L’insostenibile fascino dei fossili al G7 Energia

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Calda accoglienza ai fossili convenzionali e non, retorica sul clima e indifferenza su rinnovabili ed efficienza energetica. Questi gli ingredienti del G7 Energia che si è tenuto a Roma. Il ministro Guidi su spalma-incentivi rinnovabili: iniziativa indispensabile per ridurre le bollette elettriche, niente decisioni affrettate ma sarà pronto tra qualche settimana.

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Rubinetti chiusi per la crisi Ucraina. Sembrerebbe questa la prospettiva autunnale emersa dal G7 energia che si è svolto a Roma il 6 e il 7 maggio 2014, a giudicare dall’enfasi che è stata posta sulla questione “sicurezza degli approvvigionamenti energetici” dal ministro dello Sviluppo Economico italiano Federica Guidi, durante la conferenza stampa conclusiva dell’avvenimento. Lo spettro che si aggirato per il G7 energia, infatti, è quello di ritorsioni da parte di Putin alle azioni che potrebbero essere intraprese dalla comunità occidentale, utilizzando il rubinetto del gas. Nel Joint Statement firmato dai sette ministri dell’energia (allegato in basso), infatti, si trova al primo punto che «l’energia non deve essere utilizzata come strumento di coercizione politica». Un chiaro riferimento alla vicenda Ucraina.

Sicurezza quindi, ma chi si aspettava un’opzione in direzione della sostenibilità e delle rinnovabili in questa chiave dovrà aspettare e probabilmente a lungo. Fossili, fossili e fossili con una spalmata superficiale di energie rinnovabili e qualche vago accenno, contradditorio, all’efficienza energetica. Ma andiamo con ordine. Prima di tutto occorre specificare che si è parlato, a questo G7 Energia, di sicurezza energetica non in relazione all’Iraq o alla Nigeria, ma solo ed esclusivamente per i fatti dell’Ucraina e quindi per il gas naturale.

Naturalmente si coglie l’occasione per lo shale gas, con la contrarietà della Francia allo sfruttamento sul proprio territorio – forse più per non intaccare il parco nucleare che per tutela ambientale –  ribadita con forza dal ministro per l’energia francese Segolene Royal, mentre all’Italia, non possedendone, rimane da giocare la carta delle infrastrutture, punto più volte toccato dal nostro ministro Guidi. 

Sì al gasdotto South Stream, sì al Tap, che rischieremmo di perdere secondo alcuni a favore della Croazia a causa dell’opposizione delle popolazioni e sì ad altri tre rigassificatori in aggiunta ai tre esistenti, perché: «l’occasione dello shale gas non può essere persa», ha ribadito la Guidi. Insomma l’idea della Penisola come hub del gas europeo c’è e rimane. «Si creerebbero dei corridoi completamente nuovi che consentirebbero all’Italia di diventare il “corridoio europeo del gas”. Un vero e proprio hub», ha proseguito la Guidi. Ma ne abbiamo anche per le risorse petrolifere nostrane che secondo la Guidi «devono essere potenziate come risorse indigene, ma si deve procedere a un’accettazione da parte dei cittadini utilizzando le massime tecnologie che minimizzino l’impatto ambientale».

Impatto ambientale che è depotenziato se riguarda territori oltreoceano visto che proprio in occasione del G7 Energia l’Italia ha annunciato la firma a breve di un Joint Statement con il Canada per: «avviare una collaborazione in materia di Gas Naturale Liquefatto (GNL), una risorsa abbondante in Canada che può contribuire a diversificare ulteriormente le fonti di approvvigionamento dell’Italia a prescindere dai gasdotti», ha detto la Guidi. E a chi ha obiettato circa l’alto costo del GNL Guidi ha risposto che: «la diversificazione delle fonti e dei punti d’approvvigionamento consentirà un mercato più dinamico che massimizzerà i benefici della concorrenza». Concorrenza che abbiamo visto nei fatti sul mercato elettrico dove il fotovoltaico ha abbassato, in alcune giornate, il prezzo dell’elettricità, ma secondo il ministro per quanto riguarda le rinnovabili bisogna tenere d’occhio la sostenibilità economica.

Circa il fatto che gli idrocarburi canadesi potrebbero entrare nel mirino dell’Unione Europea con una direttiva sulla bassa qualità dei prodotti petroliferi, come è il caso di quelli canadesi, il ministro ha preferito non rispondere, così come ha affermato che non si è discusso in questo G7 Energia della crisi dei cicli combinati che preoccupa non poco le utility europee e non solo. C’è da chiedersi, a questo punto, cosa se ne faccia di tanto gas l’Europa e specialmente l’Italia visto che siamo ampiamente in oversupply elettrico con una potenza installata di 124 GWe e un picco, di richiesta massimo di 56,8 GWe avvenuto nell’estate del 2007, prima della crisi.

E su questo fronte siamo alle solite, ossia aumento del Pil strettamente legato alla crescita dei consumi energetici e così i massicci investimenti infrastrutturali sono giustificati da un aumento dei consumi energetici perché secondo la Guidi «i consumi riprenderanno con l’attenuarsi della crisi», logica secondo la quale quindi l’efficienza energetica avrà un ruolo marginale, aggiungiamo noi. Sembra di rivedere il vecchio film, solo tre anni fa, con il quale si tentava di far digerire all’Italia quattro reattori nucleari Epr, sbandierando previsioni di aumenti dei consumi che venivano smentite dalla pur ottimista Terna.

Circa il famigerato “decreto spalma-incentivi rinnovabili” il ministro Guidi ha voluto stemperare un poco i toni affermando che si tratta di un provvedimento complesso, sul quale non saranno prese decisioni affrettate e che sarà pronto tra qualche settimana, ma che si tratta di un’iniziativa indispensabile per ridurre le bollette elettriche. Certo che in un quadro come quello descritto per le fonti d’energia pulita ci sarà, con ogni probabilità, poco da ridere, anche se a parole la difesa del clima e le rinnovabili nel documento finale sono citati, mentre per Guidi su queste fonti a basso impatto ambientale è necessaria ancora della Ricerca e Sviluppo. Ci è sembrato un modo “elegante” per affermare che sono immature. Ma forse ci sbagliamo.

E concludiamo con due note. La prima è relativa a un aspetto inquietante del documento e più precisamente il punto 9 dove si ribadisce la necessità di proteggere le infrastrutture energetiche critiche, comprese le rotte delle petroliere e delle navi gasiere. É chiaro che non si tratta di un punto a caso e quindi gli esponenti del G7 si aspettano un periodo di instabilità politica nelle aree di transito energetico. Ironico, si fa per dire, invece il punto 10 nel quale si afferma che per raggiungere gli obiettivi a lungo termine circa i cambiamenti climatici bisogna cogliere l’opportunità di «rafforzare la sicurezza energetica e la crescita economica attraverso lo sviluppo sicuro e sostenibile delle risorse di petrolio e di gas naturale, sia dalle fonti convenzionali, sia da quelle non convenzionali», naturalmente nel rispetto delle scelte individuali circa le fonti che fanno le singole nazioni, salvando così il nucleare di Francia e Gran Bretagna.

Il documento approvato (pdf)

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