzione di energia (e non solo rinnovabile!) deve avere un corrispettivo nell’abbattimento delle bollette per cittadini e imprese.

In Italia ci sono nuove iniziative industriali energetiche molto interessanti nel campo delle rinnovabili. Per esempio la Magaldi, in Campania, ha elaborato un nuovo sistema di solare termodinamico, da vendere poi nei paesi desertici, mentre a Taranto una società italo-tedesca, vuole installare una fabbrica di grandi turbine eoliche, le Condor, da installare in mare al largo su galleggianti. Entrambe queste società pensano alla Puglia come luogo in cui creare un impianto dimostrativo. Pensate di opporvi anche a progetti di questo tipo, che possono portare lavoro nel nostro paese?

Ci sembra di aver dimostrato in questi nove anni di governo di essere non solo aperti all’innovazione, ma in prima linea nella sua promozione in tutti i settori produttivi, alla ricerca di un compromesso avanzato fra ecologia e crescita economica. L’ecologia non è un congedo dall’economia ma è la sfida di una nuova economia che usa gli strumenti dell’innovazione per coniugare profitto privato e profitto collettivo, bilanci aziendali con i bilanci della qualità dell’aria, dell’acqua, del cibo, della salute. Per questo noi proponiamo la riconversione ecologica dell’economia e della società. Siamo orgogliosi, per esempio, che in Puglia ci siano numerosi investimenti in ricerca nel settore energetico e che la Magneti Marelli abbia scelto di progettare e realizzare nei nostri stabilimenti, anche con il sostegno regionale, il motore elettrico per i veicoli.

Concludendo: finita la ‘luna di miele’ Puglia-rinnovabili, come pensa si svilupperà questo settore nella vostra regione? Volete solo limitarvi a impianti FV sui tetti? Oppure diventare, grazie anche all’esperienza fatta finora, una delle regioni europee che meglio potrebbe approfittare delle misure che probabilmente scoraggeranno in futuro l’uso di combustibili fossili?

La Regione Puglia continuerà a impegnarsi per lo sviluppo di ogni innovazione nel campo del risparmio energetico e delle energie rinnovabili, non solo nella direzione della generazione diffusa e della micro-produzione per l’autosufficienza energetica di aziende e famiglie, ma anche dell’efficienza energetica degli edifici, della solarizzazione integrale delle città attraverso impianti integrati nel design urbano, dello sviluppo della mobilità elettrica in città intelligenti e sostenibili e della riconversione di aree interessate da degrado ambientale mediante le energie rinnovabili. La Regione continuerà non solo a guardare con favore, ma anche a promuovere ogni prodotto di ricerca e sviluppo che contribuisca a ridurre la dipendenza dalle fonti fossili e scongiurare la scelta del nucleare, e a far tesoro dell’esperienza maturata in questi anni per sollecitare il Governo a varare efficaci misure anti-speculazione e a mettere a punto un vero piano energetico nazionale, anche allo scopo di promuovere innovazione industriale in un settore strategico per lo sviluppo del Paese.

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