Cuba, sistemi alternativi e più efficienti per vivere senza petrolio

Cosa potrà succederà dopo il picco del petrolio e quali problemi dovremmo affrontare. Riusciremo a sostenerci con le sole energie rinnovabili a sostenerci? Un gruppo di lavoro composto da agronomi, fisici, esperti di energie rinnovabili, geologi ed ecologi sta sperimentando a Cuba sistemi alternativi e più efficienti di coltivare e vivere senza petrolio.

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Orti collettivi, trasporto pubblico con cavalli, utilizzo di energie rinnovabili, agricoltura biologica e trazione animale, attività sociali in piazza. Potrebbe essere lo scenario ipotizzato dal movimento delle Transition Town o l’insieme delle varie attività portate avanti da gruppi ecologisti, invece è la realtà di tutti i giorni a Cuba. Tutti ci domandiamo cosa succederà dopo il picco del petrolio, quali problemi dovremmo affrontare, riusciremo con le sole energie rinnovabili a sostenerci? Oppure ci aspetta uno scenario alla Mad Max?

A Cuba già lo sanno: stanno vivendo senza petrolio da anni, da quando l’Unione Sovietica ha smesso di spedire tutta una serie di derivati del petrolio e da quando l’embargo costringe i cubani a farsi bastare quel che possono produrre da soli. Nel 1990 il PIL di Cuba è crollato dell’85% e il consumo di petrolio del 50%. Inizialmente le calorie di cibo disponibili a testa calarono del 30%-40%. La gente inizio a dimagrire velocemente.

L’agricoltura, che in precedenza assomigliava a quella del resto del mondo e utilizzava fertilizzanti, pesticidi, macchinari e sistemi di allevamento industriali, ha dovuto essere rimodellata in modo sostenibile. Il biologico è diventato la norma. I bovini, più che essere allevati per la carne, sono usati per il lavoro dei campi. La gente oggi mangia molta frutta e verdura e in molti la coltivano da soli o negli orti collettivi urbani.

Oggi la produzione di cibo è al 90% dei livelli pre-crisi, ma il consumo di energia è molto, molto al disotto dei livelli precedenti. La gente gode di buona salute, Cuba ha un sistema sanitario migliore di quello degli USA, quando passò l’uragano Katryna, il Governo cubano offrì di mandare medici e paramedici. A Cuba si punta molto sulla prevenzione e la mortalità infantile è più bassa che negli USA.

Il sistema scolastico funziona bene. Cuba ha solo il 2% della popolazione dell’America Latina, ma l’11% degli scienziati di quel continente sono cubani. Gli uomini vanno in pensione a 60 anni, le donne a 55. L’età media si sta allungando, per cui anche queste soglie dovranno essere spostate in avanti.

Il primo problema che hanno dovuto risolvere durante il “periodo speciale” è stato quello del cibo. In poche settimane hanno dovuto escogitare sistemi diversi da quelli industriali per coltivare e conservare il cibo. Una delle iniziative partite dal basso e poi “istituzionalizzate” è stata quella delle fattorie urbane (granjas urbanas), orti collettivi in aree urbane, parchi e aree pubbliche trasformati in fonti di cibo. Anche su i tetti e i balconi si iniziò a coltivare. Attualmente gli “organoponici” e le “granjas urbanas” sono sostenuti da una rete di tecnici e agronomi cubani che collaborano con le università e insegnano ai cittadini a coltivare in modo efficiente,  senza petrolio e suoi derivati.

Per aiutare questa esperienza l’ARCS (Arci Cultura e Sviluppo, Ong del sistema ARCI nata nel 1985), insieme al dipartimento internazionale di Legambiente, RESEDA onlus, AUCS (Associazione Universitaria per la Cooperazione e lo Sviluppo), ACTAF (associazione tecnici agronomi e forestali cubani, e l’Università di Pinar del Rio hanno ideato e realizzato un progetto di Supporto allo sviluppo dell’agricoltura urbana e sub urbana e di un sistema di commercializzazione nella città di Pinar del Rio. Lo scopo è potenziare l’esperienza delle Granjas e delle cooperative di produzione agricola. Uno degli obiettivi principali è ridurre il consumo di acqua ed energia per l’irrigazione, attraverso la pacciamatura, sistemi di irrigazione sostenibile, impianti di pompaggio che utilizzano le fonti di energia rinnovabile (eolico, fotovoltaico, pompe ad ariete idraulico) e altre tecniche agricole biologiche.

Un gruppo di lavoro composto da agronomi, fisici, esperti di energie rinnovabili, geologi ed ecologi stanno sperimentando sistemi alternativi e più efficienti di coltivare e vivere senza petrolio. Anche il tema della conservazione e il trasporto degli alimenti ha un forte impatto energetico e quindi è studiato da questo gruppo anche progettando mini-industrie di trasformazione dei prodotti agricoli ad energie rinnovabili.

Una delle attività più interessanti che stiamo portando avanti è la realizzazione di una comunità cooperativa che utilizza la permacultura come sistema agricolo e di vita. In un’area di 236 ettari i 50 soci della Cooperativa agricola “Roberto Amaran” e le loro famiglie vivono producendo cibo in modo completamente ecologico e sostenibile migliorando il terreno e incrementando la capacità produttiva ecologica.

Progetti come questi sono sicuramente di aiuto alla popolazione cubana ma saranno altresì importantissimi per il nostro futuro. L’esperienza di Cuba, con tutti i miglioramenti del caso, sarà utile per costruire un futuro solidale e senza petrolio. Certo, sarebbe bello che si arrivasse a stili di vita sostenibili per libera scelta, non forzatamente e con abbastanza tempo a disposizione, ma intanto mi piace pensare che sopravvivremo anche noi alla fine del petrolio e che gli aspetti sociali e culturali potrebbero addirittura migliorare.

Video di approfondimento:

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