Taglia-bollette e rinnovabili: si uccide il diritto e si semina incertezza

Il sistema è in equilibrio, i prezzi già in discesa. Eppure per ridurre la bolletta si vogliono sacrificare le rinnovabili. Lo spalma-incentivi obbligatorio stravolge il diritto. Gli oneri 'crescenti' sull'autoconsumo seminano incertezza e stroncano il fotovoltaico non incentivato. Benvenuti nello Stato libero di Bananas. Ma il cartello non diceva 'Destinazione Italia'?

ADV
image_pdfimage_print

Mettetevi nei panni di ContourGlobal, un investitore internazionale attivo in diciotto paesi e quattro continenti. Un mese e mezzo fa ha comprato per una ventina di milioni di euro un portafoglio di impianti fotovoltaici da Sorgenia, consentendo alla società del gruppo De Benedetti, con le banche accampate in cortile, una vitale boccata d’ossigeno. Interpellati, gli avvocati avranno detto al cliente di star sereno: sì, il tema caro-energia scotta, ma l’apparato normativo che sostiene gli investimenti nel fotovoltaico è inattaccabile, fondato su principi generali di tutela incardinati nell’ordinamento. E poi non siamo in Spagna, il nostro sistema tariffario è in equilibrio, i prezzi dell’energia sono già in discesa, i rendimenti sul debito pubblico sono ai minimi storici: non ci sono né le condizioni giuridiche, né il contesto economico che consentano o giustifichino un intervento inconcepibile in una moderna economia di mercato.

Vero, Matteo Renzi si è speso un taglio del 10% della bolletta delle PMI. Ma nel primo trimestre il prezzo all’ingrosso dell’elettricità è sceso del 18%: ancora qualche mese perché la discesa si rifletta nei contratti di fornitura, e il taglio è già nei fatti. Peraltro le rinnovabili hanno contribuito molto: sono le rinnovabili che cedono a zero la produzione in ora di punta quando c’è troppa energia nel sistema, non gli impianti convenzionali. Questi vendono con contratti bilaterali oppure, saporitamente remunerati, a Terna sul mercato dei servizi di dispacciamento.

Ma ieri, dopo un paio di settimane di indiscrezioni, sfugge al Ministero dello Sviluppo Economico una bozza del piano taglia-bolletta. È una strana presentazione, tecnica nell’impianto ma intensamente politica nei messaggi. Chi è il destinatario? Il pubblico? Il governo? Matteo Renzi? L’obiettivo è convincere che il fine giustifica i mezzi: tagliare subito le bollette delle PMI, senza aspettare che il mercato faccia il suo corso, legittima farla finita con le fonti rinnovabili. L’erogazione degli incentivi, impegno contrattuale dello Stato nei confronti dei privati che si sono fidati di esso, diventa spesa discrezionale. Si può intervenire retroattivamente, rinviando forzosamente di vent’anni l’erogazione di un sesto di quanto dovuto ai proprietari, senza interessi.

Ovviamente non c’è alcuna verifica dei presupposti (le rendite), solo il fine, tagliare le bollette delle PMI, subito. Non c’è alcuna analisi costi-benefici. Nessun accenno che, venendo in coda ad una serie ininterrotta di interventi invariabilmente penalizzanti, una misura di questo tipo porterebbe il settore fotovoltaico italiano al collasso finanziario. Si è mai visto, in tempo di pace, un provvedimento legislativo palesemente illegittimo che determini dalla sera alla mattina l’insolvenza di centinaia di società e iniziative imprenditoriali?

Dice: “la filosofia dell’intervento è: togliere a chi ha avuto troppo, restituire a chi ha pagato di più”. Avuto troppo, quando? Gli impianti sono nuovi: la generalità dei proprietari ha appena incominciato a recuperare il capitale. Chi ha comprato da Sorgenia, il bonifico lo ha appena fatto. Del miliardo abbondante di tagli previsti per i produttori, almeno 900 milioni colpirebbero le fonti rinnovabili, il resto i famigerati impianti CIP6, le cui convenzioni sono però a fine corsa. Loro sì che hanno avuto. Nei fatti, pagano solo le rinnovabili.

La misura sul fotovoltaico è di gran lunga la maggiore in termini di proventi, ed è l’unica a configurare un atto di imperio estraneo ai principi dell’ordinamento giuridico. Clamorosamente illegittimo, non semplicemente inopportuno. Ma non basta. Il piano dice anche che l’autoproduzione da oggi paga gli oneri di sistema: si parte con un 10%,crescente nel tempo. Come crescente nel tempo, con quale logica e secondo quali principi? Se voglio farmi l’impianto senza incentivi oggi, che visibilità ho sul risparmio futuro?

Così si scoraggiano gli impianti non incentivati, paventandone l’assoggettamento crescente agli oneri di sistema, in gran parte destinati a supportare quelli incentivati. Diabolico. Per il passato si uccide il diritto, per il futuro si semina incertezza. In uno stato normale, sarebbe impensabile dare efficacia immediata ad un piano di questo tenore senza preventivo vaglio parlamentare. Ma a Bananas … qualcuno pensa ad un decreto legge.

ADV
×